Rigettati gli arresti per i consiglieri Neri e Sera: ecco cosa è emerso dall'inchiesta della Dda

Rigettati gli arresti per i consiglieri Neri e Sera: ecco cosa è emerso dall’inchiesta della Dda

Il Tribunale di Reggio Calabria respinge le richieste di arresto per i politici Giuseppe Neri e Giuseppe Sera, coinvolti nell’inchiesta “Ducale” su scambi elettorali con la mafia, sollevando dubbi sulla solidità delle prove.
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Rigettati gli arresti per i consiglieri Neri e Sera: ecco cosa è emerso dall'inchiesta della Dda - Gaeta.it

La situazione politica e giudiziaria in Calabria si fa sempre più complessa, soprattutto dopo la recente decisione del Tribunale della Libertà di Reggio Calabria. Questo organo ha respinto la richiesta di arresto inoltrata dalla Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di due figure politiche locali: il consigliere regionale Giuseppe Neri, appartenente a Fratelli d’Italia, e il consigliere comunale Giuseppe Sera, del Partito Democratico. Entrambi sono coinvolti in un’inchiesta che fa tremare gli equilibri politici della regione.

Le accuse e l’inchiesta “Ducale”

Le accuse rivolte a Neri e Sera sono gravi. Sono entrambi indagati per scambio elettorale politico-mafioso, un reato che implica collusioni tra politici e organizzazioni mafiose in cambio di sostegno elettorale. Questa inchiesta è parte della più ampia operazione Ducale, portata avanti dalla Dda di Reggio Calabria, la quale ha messo in luce collegamenti pericolosi tra la politica e la criminalità organizzata.

Giuseppe Neri è accusato di comportamenti illeciti durante le elezioni regionali del 2020 e del 2021. Il suo legale, Nico D’Ascola, insieme a Tonino Curatola, ha sostenuto che le prove presentate dall’accusa non siano sufficienti. Dall’altro lato, Giuseppe Sera è al centro dell’attenzione per il suo coinvolgimento nelle elezioni comunali del 2020. Il suo avvocato, Sergio Laganà, ha contestato la validità delle prove, sottolineando le mancanze nel dossier dell’accusa.

Questa decisione da parte del Tribunale mostra un certo scetticismo su quanto emerso dall’indagine. Risulta chiaro che la Dda deve rafforzare il proprio caso se intende perseguire con successo queste accuse.

La posizione del presunto boss Domenico Araniti

In un altro sviluppo significativo, il Tribunale ha anche negato l’appello della Procura per l’arresto del presunto boss Domenico Araniti. Accusato anch’egli di scambio elettorale politico-mafioso, Araniti è rappresentato dagli avvocati Giovanna Araniti e Marco Gemelli. Nonostante la decisione, Araniti rimane in carcere per altre accuse di associazione mafiosa, evidenziando un contesto di gravità in cui la mafia calabrese continua a esercitare la propria influenza.

La decisione di non concedere ulteriori arresti ha sollevato interrogativi sulla capacità della Dda di portare avanti una battaglia efficace contro la corruzione politica e il crimine organizzato. Questo episodio suggerisce che, in assenza di prove concrete e solide, le possibilità di successo per le indagini potrebbero ridursi.

Daniel Barillà e l’arresto non concesso

Un ulteriore aspetto di questo intreccio giudiziario riguarda Daniel Barillà, genero di Domenico Araniti, il cui arresto è stato anch’esso negato dal Tribunale. Barillà viene considerato un collegamento tra politici e la cosca di Sambatello. Nonostante le accuse, i giudici hanno deciso che non ci sono prove sufficienti per giustificare un trasferimento in carcere. Questo riflette una certa cautela nel trattare casi dove le connessioni tra politica e criminalità non sono sempre facili da dimostrare.

La difesa, guidata dall’avvocato Marco Gemelli, ha evidenziato che gli elementi indiziari contro Barillà sono insufficienti. La decisione rappresenta non solo una vittoria per la difesa, ma solleva anche dubbi sulle modalità di indagine della Dda in questo caso.

Il panorama, pertanto, è complesso e il contesto politico calabrese sembra attraversato da un’ombra che continua a far discutere. Gli sviluppi futuri dell’inchiesta resteranno da seguire attentamente, con ripercussioni che potrebbero influenzare la fiducia nel sistema politico della regione.

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