Piano moda 2025: 250 milioni per credito d’imposta, etichetta digitale e nuove tutele per il made in italy

Piano moda 2025: 250 milioni per credito d’imposta, etichetta digitale e nuove tutele per il made in italy

Il governo italiano investe 250 milioni di euro nel settore moda con credito d’imposta, etichetta digitale certificata e misure per sostenere pmi, legalità e sostenibilità nella filiera produttiva.
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Il governo italiano investe 250 milioni di euro nella moda con incentivi fiscali, etichettatura digitale e norme per certificare legalità e sostenibilità, puntando a rafforzare le PMI e contrastare le irregolarità nella filiera. - Gaeta.it

Il governo italiano ha messo a punto misure per sostenere il comparto moda, con un investimento di 250 milioni di euro da inserire nella prossima legge di bilancio. Tra gli interventi previsti si segnalano un credito d’imposta per design e campionari, una nuova etichetta digitale del made in Italy certificata e facilitazioni per l’accesso alla cassa integrazione. Queste azioni mirano a rafforzare la filiera produttiva, valorizzando le piccole e medie imprese che rappresentano l’identità italiana nel mondo della moda.

Le misure del piano italia moda annunciate dal ministro urso

Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha presentato ieri al tavolo moda con le parti sociali un piano mirato a consolidare il settore. Ha sottolineato che l’obiettivo è sostenere pmi e artigiani, che costituiscono la struttura portante del comparto. Il ministro ha ricordato come la moda rappresenti “il volto dell’Italia nel mondo, e come sia indispensabile proteggerla e valorizzarla.” Ha aggiunto però che i comportamenti illeciti di pochi soggetti non devono compromettere la reputazione dell’intero settore, dove molte aziende operano correttamente.

Tra gli strumenti su cui il governo sta lavorando, oltre al credito d’imposta da 250 milioni per la prossima legge di bilancio con destinazioni precise per il design e per la realizzazione di nuove collezioni, si trova anche un sistema di certificazione della sostenibilità e legalità delle imprese. Questa norma, ancora in fase di definizione, dovrà concedere al titolare del brand di risultare garante solo del proprio operato, senza ricadute in caso di irregolarità da parte di fornitori o subfornitori. Tale soluzione punta a dare un carattere strutturale e duraturo alle tutele del comparto.

Nuovo sistema di etichettatura digitale

Infine, è previsto un sistema di etichettatura digitale dei prodotti made in Italy, affidato all’Istituto poligrafico e zecca dello Stato, che certifica l’origine e l’autenticità del marchio. Questa novità punta a contrastare contraffazioni e abusi, rafforzando la trasparenza nei confronti di consumatori italiani e stranieri.

Posizioni e proposte delle associazioni di categoria

Al tavolo convocato dal ministero, Confindustria Moda ha espresso l’esigenza di una strategia con orizzonte temporale lungo, al di là degli interventi emergenziali. Luca Sburlati, presidente dell’associazione, ha accolto positivamente il credito d’imposta proposto dal ministero, auspicandone la trasformazione in un’agevolazione stabile con una percentuale minima del 10% per sostenere gli investimenti in innovazione. Sburlati ha inoltre richiamato l’importanza di coinvolgere i distretti industriali, veri pilastri della manifattura italiana, e di estendere l’attenzione anche al settore del commercio.

Dall’altro lato, Confindustria Accessori Moda, con la sua presidente Giovanna Ceolini, ha sottolineato la necessità di rendere più accessibili i mini-contratti di sviluppo. La soglia attuale, fissata a 3 milioni di euro, risulta troppo elevata per molte aziende; la proposta è quella di introdurre fasce progettuali a 1 e 3 milioni per favorire un accesso più ampio e differenziato.

Federazione Moda Italia–Confcommercio ha manifestato favore rispetto all’idea del ministero di istituire un gruppo di lavoro dedicato agli operatori commerciali della moda. Giulio Felloni, presidente della federazione, ha messo in evidenza come il rilancio del comparto debba includere i negozi di prossimità, considerati elementi fondamentali per la diffusione e il radicamento del made in Italy sul territorio nazionale.

Sostenibilità e lotta alle irregolarità in filiera

Nel corso del confronto il ministro Urso ha ribadito che la lotta al caporalato, pur essendo uno strumento utile nel contrasto alle irregolarità nel settore moda, non basta a garantire la reputazione del comparto. Per questo si sta lavorando a una norma più strutturata che certifichi legalità e sostenibilità delle imprese. Questa procedura dovrebbe basarsi su controlli preventivi per escludere situazioni grigie nella supply chain.

L’obiettivo è mettere in atto una responsabilità chiara: “il brand deve rispondere solo per la propria gestione e non per comportamenti illeciti o poco trasparenti dei propri fornitori o subfornitori.” In pratica, si cerca di delimitare la responsabilità per evitare che una parte sana della filiera subisca danni per colpe altrui. Sarà interessante seguire l’evoluzione di questa norma, che potrebbe costituire un modello unico nel controllo della produzione nella moda italiana.

Con questa misura, l’esecutivo punta a tutelare tutte le aziende oneste che rispettano le regole, mentre chi opera in modo non corretto rischia di essere escluso e marginalizzato in modo più sistematico.

L’insieme delle iniziative del piano coniuga interventi economici a nuovi strumenti per la trasparenza e il controllo, con l’obiettivo di sostenere la crescita delle imprese italiane in un mercato globale sempre più competitivo.

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