Martina Oppelli presenta esposto contro medici dell’ASUGI per rifiuto di atti d’ufficio e tortura

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Martina Oppelli presenta esposto contro medici dell’ASUGI per rifiuto di atti d’ufficio e tortura - Gaeta.it

Martina Oppelli, una donna affetta da sclerosi multipla progressiva, si trova al centro di una controversia legale dopo aver visto nuovamente negata la sua richiesta di assistenza per il suicidio assistito. L'ASUGI, l'Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina, ha respinto la richiesta di Martina, nonostante un peggioramento evidente delle sue condizioni di salute. In risposta, Martina ha deciso di presentare un esposto alla procura di Trieste contro i medici per rifiuto di atti d'ufficio e tortura, sostenuta dal collegio legale dell’Associazione Luca Coscioni, coordinato dall’avvocata Filomena Gallo.

La richiesta di assistenza per il suicidio assistito

Martina Oppelli ha fatto appello a più riprese per ricevere assistenza per il suicidio assistito, un tema controverso che genera animati dibattiti in ambito legale ed etico. Secondo le leggi italiane, il diritto alla morte assistita può essere concesso a pazienti che vivono in condizioni patologiche irreversibili e che soffrono in modo intolerabile. Nella sua richiesta, Martina sottolinea il suo stato di salute grave, che è peggiorato nel tempo e l'ha costretta a una vita di sofferenza.

Un'ordinanza del Tribunale di Trieste ha imposto all'ASUGI di riesaminare il caso di Martina, ma l'azienda sanitaria ha continuato a negare il suo accesso al suicidio assistito, ignorando non solo la sentenza del tribunale ma anche la recente decisione della Corte Costituzionale. Questo diniego ha spinto Martina a portare il suo caso nelle sedi legali, in un percorso che ha sollevato questioni sulla libertà di autodeterminazione e il diritto alla dignità.

Le motivazioni legali dell'esposto

L'esposto presentato alla procura di Trieste si basa su argomentazioni elevate dalla legale Filomena Gallo, la quale evidenzia che la continua negazione dell'assistenza violerebbe non solo i diritti di Martina ma integrerebbe anche il reato di tortura. Secondo Gallo, il trattamento subito da Martina dimostra una mancanza di considerazione per le sue condizioni e un abuso di potere da parte dei medici. Il rifiuto è motivato con dubbi sulla reale necessità dei supporti medici, insinuando che Martina non avrebbe bisogno neanche della macchina della tosse, nonostante questa fosse stata precedentemente prescritta dal Servizio Sanitario Nazionale .

Questo comportamento da parte dei medici non solo va contro il buon andamento della pubblica amministrazione, ma limita anche la libertà di scelta della paziente, condannandola a sperimentare sofferenze inaccettabili. La legale ha richiesto alle autorità competenti di esaminare il comportamento dell'ASUGI, affermando che tale rifiuto rappresenta una violazione del principio di dignità umana, come stabilito dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2019.

Le conseguenze del rifiuto e l'azione legale proseguita

Le conseguenze del rifiuto dell'ASUGI sono non solo legali ma anche umane. La situazione di Martina si è aggravata negli ultimi mesi, portando a preoccupazioni severe legate alla sua qualità di vita. L'ASUGI, secondo l'associazione, non si limita a negare un servizio, ma ostacola deliberatamente la volontà di una paziente già in condizioni fragili. Questo potrebbe portare non solo a una sofferenza prolungata ma anche a una situazione in cui Martina potrebbe non essere più in grado di autodeterminarsi riguardo alla somministrazione del farmaco.

Ciò ha sollevato ulteriori interrogativi sul ruolo della sanità pubblica nell'affrontare casi complessi come quello di Martina e sul diritto di una persona di scegliere il proprio destino quando si trova di fronte a malattie terminali. L'Associazione Coscioni ha dichiarato di essere pronta a combattere in ogni sede legale per impugnare la decisione dell'ASUGI, sostenendo fermamente i diritti di Martina e sottolineando l'importanza della dignità quale principio cardine da rispettare in situazioni di vulnerabilità.

In questo contesto, si pone un dibattito più ampio su come la società e le istituzioni possano affrontare le questioni relative alla fine della vita e ai diritti individuali di pazienti che vivono condizioni devastanti. La denuncia di Martina Oppelli rappresenta un caso emblematico che potrebbe gettare nuova luce su una questione tanto delicata quanto urgente.

Ultimo aggiornamento il 29 Agosto 2024 da Marco Mintillo

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