Il dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tor Vergata ha messo a punto un sistema innovativo per potenziare la crescita delle microalghe, rispondendo così a una delle sfide più importanti della bioeconomia attuale. Il sono-foto-bioreattore sfrutta ultrasuoni a bassa potenza per stimolare le cellule delle alghe e migliorare la quantità di biomassa e dei suoi componenti preziosi, come proteine e carboidrati. Lo sviluppo va incontro alla necessità di rendere più sostenibile e meno costosa la produzione su larga scala di questi organismi, destinati a molteplici usi industriali.
Le microalghe tra risorse naturali e sfide produttive
Le microalghe rappresentano un gruppo di organismi sempre più considerati per le applicazioni in campo energetico, alimentare e farmaceutico. Possono fornire biocarburanti, mangimi, ingredienti per cosmetici e una vasta gamma di composti ad alto valore aggiunto. Tuttavia, la coltivazione intensiva su larga scala incontra spesso ostacoli economici e tecnici. Le metodologie tradizionali prevedono processi complessi e costi elevati, che ne limitano la diffusione. La ricerca si concentra dunque su tecniche che migliorino le rese e riducano il consumo energetico.
Gli ultrasuoni si sono rivelati una risorsa interessante perché influenzano i processi metabolici delle microalghe senza danneggiarle o alterare i protocolli di crescita consolidati. Vengono applicati dall’esterno, quindi non richiedono modifiche radicali ai processi di coltivazione esistenti. Hanno inoltre un consumo energetico ridotto, importante per mantenere la sostenibilità ambientale e i costi contenuti.
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Il sistema sono-foto-bioreattore: un nuovo approccio tecnologico
Il team guidato dalla professoressa Roberta Congestri e dal ricercatore Blasco Morozzo della Rocca ha messo a punto un dispositivo modulare che combina l’azione degli ultrasuoni con l’irradiazione luminosa. Il sono-foto-bioreattore S-Pbr si caratterizza per il controllo preciso delle dosi di energia acustica somministrate, garantendo una stimolazione ripetibile e calibrata. Questa precisione supera i limiti delle attuali applicazioni ultrasoniche, spesso difficili da regolare e riprodurre con continuità.
Il sistema è stato progettato per integrarsi facilmente con i fotobioreattori già in uso, grazie a un design “plug-and-play”. Oltre alla componente acustica, la luce funziona come secondo stimolo per favorire i processi fotosintetici. La caratterizzazione del dispositivo si basa su studi computazionali e sperimentali che permettono di definire il rapporto ottimale tra intensità e durata del trattamento.
Sperimentazioni su microalghe commerciali: risultati concreti
I test sono stati condotti sulle specie Chlorella vulgaris e Desmodesmus sp., entrambe di interesse industriale ma con caratteristiche biologiche diverse. Chlorella vulgaris, approvata per uso alimentare, possiede un elevato contenuto proteico. Desmodesmus sp. è nota per la sua capacità di resistere a condizioni ambientali estreme, utile nelle coltivazioni in territori difficili o climi avversi.
Il trattamento con ultrasuoni a intensità media ha portato a risultati sorprendenti. Nel caso di Desmodesmus, il contenuto proteico è passato dal 20 al 40% del peso secco della biomassa, raddoppiando e aprendo nuove possibilità per la produzione di proteine. Per Chlorella vulgaris, lo stesso stimolo ha più che raddoppiato la quantità di carboidrati presenti, crescendoli dal 9 al 19%. Incrementi di biomassa fino al 30% rispetto ai campioni non trattati si sono osservati applicando una più alta intensità degli ultrasuoni su entrambe le microalghe.
La startup yeastime e il futuro della bioeconomia a roma
Yeastime, startup nata nel 2021 da studenti e ricercatori di Roma Tor Vergata, ha sviluppato diversi brevetti nel campo delle biotecnologie applicate alle microalghe. La tecnologia del sono-foto-bioreattore rientra tra queste innovazioni. Recentemente la startup ha raccolto fondi importanti dagli investitori nel settore agrifood, segnando un passo avanti per la realizzazione e produzione dei dispositivi su larga scala.
Federico Ortenzi, biotecnologo di Yeastime e primo autore dello studio, ha spiegato che gli ultrasuoni permettono di “dialogare con le microalghe, guidandone il metabolismo senza sottoporle a stress chimici o luminosi forti”. Questo si traduce in risparmio energetico e processi più sostenibili. Ortenzi ribadisce che la modularità e la precisione dell’S-Pbr consentono risultati costanti e affidabili, cruciali per una produzione industriale efficiente.
Al momento, la startup lavora a stretto contatto con l’università per applicare la tecnologia su impianti pilota e valutare la sua diffusione commerciale. Il sistema “plug-and-play” potrà integrare esistenti fotobioreattori, agevolando un passaggio rapido dalle sperimentazioni ai processi produttivi. Questo sviluppo apre nuove strade per sfruttare al meglio il potenziale delle microalghe nella bioeconomia circolare.