Psicologa radiata dopo schieramenti controversi nel caso di Alessandra Matteuzzi

Psicologa radiata dopo schieramenti controversi nel caso di Alessandra Matteuzzi

La psicologa Manuela Bargnesi è stata radiata dall’Ordine per dichiarazioni controverse su TikTok riguardanti il femminicidio di Alessandra Matteuzzi, sollevando preoccupazioni sulla deontologia professionale e l’uso dei social media.
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Psicologa radiata dopo schieramenti controversi nel caso di Alessandra Matteuzzi - Gaeta.it

Un episodio recente ha scosso l’ambiente professionale degli psicologi, riportando alla luce la delicatezza e la responsabilità della comunicazione pubblica in ambito psico-sociale. La vicenda coinvolge Manuela Bargnesi, una psicologa che ha suscitato molte polemiche dopo aver pubblicato una serie di video su TikTok in cui si pronunciava sul femminicidio di Alessandra Matteuzzi. La sua posizione, ritenuta inaccettabile dalla comunità psicologica, ha portato alla sua radiazione dall’Ordine degli psicologi.

Le dichiarazioni controverse di Bargnesi

La messa in onda dei video da parte di Bargnesi ha attratto l’attenzione di un ampio pubblico su TikTok, dove ha scelto di discutere del caso di Alessandra Matteuzzi, assassinata a Bologna il 23 agosto 2022. In un contesto aggravato dalla recente condanna all’ergastolo dell’ex fidanzato Giovanni Padovani, Bargnesi si è espressa in modo che molti hanno interpretato come una difesa dell’imputato, puntando il dito contro la vittima. Queste affermazioni non solo hanno scatenato indignazione tra i cittadini, ma hanno anche sollevato interrogativi gravi sulla professionalità e la deontologia di un psicologo.

Le sue argomentazioni si sono basate su speculazioni privi di fondamento clinico, eppure riprese in forma di difesa. Ciò ha portato a un forte impatto mediatico e sociale, generando un dibattito intenso nei media e tra i professionisti del settore. Come punto centrale della sua difesa, Bargnesi sembra aver ignorato i principi fondamentali che governano la pratica psicologica, creando un’immagine deplorevole della professione.

Provvedimenti disciplinari e radiazione dall’Ordine

A seguito delle polemiche, il Consiglio dell’Ordine regionale delle Marche ha avviato un procedimento disciplinare contro Bargnesi, dopo un esposto presentato da Stefania Matteuzzi, sorella della vittima, con il supporto dell’avvocata Chiara Rinaldi. Durante il processo, è emerso che Bargnesi aveva violato ben nove articoli del codice deontologico per la professione. Tra queste infrazioni, è stato evidenziato il mancato rispetto del segreto professionale e la violazione del principio di responsabilità.

Il Consiglio ha concluso che le esternazioni fatte dalla psicologa in contesti pubblici, senza un appropriato incontro clinico con la vittima, hanno leso non solo la dignità della professione ma anche il decoro dell’Ordine. La decisione è stata presa da un consiglio presieduto da Katia Marilungo e con Paolo Mengani nel ruolo di relatore. La sanzione comminata è stata la più severa, consentendo a Bargnesi la possibilità di impugnare la decisione presso il tribunale di Ancona.

Le implicazioni dell’uso dei social network

Un particolare punto di attenzione nella sentenza disciplinare è stato l’uso improprio delle piattaforme social da parte di Bargnesi. Secondo il Consiglio, un professionista non dovrebbe utilizzare i social media come luogo per discutere della propria attività, specialmente su temi delicati e pesanti come quelli relativi alla violenza di genere. Questo utilizzo è sottolineato come profondamente lesivo per l’immagine e la dignità della professione psicologica.

Le affermazioni avanzate in un contesto come TikTok non sono mai state rispettate con la necessaria serietà, vendendo un messaggio potenzialmente nocivo. Il Consiglio ha messo in evidenza il rischio che tali affermazioni possano alimentare una cultura di negazione della violenza e scagionare i colpevoli, suggerendo che potrebbero far sì che un maltrattante incolpi la vittima di “istigazione” per le sue azioni violente.

Il caso di Manuela Bargnesi non è solo un episodio isolato, ma rappresenta un campanello d’allarme su come la sfera professionale possa intrecciarsi in modo disastroso con il dibattito pubblico, lasciando una scia di conseguenze profonde per il rispetto dovuto alla vita e alla dignità delle vittime.

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