Registrato un terremoto al rallentatore lungo la faglia di nankai che genera tsunami in giappone

Registrato un terremoto al rallentatore lungo la faglia di nankai che genera tsunami in giappone

Un terremoto a scorrimento lento rilevato nella faglia di Nankai, grazie a sensori sul fondale marino, offre nuovi dati per comprendere i movimenti tettonici e migliorare la previsione di tsunami lungo la costa giapponese.
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Un raro terremoto a scorrimento lento è stato rilevato nella pericolosa faglia di Nankai, Giappone, grazie a sensori sottomarini, offrendo nuovi spunti per comprendere e monitorare meglio i rischi di grandi terremoti e tsunami. - Gaeta.it

Nel profondo della faglia di Nankai, tra le più pericolose sul pianeta, si è verificato un fenomeno raro: un terremoto che avanza lentamente, senza i classici tremori violenti. Questo evento ha attirato l’attenzione degli esperti di geofisica perché riguarda una zona in cui da sempre si temono grandi tsunami per la costa giapponese. Un team di ricercatori ha scoperto questo tipo di terremoto e lo ha monitorato attraverso strumenti posti direttamente sul fondale oceanico, dove la placca delle Filippine scivola sotto quella del Giappone. I dati raccolti offrono nuovi spunti per capire i meccanismi che portano a movimenti tettonici potenzialmente devastanti.

Il terremoto al rallentatore: una scoperta insolita lungo la faglia di nankai

Nel 2015 e poi di nuovo nel 2020, i sismografi posizionati a profondità elevate nel fondale marino di fronte alla penisola di Kii hanno registrato movimenti anomali. Di solito i terremoti si manifestano con scosse rapide e improvvise, ma questo ha aspetti diversi: il movimento si è verificato molto lentamente, spostando la faglia poco a poco per settimane. La superficie si è deformata di pochi millimetri alla volta, creando una sorta di increspatura continua lungo circa 30 chilometri della faglia.

Questi eventi, chiamati terremoti a scorrimento lento, mostrano una forma di energia accumulata e rilasciata in modo graduale. La zona interessata si trova circa 50 chilometri dalla costa e si estende verso il mare aperto, lungo l’interfaccia delle placche tettoniche. Il fenomeno è stato intercettato solo grazie alla nuova generazione di sensori sommersi, capaci di percepire variazioni minime nella pressione e nella deformazione del fondale. Gli strumenti tradizionali sulla terraferma non hanno rilevato nulla, dimostrando quanto siano necessari sistemi più diretti e specifici per questa parte del Giappone.

Strumenti di rilevamento e l’importanza delle misurazioni dal fondale marino

La rete di sismometri e ricevitori GPS a superficie terrestre è efficace nel riconoscere scosse improvvise, ma non riesce a captare le sottili dinamiche nelle zone profonde dove le placche si incontrano e si muovono lentamente. Per questa ragione, gli scienziati hanno installato dispositivi a centinaia di metri sotto il livello del mare, proprio sulla faglia di Nankai. Questi strumenti registrano con alta precisione la pressione, la deformazione e l’inclinazione dei fluidi in tempo reale.

Grazie a questo sistema, si osservano direttamente le variazioni nel comportamento di queste forme tettoniche prima che si manifestino i grandi terremoti. È un’area molto critica perché la faglia di Nankai è già stata responsabile di molti eventi distruttivi in passato. Gli scienziati, tramite questi strumenti, riscontrano che i movimenti a scorrimento lento potrebbero essere segnali d’avvertimento di processi più grandi in atto sotto la crosta terrestre.

Le implicazioni per la comprensione e la possibile previsione dei terremoti

La presenza di acqua o fluidi nelle faglie è da tempo al centro degli studi sulle cause dei terremoti. Si ipotizza che i fluidi agiscano come una sorta di lubrificante, permettendo a certe sezioni della placca di muoversi senza provocare scosse intense. Però, la scoperta del terremoto lento lungo la faglia di Nankai mostra che non tutti i movimenti tettonici producono rumori forti o evidenti.

Questi “sussurri” geologici, captati dai nuovi strumenti sul fondo oceanico, indicano una dinamica più complessa. Si apre così la possibilità di studiare più da vicino come si accumula lo stress lungo le faglie e quando queste si trasformano in eventi violenti. Anche se la previsione esatta di un grande terremoto rimane difficile, spostare l’attenzione su questi segnali deboli offre una strada per migliorare la sorveglianza e forse anticipare meglio gli eventi che potrebbero provocare tsunami e danni estesi nelle aree costiere del Giappone.

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