Sentenze al Tribunale Vaticano: tre condanne per gestione illecita del Coro della Cappella Musicale

Sentenze al Tribunale Vaticano: tre condanne per gestione illecita del Coro della Cappella Musicale

Il Tribunale Vaticano condanna tre ex dirigenti del Coro della Cappella Musicale Pontificia per peculato, riciclaggio e truffa, segnando un’importante svolta nella gestione finanziaria dell’ente.
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Sentenze al Tribunale Vaticano: tre condanne per gestione illecita del Coro della Cappella Musicale - Gaeta.it

Il processo che ha messo sotto i riflettori la gestione finanziaria del Coro della Cappella Musicale Pontificia si è concluso oggi, dopo un lungo anno e mezzo di udienze e accertamenti. Il Tribunale Vaticano ha emesso le condanne per tre degli imputati coinvolti: l’ex direttore, monsignor Massimo Palombella, l’ex direttore finanziario Michelangelo Nardella e sua moglie, Simona Rossi. Le accuse di peculato, riciclaggio e truffa hanno fatto sì che i tre dovessero rispondere di gravi irregolarità nella gestione delle risorse economiche del Coro, noto per il suo ruolo durante le celebrazioni liturgiche in Vaticano.

I dettagli delle condanne

Secondo la sentenza di primo grado, monsignor Massimo Palombella è stato condannato a 3 anni e 2 mesi di reclusione, con l’aggiunta di una multa di 9 mila euro e l’interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena. Michelangelo Nardella ha ricevuto una pena più severa, pari a 4 anni e 8 mesi di reclusione e 7 mila euro di multa, oltre a un’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Infine, Simona Rossi, trovata complice nella gestione illecita, poteva contare su una pena di 2 anni di reclusione e una multa di 5 mila euro, con interdizione perpetua dai pubblici uffici. Le condanne si basano su prove raccolte nel corso delle indagini e testimonianze, con il tribunale che ha emesso la sentenza dopo aver esaminato attentamente tutti gli elementi del caso.

L’inchiesta ha preso avvio nel 2018, dopo segnalazioni e lamentele giunte da vari genitori dei “Pueri Cantores”, i giovani cantori del Coro, i quali denunciavano comportamenti non in linea con la missione del Coro, che risale al 1471. Con il coinvolgimento di alte cariche vaticane, è emersa una gestione poco trasparente delle risorse, il che ha portato il Pontefice a disporre un’inchiesta formale.

Le accuse di peculato e riciclaggio

I reati più gravi di cui sono stati accusati Palombella e Nardella comprendono il peculato, il riciclaggio e la truffa, ma vi sono anche accuse di abuso d’ufficio continuato. Durante il processo, è emerso che la gestione dei concerti del Coro a favore di aziende italiane era stata caratterizzata da condotte discutibili. I funzionari dell’ente avevano creato una sorta di sistema di finanziamento non trasparente, sottraendo fondi all’uso appropriato e infliggendo, di fatto, un danno al patrimonio ecclesiastico.

Per quanto riguarda Michelangelo Nardella, il tribunale ha disposto anche la confisca di circa 123.646,21 euro come profitto del reato. Inoltre, è stata disposta la confisca di 127 mila euro a carico di Palombella e Nardella in solido, e di ulteriori 29.699 euro a carico della coppia, evidenziando la gravità dei reati commessi dai due. La condanna ai tre imputati comprende anche il risarcimento delle spese processuali, mentre alcuni reati sono stati archiviati per insufficienza di prove.

L’avvio dell’indagine e le testimonianze chiave

L’indagine che ha portato alla condanna attuale è stata avviata dal Papa nel 2018, in seguito a segnalazioni sulle pratiche economico-amministrative del Coro. Già nel gennaio 2019, il Pontefice decise di trasferire la Cappella Musicale sotto la giurisdizione dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, assegnando la responsabilità economica a monsignor Guido Pozzo. Tale scelta è stata motivata dalla necessità di garantire una gestione più attenta e conforme alle norme ecclesiali.

Durante il processo, diverse testimonianze hanno messo in luce comportamenti scorretti e anomalie nei bilanci. A tale scopo, monsignor Georg Gänswein, ex segretario particolare di Benedetto XVI, è stato chiamato a deporre. Malgrado abbia evidenziato anomalie nei trattamenti riservati ai ragazzi del Coro, ha mantenuto una posizione cauta rispetto alle condotte dei due imputati.

Sul banco degli accusati è emersa una gestione disordinata delle risorse e, proprio per tale ragione, la sentenza di oggi rappresenta un punto di svolta per la Cappella Musicale, costretta a ristrutturarsi per ristabilire la propria credibilità e trasparenza.

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