Uno spettacolo che racchiude l’essenza della cultura partenopea. ‘Lavali col fuoco’, cantata semiseria in scena al Teatro Instabile di Napoli dal primo febbraio secondo un’ideazione di Mario Brancaccio e Aurelio Gatti, si appresta a coinvolgere il pubblico in una riflessione profonda sulle dinamiche e sulle contraddizioni della città. Questo evento, organizzato da TTR Il Teatro di Tato Russo in collaborazione con MDA Produzioni, offre uno sguardo originale sulla tradizione culturale di Napoli, proponendo un mix di canzoni e testi di famosi autori della città.
Una drammaturgia ricca di riferimenti
La struttura dello spettacolo si basa su un assemblaggio di brani tratti da celebri opere partenopee, unendo la musica e la prosa in un allestimento che si distacca dalle consuete celebrazioni antologiche. In scena, un cast di attori tra cui Monica Assante, Mario Brancaccio, Simona Esposito, Anna Spagnuolo e Francesco Viglietti, darà vita a una narrazione cinetica che esplora le complesse emozioni degli interpreti. La regia di Aurelio Gatti, insieme alla colonna sonora eseguita dal vivo da Michele Bonè e Gennaro Esposito, promette di creare un’atmosfera coinvolgente e immersiva.
La scelta di rappresentare il “bradisismo psichico” dei protagonisti, rievocato in una nota stampa, permette al pubblico di cogliere i malesseri e le tensioni di una comunità che affronta le sfide della modernità in modo unico. Questi racconti di vita quotidiana, affiancati da sogni e aspirazioni non sempre realizzati, rendono lo spettacolo una vera e propria occasione di analisi del contesto napoletano.
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Riferimenti a Pasolini e il concetto di tribù
Il progetto trae ispirazione da un articolo di Antonio Ghirelli che si sofferma su un incontro con Pier Paolo Pasolini durante le riprese napoletane del ‘Decameron’. Pasolini descriveva Napoli come una comunità resistente alle trasformazioni, un’idea che continua a risuonare nell’immaginario collettivo. Quella concezione di tribù che rifiuta di modificarsi davanti ai cambiamenti storici si riflette perfettamente nell’opera ‘Lavali col fuoco’.
Il titolo stesso diventa un grido di battaglia, evocativo delle tensioni non solo tra Nord e Sud Italia, ma anche di una lotta più profonda all’interno della città. Questo rifiuto del cambiamento rappresenta una sorta di difesa dell’identità culturale, sottolineando come una comunità possa resistere a pressioni esterne e rimanere ancorata alle proprie tradizioni e a ciò che la contraddistingue.
La resistenza attraverso l’arte
‘Lavali col fuoco’ non è soltanto una rappresentazione dal vivo; è un manifesto di resistenza culturale. Ogni esclamazione, ogni gesto degli attori sul palco porta con sé un’eredità storica e culturale a cui i napoletani si sentono legati. Questo rinforzo identitario trova espressione tanto nei testi quanto nella colonna sonora, dove la musica diventa la voce di una città che continua a proclamare la propria esistenza nonostante le ingerenze esterne.
Il lavoro di squadra tra autori, attori e musicisti si configura come una denuncia e un’espressione artistiche che mirano a far emergere il valore della cultura popolare. La rappresentazione di queste narrazioni locali all’interno di un contesto teatrale contribuisce a rendere ‘Lavali col fuoco’ non solo un’esperienza estetica ma anche una riflessione sociale.
Lo spettacolo, quindi, si presenta come una lettera d’amore a Napoli e alla sua gente, un viaggio attraverso emozioni e disillusioni che, nel loro insieme, testimoniano un patrimonio culturale vivace e in continua evoluzione.