La malattia oculare tiroidea coinvolge decine di migliaia di persone in Italia, con una marcata incidenza nelle donne tra i 30 e i 60 anni. Questa patologia autoimmune spesso sfugge a un riconoscimento tempestivo a causa della sua complessità e dei sintomi iniziali confondibili con altre condizioni oculari comuni. Una nuova campagna di sensibilizzazione ha preso il via per far emergere la realtà di questa malattia, ancora poco nota, e migliorare il percorso diagnostico coinvolgendo specialisti diversi.
Caratteristiche e meccanismi della malattia oculare tiroidea
La malattia oculare tiroidea si presenta come una reazione immunitaria anomala che danneggia i tessuti attorno all’occhio. Gli autoanticorpi attivano processi infiammatori che interessano soprattutto i muscoli extraoculari e il grasso retro-orbitario. Queste alterazioni generano gonfiore, dolore e difficoltà nei movimenti oculari. In casi gravi la vista può rimanere compromessa in modo permanente.
Anche se spesso associata alla malattia di Basedow-Graves, la Ted è clinicamente distinta e non sempre si manifesta contestualmente a disfunzioni tiroidee evidenti. Vi sono pazienti con malattia di Basedow-Graves senza segni oculari e casi di Ted isolata. La complessità immunologica della patologia rende difficile comprendere appieno le cause e richiede studi approfonditi per migliorare gli interventi terapeutici.
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Sintomi più frequenti e difficoltà nella diagnosi precoce
Tra i segnali più evidenti della malattia oculare tiroidea troviamo gli occhi sporgenti e una retrazione anomala delle palpebre. In molti casi si verifica anche diplopia causata dallo strabismo, con una differente gravità tra i due occhi. All’inizio, sintomi come rossore o irritazione possono confondere medici e pazienti, venendo interpretati come forme di congiuntivite o allergie.
Questa sovrapposizione di disturbi causa spesso ritardi nel riconoscimento della malattia, con un impatto negativo sulla conservazione della vista e sulla gestione delle complicanze. Alla luce di ciò, un lavoro di squadra tra medico di base, oculista ed endocrinologo risulta fondamentale. La valutazione multidisciplinare permette una diagnosi più precisa e consente di impostare tempestivamente cure adatte a contenere i danni visivi.
Impatto sulla vita quotidiana e condizioni psicologiche associate
I limiti funzionali della Ted condizionano almeno il 61% dei pazienti nelle attività di ogni giorno. Compiti usuali come guidare, leggere o camminare possono diventare impegnativi e fonte di frustrazione. Oltre agli ostacoli fisici, la malattia provoca un forte disagio psicologico. Studi internazionali segnalano che molti pazienti soffrono di ansia e depressione in misura superiore rispetto alla popolazione generale.
Emma Balducci Gazzotti, ex presidente di un’associazione dedicata ai pazienti di questa patologia, racconta come la Ted abbia compromesso la sua indipendenza e colpito profondamente i rapporti sociali ed emotivi. “La malattia, infatti, coinvolge anche sfera mentale e relazionale, non solo l’occhio.” Per chi vive questa condizione la quotidianità cambia radicalmente, riducendo la qualità di vita.
Iniziative di sensibilizzazione per riconoscere e affrontare la Ted
Per far emergere le difficoltà dei pazienti e favorire una diagnosi più precoce nasce la campagna “Ti presento Ted – malattia oculare tiroidea: guardiamola a vista”. L’iniziativa riunisce associazioni di pazienti, società medico-scientifiche e aziende biotecnologiche. La malattia “parla in prima persona” attraverso una photostory digitale in 8 episodi narrata dall’attore Francesco Pannofino.
Questo progetto mira a dare un’identità chiara alla Ted, spesso confusa con altre condizioni o non riconosciuta. Offre materiali informativi per aiutare pazienti e caregiver a comprendere i sintomi e il percorso medico necessario. La collaborazione tra diverse realtà punta a migliorare la consapevolezza pubblica e a favorire l’accesso a cure più adeguate, evitando ritardi che possono aggravare la prognosi.
Necessità di un percorso clinico organizzato e multidisciplinare
Secondo Alessandra Brescianini, Medical Director di Amgen Italia, la malattia presenta ancora troppe difficoltà diagnostiche e una frammentazione degli interventi. Mancano percorsi specifici e omogenei per affrontare questa complessa realtà clinica. L’assenza di un’identità ben definita ostacola il riconoscimento precoce e il trattamento mirato.
L’obiettivo è creare modalità di cura integrate, dove endocrinologi, oculisti, medici di base e altre figure sanitarie lavorino insieme. Superare la frammentazione oggi presente migliorerebbe le condizioni dei pazienti e ridurrebbe le complicanze gravi. Questa convergenza facilita un controllo accurato e monitoraggi regolari, fondamentali per limitare danni alla vista e disagi associati.
La proposta del team promotore è una gestione strutturata e condivisa della malattia oculare tiroidea, con attenzione anche agli aspetti psicologici e sociali che accompagnano il quadro clinico. Restano aperte le sfide per sviluppare nuove terapie e definire criteri uniformi di diagnosi, necessari a identificare tempestivamente i casi e intervenire in modo efficace.