La recente evoluzione nel campo delle terapie ormonali per il cancro alla prostata segna un passo significativo nella lotta contro questa neoplasia. La terapia di deprivazione androgenica, un tempo considerata l’unica opzione terapeutica valida, è stata affiancata da nuove metodiche più efficaci grazie alla ricerca scientifica. Il dottor Orazio Caffo, direttore di Oncologia all’ospedale Santa Chiara di Trento, ha illustrato, durante un incontro stampa organizzato da AstraZeneca e Msd, le ultime possibilità offerte dai farmaci di nuova generazione, che mirano a potenziare l’efficacia della terapia.
L’evoluzione delle terapie ormonali
Tradizionalmente, la cura per il cancro alla prostata si è basata sulla terapia di deprivazione androgenica, che limita l’apporto di ormoni maschili necessari alla crescita delle cellule tumorali. Tuttavia, nel corso del trattamento, queste cellule spesso sviluppano meccanismi di resistenza, un fenomeno che porta a una forma di malattia nota come “resistente alla castrazione”. In questi casi, le opzioni terapeutiche si riducono ulteriormente, limitandosi principalmente a farmaci ormonali avanzati, chemioterapia e in alcuni rari casi, all’uso di Parp-inibitori.
Fino a poco tempo fa, i Parp-inibitori venivano applicati nelle linee di trattamento successive, per i pazienti con specifiche mutazioni genetiche, come quelle dei geni Brca1 e Brca2. Con l’implementazione delle nuove normative sui rimborsi, ora è possibile impiegare l’inibitore olaparib sin dalla prima linea terapeutica, affiancato a terapie ormonali più moderne. Questa combinazione si è dimostrata in grado di ridurre il rischio di morte, aumentando significativamente l’efficacia rispetto al solo uso di abiraterone, con una diminuzione del 71% nel rischio di mortalità.
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La diagnosi e l’incidenza del tumore alla prostata
Il cancro alla prostata rappresenta attualmente il tumore più frequentemente diagnosticato negli uomini, con circa 41mila nuovi casi ogni anno in Italia. Fortunatamente, la prognosi è generalmente positiva, con una sopravvivenza a 5 anni pari al 91%, consentendo di considerare guariti un buon numero di pazienti che hanno affrontato la malattia. La fascia d’età maggiormente colpita va dai 66 ai 70 anni, mentre i casi di tumore alla prostata in giovani adulti sono estremamente rari.
Questo quadro rende fondamentale la consapevolezza dei sintomi e la necessità di consultare tempestivamente un medico. È fondamentale che gli uomini prestino attenzione a segni come l’aumento della frequenza urinaria notturna o la sensazione di vescica non completamente svuotata, poiché questi possono essere indicatori di problemi alla prostata. Una diagnosi precoce può fare una grande differenza nel trattamento e nella prognosi.
Prevenzione e stili di vita
La prevenzione gioca un ruolo cruciale nella gestione del cancro alla prostata. Il dottor Caffo sottolinea come stili di vita sani siano essenziali per ridurre il rischio di sviluppare questa patologia. Condurre una vita attiva, mantenere un peso corporeo adeguato e non trascurare eventuali sintomi possono contribuire a un miglioramento della salute prostatica.
È importante che gli uomini non minimizzino se manifestano sintomi sospetti, ma piuttosto che si rivolgano al proprio medico per ulteriori valutazioni e eventuali test specialistici. La consapevolezza e una comunicazione aperta con i professionisti della salute possono aiutare a ottimizzare il percorso diagnostico e terapeutico, favorendo una gestione migliore della malattia.