A Napoli, gli studenti dei collettivi di Ecologia Politica e dei Collettivi Autorganizzati Universitari hanno intrapreso un’occupazione nel dipartimento di studi umanistici della Federico II, situato a Porta di Massa. Questa azione mira a portare l’attenzione sulla situazione di repressione e militarizzazione vissuta dalla popolazione palestinese, in un contesto di crescente preoccupazione per le violenze e le sofferenze che continuano ad affrontare.
La simbologia del check point
Nel corso della protesta, gli studenti hanno allestito un check point ispirato a quelli presenti in Israele, per rendere visibile e tangibile la quotidianità della popolazione palestinese. L’installazione è stata effettuata con l’intento di stimolare una riflessione critica sulla militarizzazione e il controllo a cui sono soggetti i palestinesi. Attraverso questa azione simbolica, i manifestanti hanno voluto esprimere la loro solidarietà verso chi vive in condizioni di oppressione e limitate libertà.
Il messaggio principale che i manifestanti desiderano trasmettere è racchiuso nel loro slogan: “Boicottare per liberare”. Questo non rappresenta solo un appello a sostenere la causa palestinese, ma implica anche una critica alle dinamiche di militarizzazione che interessano le istituzioni accademiche e la necessità di liberarle da questi condizionamenti.
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Le vittime della guerra
Nel comunicato diffuso dai collettivi, si sottolinea la drammatica cifra delle vittime palestinesi, stimata in oltre 43.000 assassinati. Questa realtà ha portato a un’incessante campagna di sensibilizzazione nelle università, considerate luoghi strategici per il dibattito e la formazione di opinioni. Gli studenti affermano di voler continuare la battaglia a favore della solidarietà internazionale rispondendo alla chiamata per il supporto ai popoli libanese e palestinese, che cadrà in coincidenza con una giornata internazionale di agitazione.
Esprimendo la volontà di proseguire la mobilitazione avviata la scorsa primavera, i rappresentanti degli studenti ritengono fondamentale far sentire la loro voce in un contesto accademico. Questa scelta di occupare l’università rientra in una strategia volta a stimolare una presa di coscienza collettiva sul dramma palestinese e sull’influenza che le scelte politiche e commerciali hanno sulle vite delle persone.
Richiesta di coerenza e trasparenza
I collettivi hanno simbolicamente alzato la voce contro la complicità delle università con i conflitti armati. In particolare, fanno riferimento a un incontro avvenuto lo scorso anno con oltre 600 studenti, durante il quale il rettore della Federico II si era impegnato a dimettersi dalla Fondazione Med-Or, che ha legami con Leonardo S.p.A. e con il settore bellico. Questo impegno rappresenta una richiesta di coerenza e responsabilità da parte delle istituzioni accademiche, affinché non sostengano attivamente o passivamente operazioni belliche e violenze.
La protesta intende trasmettere un messaggio forte e chiaro al mondo accademico: i giovani non accetteranno un clima di guerra e riarmo, e continueranno a far sentire la loro voce fino a quando la collaborazione delle università con pratiche di genocidio e di violenza non verrà interrotta. Queste azioni rappresentano il tentativo di mobilitare le coscienze e incoraggiare un più ampio supporto per la giustizia sociale e per i diritti umani.