I lavori di sistemazione dell’alveo del fiume Tenna, che attraversa diversi Comuni del Fermano, hanno riacceso il dibattito tra ambientalisti e autorità competenti. La questione è diventata centrale per la tutela dell’ecosistema fluviale e per la salute delle popolazioni locali. Le problematiche emerse pongono interrogativi sulla sostenibilità degli interventi e sulla loro efficacia a lungo termine.
I lavori in corso sul fiume Tenna
Attualmente sono in atto lavori che prevedono il movimento dei sedimenti e il raddrizzamento del corso del fiume Tenna. Queste attività, giustificate dai comuni con la necessità di mantenere l’assetto idraulico, sollevano preoccupazioni significative tra gli ambientalisti. Diverse associazioni, tra cui il Coordinamento delle Associazioni Ecologiste del Fermano, hanno espresso il loro disappunto, avvertendo che tali interventi possono risultare estremamente dannosi per gli ecosistemi fluviali.
Le organizzazioni ecologiste temono che le operazioni di ristrutturazione non solo alterino l’habitat naturale, ma possano anche compromettere la disponibilità di acqua per le comunità circostanti. Infatti, l’idea di considerare il fiume Tenna esclusivamente come un canale da mantenere dritto priva di vita vegetale e animale è vista come una mentalità arretrata e superata. I critici sostengono che questo approccio ignora le interazioni complesse che avvengono nell’ambiente circostante, compromettendo così la salute globale dell’ecosistema.
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Le preoccupazioni per l’ecosistema fluviale
Le associazioni ambientaliste esprimono un forte disappunto nei confronti degli interventi che non seguono pratiche moderne, come la rinaturalizzazione dei corsi d’acqua. Queste tecniche sono considerate fondamentali per migliorare la capacità di autodepurazione del fiume e per mantenere l’equilibrio idrico delle falde. In un periodo in cui la scarsità d’acqua rappresenta un problema sempre più serio, la giustificazione dei lavori in atto risulta decisamente inadeguata.
Un altro punto sollevato riguarda l’aumento della velocità dell’acqua a seguito dei lavori. Questa situazione può portare a conseguenze gravi, come il rischio di danneggiare i piloni dei ponti e minacciare i centri abitati che si trovano a valle. Inoltre, l’inefficacia degli interventi ripetuti nel tempo genera domande sulle motivazioni che li sostengono. Se, dopo un certo periodo, il fiume torna alla condizione iniziale, qual è il valore degli sforzi e delle risorse investite?
Critiche ai metodi di intervento
Negli ultimi anni, gli ambientalisti hanno continuato a ribadire la necessità di approcci più integri e strategici alla gestione dei fiumi. Le loro osservazioni mirano a evidenziare la mancanza di vision a lungo termine da parte degli enti preposti. La situazione viene ulteriormente complicata dalla pratica di giustificare le opere con l’argomento della “somma urgenza“, che evita il ricorso a gare pubbliche e porta alla scelta di soluzioni che possono rivelarsi poco appropriate.
L’esistenza di metodi, come il “Contratto di Fiume“, rimane misconosciuta o mal interpretata dai decisori. Questo tipo di approccio tiene conto del fiume come un ecosistema integrato, considerando tutti gli elementi, dalla vegetazione alla fauna, dall’acqua al suolo. Questo modello olistico potrebbe fornire un quadro più completo e utile per affrontare le incertezze legate alla gestione delle risorse idriche, specialmente in un contesto così critico come quello odierno.
Con tali considerazioni, le associazioni ecologiste evidenziano l’urgenza di un cambiamento nel modo di gestire i corsi d’acqua, auspicando che si faccia un passo avanti per l’adozione di pratiche che rispettino e preservino l’equilibrio degli ecosistemi fluviali, in modo da garantire il benessere delle comunità e della natura circostante.