Rinviati a giudizio sei militari per il naufragio a Steccato di Cutro con 94 vittime nel 2023

Rinviati a giudizio sei militari per il naufragio a Steccato di Cutro con 94 vittime nel 2023

Sei militari della Guardia di finanza e della Guardia costiera rinviati a giudizio per naufragio colposo e omicidio plurimo dopo il naufragio del 26 febbraio 2023 a Steccato di Cutro con 94 vittime.
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Sei militari della Guardia di finanza e della Guardia costiera sono stati rinviati a giudizio per negligenza nella mancata attivazione del Piano Sar durante il naufragio di Steccato di Cutro (febbraio 2023), che causò la morte di 94 migranti. - Gaeta.it

L’inchiesta sul tragico naufragio a Steccato di Cutro, avvenuto la notte del 26 febbraio 2023, ha portato al rinvio a giudizio di sei militari. Quattro appartenenti alla Guardia di finanza e due alla Guardia costiera sono accusati di responsabilità legate alla mancata attivazione del Piano Sar, il sistema per la ricerca e il soccorso in mare. Nel disastro morirono 94 migranti, tra cui 35 minori.

Dettagli sull’udienza preliminare e la decisione del gup

L’udienza preliminare si è svolta presso il tribunale di Crotone sotto la guida del giudice per l’udienza preliminare Elisa Marchetto. Al termine, è stato deciso di rinviare a giudizio i sei militari coinvolti nell’inchiesta, in base alle accuse di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. L’indagine si è concentrata sulla presunta negligenza nella gestione dell’emergenza la notte del naufragio.

La contestazione riguarda in particolare la mancata attivazione del Piano Sar, che prevede la coordinazione efficiente delle operazioni di ricerca e salvataggio per evitare tragedie in mare. Secondo i pm, questo ritardo o omissione avrebbe inciso sulle possibilità di salvare vite umane durante quella notte.

Il rinvio a giudizio indica che la magistratura ritiene ci siano elementi sufficienti per portare i sei militari a processo. Da qui partirà la fase dibattimentale, dove saranno esaminati nel dettaglio fatti e responsabilità.

Il naufragio di steccato di cutro e le condizioni dell’evento

Nella notte tra il 26 e il 27 febbraio 2023, un barcone carico di migranti si è ribaltato al largo della costa nei pressi di Steccato di Cutro, in Calabria. Quel tragico incidente ha determinato la morte di 94 persone, fra cui 35 minorenni. La disgrazia rappresenta uno dei naufragi più gravi degli ultimi anni nel Mediterraneo.

Il barcone trasportava migranti in cerca di attraversare il mare verso l’Europa. Le condizioni del mare, le dimensioni instabili dell’imbarcazione e la sovrappopolazione a bordo hanno contribuito al disastro. Il dramma si è consumato in poche ore, con una risposta di soccorso che, secondo l’accusa, è arrivata in ritardo o si è rivelata insufficiente.

Le autorità di soccorso marittimo, in teoria coordinate dal Piano Sar, avrebbero dovuto intervenire tempestivamente per individuare e assistere il barcone in difficoltà. Il coordinamento efficace di tutti gli enti chiamati al salvataggio è fondamentale in questi casi per limitare le perdite di vite.

Ruolo e accuse per i militari della Guardia di finanza e della Guardia costiera

I sei militari rinviati a giudizio operavano nei corpi della Guardia di finanza e della Guardia costiera, due realtà con ruoli differenti ma complementari nelle operazioni di sicurezza e controllo marittimo. L’accusa principale li vede coinvolti per presunta negligenza dovuta a omissioni nel coordinare o attivare tempestivamente il piano di soccorso.

Sono contestati ai militari i reati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. Si ipotizza che, quella notte, non abbiano messo in moto il sistema di ricerca e salvataggio previsto dal Piano Sar, oppure che abbiano ritardato operazioni necessarie per salvare le persone a bordo.

Il sistema Sar prevede una catena precisa di comandi e azioni per soccorrere imbarcazioni in difficoltà. La mancata attuazione di questa procedura, se confermata nel processo, avrebbe causato un aggravamento delle conseguenze del naufragio.

Implicazioni giudiziarie e scenari per il processo

Con il rinvio a giudizio, il procedimento si sposta ora alla fase processuale più approfondita. Durante il dibattimento, saranno valutate le prove raccolte durante l’inchiesta e le eventuali testimonianze. I militari avranno la possibilità di difendersi e spiegare la loro versione dei fatti.

Questo caso assume una rilevanza particolare per la gestione delle emergenze in mare e per i protocolli seguiti dalle forze dell’ordine nel soccorso. Le accuse mosse ai militari indicano la rilevanza che ha la tempestività nell’attivazione dei piani di salvataggio.

Il processo verterà quindi sulla ricostruzione dettagliata di quanto accaduto la notte del 26 febbraio 2023 e sulle responsabilità specifiche. I magistrati dovranno stabilire se i militari hanno agito violando i doveri di servizio, causando con la loro condotta il naufragio colposo e le morti.

I numeri delle vittime, quasi cento persone, confermano la gravità dell’evento e il bisogno di chiarire tutte le circostanze. L’esito del processo potrebbe influenzare futuri protocolli di intervento e controlli sugli organi preposti ai soccorsi marittimi.

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