Il mondo della giustizia italiana piange la scomparsa di Agostino Cordova, magistrato che ha dedicato la sua vita alla lotta contro la mafia e la criminalità organizzata. Morto ieri sera a Reggio Calabria all’età di 88 anni, la sua carriera è stata costellata da inchieste determinanti che hanno lasciato un segno indelebile nella storia giudiziaria del paese. Originario di Reggio Calabria, Cordova ha speso gli ultimi anni tra la sua città natale e Napoli, continuando a essere un punto di riferimento per la giustizia.
Un inizio straordinario nella magistratura
La carriera di Agostino Cordova
Agostino Cordova entra in magistratura nel 1963, un anno di cambiamenti e sfide, che racconta molto sul suo ardente impegno per la giustizia. Inizialmente prestato come pretore a Reggio Calabria, dove si dedicò con serietà al diritto penale e poi civile fino al 1970, Cordova si fa rapidamente notare per le sue competenze e la sua determinazione. La sua ascesa prosegue nel Tribunale di Reggio Calabria come componente del collegio, dove rimane per cinque anni prima di trasferirsi all’Ufficio istruzione. Questo periodo segna l’inizio della sua intensa lotta contro la mafia, che lo porterà a fronteggiare le cosche della ‘ndrangheta.
I processi contro la ‘ndrangheta
Durante il suo periodo all’Ufficio istruzione, Cordova si trova nel bel mezzo di alcuni dei processi più importanti contro la criminalità organizzata calabrese. Tra questi, spicca l’istruttoria contro il gruppo dei “60”, guidato da Paolo De Stefano, noto capoclan. La sua determinazione nel condurre le indagini ha contribuito a smascherare e perseguire per la giustizia molti membri di queste organizzazioni illecite. Nel 1985, un agguato costò la vita a De Stefano, e il processo culminò con l’emissione di condanne per gran parte degli imputati, un duro colpo per la ‘ndrangheta locale.
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Il vertice alla procura di Palmi
Un percorso di inchieste rivoluzionarie
Dopo il suo periodo all’Ufficio istruzione, dal 1980 al 1987, Cordova presiede la sezione penale del Tribunale di Reggio Calabria. Nel dicembre del 1987 viene nominato procuratore della Repubblica di Palmi, un ruolo cruciale che gli consente di affrontare situazioni di corruzione legate a mafia, politica e massoneria. Tra le sue inchieste più celebri, c’è quella che porta al sequestro di tutti gli elenchi dei massoni del Goi, un gesto che fa scalpore e accende un dibattito acceso sull’intreccio fra queste istituzioni e le organizzazioni criminali.
Le indagini sugli appalti della centrale termoelettrica
Non meno significativa è l’indagine voluta da Cordova riguardo alle presunte irregolarità nell’appalto per la costruzione della centrale termoelettrica dell’ENEL a Gioia Tauro. La sua dedizione alla giustizia culmina nel luglio del 1990, quando, a seguito delle sue scoperte, si procede al sequestro del cantiere, un episodio che evidenzia l’importanza delle sue indagini nel combattere la corruzione e la criminalità.
Un nuovo capitolo a Napoli
L’arrivo come procuratore capo
Dopo la scadenza del mandato a Palmi, Agostino Cordova decide di concorrere per la Direzione nazionale antimafia, ma non ottiene il posto ambito. Tuttavia, il suo destino non si ferma qui: nel luglio del 1993 viene nominato procuratore capo a Napoli. In questo nuovo ambiente, Cordova si trova a dover gestire sfide immense, in un contesto tra i più complessi dell’Italia, segnato da un continuo confronto con la camorra e altre forme di criminalità organizzata.
Il suo impatto duraturo
Sebbene il suo tempo a Napoli sia stato segnato da difficoltà, Cordova riesce a lasciare un segno ineludibile sul sistema giudiziario. La sua capacità di affrontare potenti organizzazioni criminali e il suo impegno instancabile per la giustizia rimangono un esempio per le generazioni future di magistrati e professionisti della legge. La sua fine segna la scomparsa di un protagonista della lotta alla criminalità in Italia, ma il suo lascito di coraggio e determinazione continuerà a vivere.