Il nuovo capitolo dell’inchiesta sul caso di Chiara Poggi si concentra sulle analisi genetiche raccolte sulle sue unghie, elemento cruciale del procedimento. La perita nominata dalla gip di Pavia sta affrontando difficoltà nel valutare quei profili genetici, per via della mancanza dei dati grezzi originali. Questi dati, fondamentali per un esame approfondito e attendibile, risalgono a undici anni fa e richiedono una ricerca attenta che potrebbe allungare ulteriormente i tempi dell’indagine.
Il ruolo della perita genetista nell’incidente probatorio
Denise Albani, perita incaricata dalla giudice Daniela Garlaschelli, si trova in una posizione delicata. Il suo compito sarebbe quello di esprimersi sui profili genetici ritrovati sulle unghie di Chiara Poggi, dove uno di questi, secondo la procura, potrebbe appartenere ad Andrea Sempio. Ma il materiale a disposizione, nel dettaglio, è incompleto.
La perita ha evidenziato che senza i “dati grezzi” dei tracciati del dna, non può procedere con una valutazione attendibile. Questi dati rappresentano la materia prima, servono per rifare controlli, confronti e verifiche tecniche indipendenti. È una questione di metodo scientifico, che in un processo così delicato diventa imprescindibile per una consulenza che abbia solidità.
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Le difficoltà di recupero dei dati da oltre un decennio
Il vero nodo da sciogliere ora è collocato nel passato remoto, precisamente al 2014, quando un altro perito, Francesco De Stefano, eseguì l’analisi durante il processo d’appello bis contro Alberto Stasi. Il professore ormai è in pensione, e l’archivio dei dati potrebbe trovarsi sia in suo possesso privato sia negli archivi dell’Università di Genova dove ha lavorato.
Il tempo passato complica la ricerca tecnica e amministrativa. Situazioni simili si scontrano con la perdita o deterioramento di file digitali, modifiche tecnologiche negli strumenti usati, o peggio ancora, la scomparsa di documentazione non archiviata correttamente. Alla perita Albani spetta necessità di interagire con tutte le parti per rintracciare queste informazioni.
Questa operazione non è una semplice formalità perché senza quei file bruti il lavoro peritale si blocca. Il rischio concreto è un prolungamento dei tempi dell’incidente probatorio: alcune settimane in più di attesa potrebbero diventare inevitabili per assicurare che l’esame sia compiuto nel modo corretto.
Il coinvolgimento del ris e l’organizzazione dell’udienza
Non bastano i dati di De Stefano: secondo la stessa perita, anche le analisi effettuate dal reparto investigazioni scientifiche di quell’epoca devono essere riviste partendo dai dati di base. Oggi il ris rappresenta un punto di riferimento essenziale nel recupero e confronto delle prove.
L’udienza fissata il 24 ottobre per la discussione globale sui risultati è in bilico. Ci si aspetta che possibili ritardi potrebbero spingere a chiedere proroghe. L’intero quadro potrebbe allungarsi, mentre tutte le parti restano in attesa che i dati emergano da archivi e vecchie analisi.
Il caso Poggi, con questa nuova fase, mostra quanto sia importante la conservazione e gestione delle prove scientifiche, anche con il passare degli anni. Il lavoro della perita Albani, se riuscirà a ottenere tutto il materiale richiesto, potrà rifondare il dibattito sulle responsabilità, ma il tempo necessario e la ricerca fuori dalla cronaca convenzionale restano adesso una variabile decisiva.