Il tribunale dell’Aquila torna a essere teatro di un processo delicato che coinvolge Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh, tre imputati accusati di terrorismo internazionale. Il 9 e 10 luglio la corte d’Assise ospiterà nuove udienze che porteranno in aula dichiarazioni degli imputati e testimoni della difesa. La vicenda ha suscitato attenzione non solo legale ma anche politica, con manifestazioni di sostegno organizzate in città.
Le nuove udienze in programma il 9 e 10 luglio alla corte d’assise dell’aquila
Le date del 9 e 10 luglio segnano una fase importante del processo, previsto presso la corte d’assise dell’Aquila. Durante queste giornate verranno ascoltati i testimoni della difesa e, cosa piuttosto rara, gli stessi imputati, chiamati a intervenire in aula o da remoto. Anan Yaeesh ha infatti confermato la sua partecipazione tramite videoconferenza dal carcere di Terni, dove è detenuto da circa 18 mesi.
Le udienze precedenti di giugno erano state dedicate esclusivamente alla presentazione delle testimonianze dell’accusa, senza che emergessero dati decisivi per il caso. Ora il banco di prova saranno sia dichiarazioni contrarie, sia le repliche dirette degli imputati, che potranno rispondere alle contestazioni e spiegare la loro versione dei fatti. La possibilità di ascoltare Yaeesh personalmente rappresenta un elemento cruciale per lo svolgimento del processo.
Leggi anche:
La corte d’assise si prepara quindi a giorni intensi, con l’obiettivo di scandire chiaramente i diversi punti di vista coinvolti, ma resta alta l’attenzione sui tempi e sulle modalità di svolgimento, che in passato hanno già sollevato questioni legali e politiche.
Le manifestazioni di solidarietà e gli appuntamenti collegati
L’attesa per le nuove udienze si accompagna a manifestazioni organizzate da gruppi vicini alla causa palestinese. Il Soccorso Rosso Proletario e comitati spontanei pro-Palestina hanno programmato presìdi davanti al tribunale dell’Aquila. L’appuntamento è fissato per mercoledì 9 luglio alle 9.30 e giovedì 10 luglio alle 10.30, con l’intento di sostenere gli imputati e richiamare l’attenzione sulla natura politica del processo.
Parallelamente, sempre mercoledì 9 a Teramo, si svolgerà un incontro pubblico intitolato “Gaza, il genocidio e la resistenza”, organizzato nell’ambito del quattordicesimo torneo antirazzista della Casa del Popolo. L’evento costituisce una forma di approfondimento e sensibilizzazione su tematiche legate al conflitto in Medio Oriente.
Gli organizzatori sottolineano che durante le precedenti udienze l’accusa non ha fornito nuovi elementi significativi. Per loro è chiaro che il procedimento si focalizza su un intento politico più che giudiziario. Queste iniziative vogliono riaffermare un punto di vista che definiscono spesso ignorato o censurato in aula.
Le critiche sulla gestione del processo e le accuse di censura
Secondo il Soccorso Rosso Proletario, l’accusa sta cercando di impedire che in aula emergano le motivazioni politiche alla base della resistenza palestinese, che rappresentano la chiave per comprendere i fatti contestati. Tra gli episodi denunciati ci sono la mancata diffusione di un video considerato rilevante, la traduzione incompleta di alcune dichiarazioni rese da Yaeesh il 2 aprile scorso, e il rigetto di testimonianze importanti come quella della giurista Francesca Albanese.
Queste polemiche alimentano l’idea che il processo venga usato per limitare la visibilità delle ragioni politiche dietro il caso. La difesa punta a far sentire le voci che finora sono state escluse o ridimensionate in aula, ritenendo che senza questo contributo il giudizio rischia di restare parziale.
La questione della completa informazione è diventata un nodo centrale, che coinvolge tanto le attività in tribunale quanto le iniziative pubbliche intorno al procedimento. I tempi serrati della corte hanno poi suscitato ulteriori perplessità.
Le prospettive sul calendario e la possibilità di rinvii
L’ipotesi di arrivare a una sentenza entro il 10 luglio appare oggi poco realistica. Il pubblico ministero ha evidenziato che la discussione finale richiede più tempo rispetto a quanto previsto dall’agenda iniziale. La complessità del caso, unita alla quantità di testimoni da ascoltare e alle arringhe da presentare, spinge verso un rinvio.
Al momento si parla di svolgere nuove udienze in settembre, suddivise in due giorni consecutivi: uno dedicato alle arringhe e uno alle repliche prima della deliberazione finale. In questo modo il tribunale potrebbe garantire maggiore attenzione a tutte le parti coinvolte.
Le tempistiche del procedimento restano sotto osservazione da parte degli attivisti e degli osservatori. L’apertura verso un rinvio al prossimo autunno non riduce l’importanza della fase che si terrà in luglio, né la tensione che circonda questa vicenda così delicata.
Le dichiarazioni di anan yaeesh durante il processo
Il 2 aprile, in occasione della sua testimonianza via videoconferenza, Anan Yaeesh ha rivolto parole che hanno catturato l’attenzione sul carattere politico e umano del processo. Ha detto: “Oggi sono vostro prigioniero, ma se non verrò giudicato equamente, otterrò comunque la mia libertà, non importa quanto tempo dovrà passare”.
Ha aggiunto che la Palestina uscirà vincitrice dall’occupazione. “Se un popolo desidera vivere, la vita sarà il suo destino”, ha affermato con fermezza. Queste parole hanno riecheggiato nei giorni seguenti, diventando un simbolo per i sostenitori della sua posizione.
La sua testimonianza ha evidenziato come la disputa vada oltre l’ambito strettamente giudiziario, abbracciando temi geopolitici, culturali e personali. Gli interrogativi intorno a giustizia e diritti hanno assunto una dimensione pubblica che si riflette anche nelle iniziative di solidarietà fuori dal tribunale.
Le prossime udienze determineranno se la voce di Yaeesh e degli altri imputati potrà essere ascoltata integralmente, offrendo un quadro più completo ai giudici e a chi segue il procedimento.