Nel piccolo comune di Settala, alle porte di Milano, si è consumata una tragedia familiare: il 3 maggio 2023 una donna è stata uccisa dal marito, mentre la loro figlia di 10 anni era in casa e ha dato l’allarme. Prima di quell’episodio, gli operatori dei servizi sociali del Comune avevano già rilevato un mancato rispetto delle misure cautelari decise dalla magistratura minorile, che disponevano l’allontanamento del padre dalla bambina.
Le violazioni del divieto di avvicinamento accertate dai servizi sociali
Già nell’ottobre 2023, dunque cinque mesi dopo l’omicidio, gli operatori avevano depositato un verbale in cui raccontavano le criticità riscontrate nella gestione del caso famigliare. Avevano scoperto che il padre non rispettava il provvedimento di allontanamento e il divieto di avvicinamento firmato dai giudici minorili otto mesi prima, quindi a partire dall’inizio del 2023. Secondo il racconto degli operatori, l’uomo incontrava la bambina frequentemente, ignorando le disposizioni.
Gli incontri tra padre e figlia avvenivano in uno spazio protetto, indicato come neutro, ma nonostante il cosiddetto “decreto provvisorio” la sua presenza non si era interrotta. Nel verbale, gli operatori sottolineano questa situazione e affermano che la madre aveva negato, sostenendo al contrario che il marito non si fosse più presentato a casa. Questa discrepanza tra la versione della madre e quella dei servizi sociali ha complicato la gestione della tutela della bambina.
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Le relazioni tra i genitori e la tutela della bambina
Le visite protette si svolgevano regolarmente fino a luglio 2022. Gli operatori sociali spiegano di aver percepito un tentativo della madre di riconciliarsi con il marito, anche in virtù del fatto che stava aspettando l’esito di un procedimento giudiziario avviato dopo una denuncia per maltrattamenti. Nonostante questo, non hanno avuto notizia di un effettivo rientro dell’uomo in casa, che avrebbe dovuto configurare una situazione di rischio diversa.
Il quadro si complica ulteriormente se si considera il ruolo della scuola frequentata dalla bambina. L’istituto, descritto come tranquillo e con una bambina solare, era stato messo al corrente dell’esistenza del divieto di avvicinamento già nell’autunno del 2021, circa due anni prima dell’omicidio. Questo passaggio testimonia come le misure di protezione fossero conosciute e messe in atto anche fuori dall’ambito sociale e giudiziario, almeno in teoria.
Il procedimento giudiziario e la decisione sulla tutela della bambina
Il verbale degli operatori sociali è stato presentato nel corso dell’udienza davanti al Tribunale dei Minori convocata per definire l’affidamento della bambina agli zii materni. Il padre, al momento in carcere con l’accusa di omicidio aggravato, era dunque già al centro di un procedimento giudiziario rilevante.
La decisione di spostare la tutela dai genitori agli zii materni indica la volontà del giudice di isolare del tutto la minore dall’ambiente che aveva generato una situazione di pericolo. L’intervento del Tribunale testimonia la complessità di un caso in cui le misure di protezione non erano state sufficienti a impedire la tragedia.
Nuovi dispositivi per la protezione della minore
Le autorità hanno quindi valutato nuovi dispositivi per garantire un ambiente protetto alla bambina, coinvolgendo un nucleo familiare più lontano dai conflitti. Il caso rimane un monito sul delicato equilibrio tra diritti genitoriali e tutela dei minori in situazioni di violenza domestica.