Londra accoglie il modello italiano per prevenire le morti cardiache improvvise negli atleti

Londra accoglie il modello italiano per prevenire le morti cardiache improvvise negli atleti

Maurizio Casasco discute a Londra il modello italiano per la prevenzione delle morti cardiache tra gli atleti, evidenziando l’importanza della medicina sportiva e la possibilità di applicarlo nel Regno Unito.
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Londra accoglie il modello italiano per prevenire le morti cardiache improvvise negli atleti - Gaeta.it

Maurizio Casasco, presidente della Federazione medico sportiva italiana ed europea, ha recentemente discusso a Londra dell’importante contributo del modello italiano nella prevenzione delle morti cardiache improvvise tra gli atleti. Durante il simposio intitolato “Italy and UK pre-participation screening programme from elite to amateur: a common effort to prevent sudden cardiac death in the young,” che si svolgerà il 28 gennaio, è emerso quanto possa essere utile trasferire le conoscenze italiane anche nel Regno Unito. Questo evento è stato co-organizzato dall’Ambasciata d’Italia nella capitale britannica e dalla Fmsi, in collaborazione con Lord Polak, membro della Camera dei Lords.

Il contesto italiano: leggi e linee guida uniche nel mondo

L’Italia è l’unico Paese al mondo ad avere normative specifiche in materia di idoneità sportiva, in particolare per quanto riguarda la pratica agonistica. La legge, introdotta nel 1982, ha portato all’elaborazione di linee guida nel 1983, in cui la Fmsi ha giocato un ruolo cruciale. Questo ente è l’unica società scientifica riconosciuta dal Ministero della Salute nel campo della medicina dello sport e ha collaborato con le società di cardiologia per garantire l’efficacia delle disposizioni.

Secondo una ricerca pubblicata su JAMA, l’implementazione di questo modello ha portato a una riduzione dell’89% delle morti improvvise sul campo di gara tra il 1982 e il 2002. Tali dati indicano non solo un miglioramento rispetto alla popolazione generale, ma mostrano anche che i tassi di mortalità tra gli atleti sono addirittura scesi al di sotto di quelli delle persone sedentarie. Questa evidenza ha suscitato l’interesse di alcuni membri della Camera dei Lords, portandoli a contattare l’Ambasciata italiana per introdurre pratiche simili nel Regno Unito.

La certificazione agonistica in Italia: un sistema di alta specializzazione

Nel nostro Paese, la certificazione per l’idoneità sportiva viene rilasciata unicamente da specialisti di medicina dello sport. La prima scuola di specializzazione in questo ambito è stata fondata nel 1957 a Milano. Casasco sottolinea che dal maggio 2024, tale specialità sarà riconosciuta a livello dell’Unione Europea, un passo significativo per il settore.

Il processo per ottenere l’idoneità agonistica è rigoroso e paragonabile all’ottenimento di una patente di guida. È una certificazione pubblica, emessa in accordo con le regioni e il Servizio sanitario nazionale. La valutazione si concentra non solo sul rischio cardiovascolare, ma anche su altre problematiche specifiche legate agli sport praticati. Ad esempio, un atleta può essere giudicato idoneo per sport come il nuoto o il tennis, ma non per discipline più aggressive come il calcio o il rugby. Questo approccio garantisce un’analisi dettagliata e uno screening completo in base alle caratteristiche del singolo sport e ai rischi associati.

Importanza della prevenzione e ruolo della medicina sportiva

Negli ultimi anni, l’importanza dell’attività fisica nella prevenzione di malattie croniche sta ricevendo sempre maggiore attenzione. Casasco ha citato la sua partecipazione nel 2018 all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove ha sostenuto il ruolo cruciale dello sport nella lotta contro malattie non trasmissibili, comprese quelle cardiovascolari e metaboliche. Il messaggio è chiaro: la pratica regolare di attività fisica può contribuire a ridurre significativi rischi per la salute.

Nel contesto italiano, i ministri Bernini e Schillaci stanno riconoscendo la medicina sportiva come elemento chiave nella strategia di prevenzione. Attualmente, il numero di posti di specializzazione in medicina sportiva è stato incrementato fino a 90, segno di un impegno concreto da parte delle istituzioni e della comunità scientifica. È evidente che il modello italiano non solo rappresenta un’eccellenza nel territorio nazionale, ma ha anche il potenziale di influenzare positivamente le politiche di salute pubblica in altri Paesi.

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