La questione del sistema sanitario nazionale si concentra spesso sulla sua definizione come spesa o investimento. Questa distinzione non è solo un dibattito economico, ma tocca la salute pubblica e il ruolo fondamentale degli operatori sanitari, in particolare gli infermieri. Un recente incontro alla Camera ha messo in evidenza questi aspetti, con interventi significativi e dati preoccupanti sulla professione infermieristica in Italia.
Il contesto del sistema sanitario nazionale
Il sistema sanitario pubblico italiano ha radici forti, concepito come risposta ai bisogni di salute della popolazione. Tuttavia, la sua percezione varia a seconda della prospettiva adottata: considerarlo una spesa significa focalizzarsi sui costi per lo Stato e per i cittadini, mentre vederlo come investimento implica un’analisi più profonda dei benefici a lungo termine sulla salute pubblica e sulla produttività economica. Maurizio Zega, Consigliere della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche , ha sottolineato durante il convegno “Il valore sociale del pubblico impiego nel Ssn“, organizzato da Aaroi-Emac, l’importanza di questa distinzione. Secondo Zega, non considerare il sistema sanitario come un investimento porta a conseguenze negative nella produzione e nella salute sociale.
Negli ultimi anni, l’emergenza Covid-19 ha reso evidente il valore del sistema sanitario, mettendo in luce l’importanza strategica degli infermieri, non solo negli ospedali ma anche nelle strutture territoriali. Questo scenario richiede un ripensamento profondo di come il sistema sanitario viene gestito, non limitandosi a una mera contabilizzazione delle spese.
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La situazione attuale della professione infermieristica
Le cifre che riguardano la professione infermieristica sono eloquenti. Attualmente in Italia ci sono circa 380mila infermieri, distribuiti sia nel settore pubblico che in quello privato. Di questi, una parte significativa, tra i 40 e i 45 mila, opera come libero professionista, mentre il resto è composto da pensionati. Zega ha evidenziato come la sostenibilità del sistema pubblico dipenda fortemente dalla capacità di mantenere e far crescere la forza lavoro infermieristica.
Dati recenti della Ragioneria Generale dello Stato mostrano una carenza di 65 mila infermieri nel 2023, con previsioni che indicano che entro il 2033 ci sarà un ulteriore aumento della crisi occupazionale: 100 mila infermieri andranno in pensione. Questo scenario non fa che accentuare il dislivello negativo tra ingressi e uscite dal mondo del lavoro. Ogni anno, il sistema registra una perdita tra i 2 e 3 mila professionisti, un dato che fa temere il non raggiungimento di un equilibrio considerato necessario per garantire un servizio sanitario efficiente e funzionale.
Necessità di azioni immediate
Non riuscire a colmare questa lacuna comporterà inevitabilmente ripercussioni serie sulla capacità del sistema sanitario di rispondere alle esigenze della popolazione. Zega ha rimarcato che la chiave per garantire la sostenibilità nel lungo termine è l’impegno costante nella valorizzazione della professione infermieristica e nel risolvere le criticità attuali.
La sfida è quello di attrarre nuovi ingressi nel settore, potenziando le scuole di formazione e incentivando le nuove generazioni a intraprendere la carriera infermieristica. Senza un’adeguata risposta a questa crisi, è difficile ipotizzare un futuro in cui il sistema sanitario pubblico possa continuare a esistere in modo efficiente.
Riformulare il modo in cui ci rapportiamo al sistema sanitario, considerandolo non solo come una voce di spesa, ma come una necessità per la salute collettiva e la produttività economica, rappresenta un primo passo verso un cambiamento. L’attenzione deve ora concentrarsi su come trasformare questo concetto in azioni concrete che possano ridurre il disagio professionale nel settore infermieristico e garantire un servizio adeguato a tutti.