L’operazione della squadra mobile di Napoli ha portato alla luce il controllo capillare delle attività di spaccio gestite dal clan mazzarella, soprattutto nel cuore della città e nella periferia orientale. Il lavoro investigativo, guidato dalla Dda di Napoli, ha sgominato sei piazze di spaccio, definendo un sistema dall’organizzazione rigida e militare con ruoli ben suddivisi. Al centro di questa rete criminale c’era Luciano Barattolo, considerato il boss reggente e legato alla famiglia mazzarella da un vincolo familiare diretto.
La struttura organizzativa delle piazze di spaccio del clan mazzarella
Le piazze di spaccio sotto il controllo del clan operavano con una gestione precisa e gerarchica, simile a quella militare. Ogni area aveva figure ben definite con compiti e orari stabiliti. Al vertice della piramide, c’era Luciano Barattolo, che non solo coordinava le attività ma gestiva personalmente la sua piazza nel quartiere Connolo, sede della sua abitazione.
In questa zona Barattolo disponeva di un appartamento specifico usato per il confezionamento della droga. La stanza era sorvegliata da un sistema di videosorveglianza collegato direttamente alla sua abitazione, un metodo pensato per monitorare eventuali intrusioni o controlli. Negli stessi spazi sono stati trovati anche una pistola e stupefacenti nascosti nel vano dell’ascensore.
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Lo spaccio era diviso in compartimenti, ognuno con responsabilità rigorosamente assegnate. Gli affiliati dovevano versare una quota parte dei guadagni al boss. Tra i collaboratori più stretti del reggente figurano nomi come Emanuele Amoroso, Gaetano Galiero, Francesco Piscopo e Pietro Uliano. Questi ultimi erano attivi nella distribuzione e nella gestione quotidiana dello smercio in strada.
Territori e ruoli chiave nelle piazze di spaccio
L’indagine ha individuato sei piazze di spaccio in varie zone di Napoli. Oltre a Connolo, dove operava Barattolo, il rione Luzzatti si segnalava come un punto nevralgico sotto la guida di Cristian Nunziata, figura di riferimento nella zona e radicato in quella comunità popolare.
Un altro punto strategico era via Carbonara, nel centro della città, gestita dalla famiglia Buonerba che manteneva una certa autonomia ma sempre in linea con le direttive del clan. Nella zona delle Case Nuove, più precisamente nel mercato di Ricoli, lo spaccio era controllato da Salvatore Carnevale e Vincenzo Scando. Questi ultimi risultavano anche collegati a forniture di droga rivolte ad altre organizzazioni, come il gruppo Malinowsky/Sorrentino.
Interessanti anche i legami con personaggi come Pavel Andrzej Malinowsky e Davide Sorrentino. Sebbene la quantità di affiliati fosse contenuta, l’indagine ha accertato alcune forniture dirette, anche se non si sono trovate prove per configurare un’associazione criminale strutturata.
Parallelamente, una gestione di tipo più autonoma e di minore durata spettava a Catia Nappi e Giuseppe Rinaldi, che comunque agivano all’interno di un contesto criminale ampio e monitorato.
L’uso di tecnologia e le strategie per evitare i controlli
Gli inquirenti hanno fatto emergere come il sistema dello spaccio si servisse di tecnologie per mantenere il controllo e impedire intrusioni della polizia. La videosorveglianza installata in alcuni appartamenti, il collegamento diretto tra i punti di osservazione e residenza dei vertici, rappresentava una soluzione per controllare i movimenti e prevenire blitz.
Inoltre, le comunicazioni avvenivano anche tramite telefoni criptati per evitare di farsi intercettare. Questi accorgimenti rendevano più complessa l’attività investigativa, prolungata per mesi grazie a intercettazioni ambientali e telefoniche, appostamenti e sequestri di stupefacenti.
I riscontri delle indagini hanno fatto emergere un’organizzazione compatta anche se composta da piccoli gruppi autonomi ma coordinati, con una linea di comando chiara e una rinsavita gestione dei fondi.
L’importanza dell’indagine e il colpo inferto al clan
L’inchiesta della Dda di Napoli e della Squadra Mobile segna un momento importante nell’azione contro la criminalità organizzata napoletana. Il lavoro investigativo, durato mesi e avvalendosi anche delle testimonianze di tre pentiti rilevanti, ha permesso di ricostruire la storia recente e i legami interni del clan mazzarella.
Nel provvedimento di custodia cautelare firmato dal gip Gianluigi Visco si descrivono in dettaglio le fasi della carriera criminale della famiglia, con tutte le alleanze, gli scontri e le operazioni economiche messe a punto nel tempo.
Il clan mazzarella si conferma così, almeno fino a poco fa, una delle organizzazioni più radicate e complesse a Napoli. L’indagine eseguita mostra un’imponente “holding” dedita al traffico di stupefacenti e al controllo del territorio, con ramificazioni che toccano diverse realtà cittadine e la capacità di adattarsi e riorganizzarsi.
Il recente smantellamento di queste piazze di spaccio costituisce un colpo significativo alla tenuta della cosca, aprendo nuovi spiragli per contrastare le difficoltà della città sul fronte della criminalità.