La recente sentenza del Tribunale di Teramo ha decretato un importante risarcimento di circa 150mila euro a favore delle eredi di Dionisio Merli, ex macchinista delle Ferrovie. Il caso ha sollevato interrogativi sull’esposizione all’amianto nel settore ferroviario e il riconoscimento delle malattie professionali, mettendo in luce una battaglia legale che ha visto coinvolta anche l’Inail.
La vita e la carriera di Dionisio Merli
Dionisio Merli è nato a Colonella, in provincia di Teramo, nel 1947. Per 27 anni, dal 1976 al 2004, ha lavorato come macchinista per RFI S.p.A., operando nei Depositi Locomotive di Pescara, Ancona, Alessandria e nel Presidio Condotta di San Benedetto del Tronto. La sua carriera si è contraddistinta per un impegno costante e professionale nel settore ferroviario, ma ha sottolineato anche i rischi associati a tale lavoro. Merli è venuto a mancare il 20 agosto 2011 a causa di un adenocarcinoma polmonare, una malattia che si è rivelata fatale e che, all’epoca della diagnosi, era aggravata dalla sua esposizione all’amianto durante l’attività lavorativa.
Il macchinista aveva iniziato a manifestare sintomi preoccupanti nel marzo 2010, quando, dopo una serie di accertamenti, i medici gli hanno diagnosticato un adenocarcinoma polmonare. Questa malattia è stata attribuita in larga misura all’esposizione prolungata all’amianto, un materiale pericoloso frequentemente presente nei motori delle locomotive dell’epoca, utilizzato per le sue proprietà ignifughe.
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La battaglia legale contro l’Inail
Nel novembre del 2010, poco prima della sua morte, Dionisio Merli ha presentato una domanda di riconoscimento della malattia professionale all’Inail. Tuttavia, la richiesta è stata respinta dall’ente previdenziale, motivando il rifiuto con l’evidenza che Merli fosse un fumatore e quindi non idoneo a ricevere il risarcimento per una patologia riconducibile all’esposizione all’amianto. I familiari, assistiti dall’avvocato Ezio Bonanni, hanno avviato un ricorso presso il Giudice del Lavoro del Tribunale di Teramo nel 2020, evidenziando le gravi anomalie e la mancanza di tutela per i lavoratori esposti all’asbesto.
Durante il processo è emerso che, nel periodo in cui il macchinista prestava servizio, le locomotive FS erano dotate di involucri esterni e parti interne rivestite di amianto, il quale, sebbene fosse utilizzato per prevenire incendi, rilasciava polveri e fibre nocive negli ambienti di lavoro, contaminando gli spazi in cui i macchinisti operavano. La testimonianza di esperti e le prove presentate hanno dimostrato senza ombra di dubbio che l’esposizione all’amianto era direttamente correlata all’insorgenza della malattia.
Implicazioni della sentenza
La recente decisione del Tribunale di Teramo rappresenta un importante precedente nella giurisprudenza riguardante le malattie professionali collegate all’amianto. Il giudice ha riconosciuto l’esistenza di un legame diretto tra l’esposizione per anni al materiale tossico e lo sviluppo dell’adenocarcinoma polmonare, accogliendo la richiesta dei familiari di Merli. Questo verdetto ha riacceso il dibattito sulle condizioni di sicurezza dei lavoratori nel settore ferroviario e sull’obbligo dell’Inail di riconoscere le malattie professionali, anche in presenza di stili di vita come il fumo.
Secondo una nota dell’Osservatorio Nazionale Amianto , il settore ferroviario mostra evidenti segni di una problematica più ampia, con tassi allarmanti di malattie asbesto correlate tra i dipendenti. Il rapporto ReNaM dell’Inail ha riportato circa 696 casi di mesoteliomi nel settore rotabile, di cui 86 riguardano macchinisti. Questi dati pongono l’accento sulla necessità di ulteriori indagini sulla salute dei lavoratori e sull’importanza di garantire adeguate misure di protezione.
In aggiunta, l’Ona ha evidenziato come la sentenza possa fungere da stimolo per nuovi ricorsi e possa incoraggiare altri lavoratori esposti a lottare per il riconoscimento dei loro diritti. L’avvocato Bonanni ha dichiarato che si procederà con ulteriori azioni legali nei confronti dell’Inps per richiedere le maggiorazioni contributive e la riliquidazione della pensione di reversibilità .
La responsabilità degli enti previdenziali nel riconoscere l’impatto delle esposizioni lavorative all’amianto resta un tema centrale e dibattuto, decisive saranno le azioni che seguiranno a questo importante pronunciamento giudiziario.