Le ultime ore nella Striscia di Gaza sono state segnate da un’escalation violenta, con centinaia di vittime e feriti. Le azioni militari di Israele hanno provocato gravi danni, soprattutto in alcune zone altamente popolate. Alla vigilia dell’incontro tra il premier israeliano e il presidente Usa, emergono segnali contrastanti anche dalla Cisgiordania e dall’arena internazionale, con nuovi sviluppi nei negoziati e prese di posizione di gruppi e leader regionali.
Le conseguenze dei raid israeliani a gaza city e la situazione umanitaria
Nelle ultime 24 ore, almeno 80 persone hanno perso la vita a causa dei bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza, mentre i feriti superano quota 300. Secondo fonti di Hamas, l’area maggiormente colpita è stata Gaza City, in particolare il quartiere di Shikh Radwan. Un attacco ha centrato un’abitazione usata come rifugio da sfollati, causando numerose vittime tra civili, inclusi molti bambini e donne. Nel corso dei raid, le forze israeliane hanno aperto il fuoco anche su persone presenti nei punti di raccolta degli aiuti umanitari, peggiorando ulteriormente il quadro della crisi.
Dati ufficiali e impatto sulla popolazione
Le cifre ufficiali del ministero della sanità di Hamas parlano di oltre 57.000 palestinesi morti dall’inizio del conflitto, un bilancio che continua a salire giorno dopo giorno. La vulnerabilità delle categorie più fragili come i minori e le donne emerge con chiarezza, confermando la gravità della situazione. Il territorio è sottoposto a blocchi e restrizioni che ostacolano l’accesso alle cure e la possibilità di evacuazione.
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Negoziati in qatar e questioni critiche
Sul piano diplomatico, in Qatar si sono aperti negoziati indiretti fra Hamas e Israele. Le trattative verteranno su alcuni nodi fondamentali: un possibile cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi trattenuti a Gaza e quella dei prigionieri palestinesi detenuti in Israele. Uno dei punti più delicati resta il valico di Rafah, al confine fra Gaza ed Egitto. “Hamas chiede la riapertura immediata di questo passaggio per permettere l’uscita dei feriti e il transito degli aiuti umanitari,” ma il controllo israeliano su questa zona persiste dal maggio 2024.
La visita di netanyahu a washington e la preparazione dell’incontro con trump
Il viaggio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a Washington arriva in un momento critico per la regione. Il series di colloqui a Doha anticipa il confronto diretto con il presidente degli Stati Uniti, previsto per la sera del 7 luglio ora locale, quando in Italia sarà ormai notte. L’appuntamento dura cinque giorni e mira a discutere strategie per la gestione del conflitto e possibilmente nuovi passi diplomatici.
Dialogo con il presidente israeliano isaac herzog
Prima di partire, Netanyahu ha avuto un confronto con il presidente israeliano Isaac Herzog. Quest’ultimo ha evidenziato la necessità urgente di trovare un accordo, pur riconoscendo le molte difficoltà. “Herzog ha parlato di decisioni complesse, dolorose e con un costo elevato per il paese,” sottolineando come ogni scelta comporti conseguenze pesanti sul piano interno ed esterno.
Aspettative dall’incontro con trump
Le aspettative attorno all’incontro con Trump sono alte, soprattutto per ipotizzare misure che possano frenare l’escalation. Il contesto internazionale segue con attenzione, dato che gli Stati Uniti esercitano ancora una forte influenza sulla politica mediorientale e sulle dinamiche di Israele nei rapporti con palestinesi e paesi confinanti.
Posizioni degli sceicchi di hebron e tensioni crescenti tra israeliani e palestinesi
Un altro aspetto rilevante riguarda la presa di posizione di cinque sceicchi religiosi di Hebron, in Cisgiordania. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, questi leader hanno inviato una lettera al ministro israeliano dell’economia, Nir Barkat, esprimendo il loro sostegno agli Accordi di Abramo, gli accordi di normalizzazione firmati tra Israele e alcuni paesi arabi.
Rifiuto della soluzione a due stati
Gli sceicchi, però, hanno ribadito il loro rifiuto della soluzione che prevede due stati separati per israeliani e palestinesi. Questa presa di posizione sottolinea come l’opinione pubblica e le autorità locali tra i palestinesi restino divise e tese su quale strada intraprendere riguardo al futuro del territorio e delle comunità coinvolte.
Queste dichiarazioni arrivano mentre i gruppi come gli Huthi hanno rivendicato attacchi missilistici, tra cui un raid sul principale aeroporto di Tel Aviv, una mossa che amplia il conflitto coinvolgendo attori internazionali con interessi e alleanze diverse.
La reazione della regione e la prima apparizione pubblica di khamenei
Lo scontro tra Israele e i suoi vicini si riflette anche a livello regionale, con segnali che indicano un aumento della tensione e delle iniziative militari. Tra questi, la rivendicazione da parte degli Huthi, gruppo armato yemenita, di un attacco missilistico contro un’infrastruttura israeliana di rilievo come l’aeroporto Ben Gurion.
Il ritorno in pubblico di ali khamenei
In questo contesto, anche Teheran è scesa in campo con un segnale pubblico importante: l’ayatollah Ali Khamenei ha fatto la sua prima apparizione dopo la recente guerra durata 12 giorni tra Israele e alcune forze iraniane. Il ritorno in pubblico del leader supremo iraniano indica la volontà di rafforzare la sua posizione dopo l’escalation, confermando le sue intenzioni di mantenere un ruolo centrale nella regione.
L’evoluzione dei rapporti tra i vari attori mediorientali sembra destinata a produrre ulteriori mutamenti nei prossimi mesi, con nuove tensioni e possibili aperture diplomatiche da seguire da vicino.