La crescente influenza dei grandi gruppi petroliferi sulle politiche climatiche dell’Unione Europea è al centro di due rapporti recenti che evidenziano un’interazione intensa tra le lobby dei combustibili fossili e i funzionari europei. Negli ultimi cinque anni, sono stati documentati oltre mille incontri tra le principali compagnie del settore e i rappresentanti dell’UE, con un focus particolare sul Green Deal Europeo, il programma ambizioso che mira a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
L’attività di lobbying delle Big Oil in europa
Un nuovo studio pubblicato da Transparency International rivela che le sette principali compagnie di combustibili fossili al mondo, spesso identificate come Big Oil, hanno indotto una significativa attività di lobbying a Bruxelles. Tra il 2019 e il 2024, i rappresentanti di Shell, Total, Eni, Equinor, ExxonMobil, Chevron e BP hanno partecipato a più di mille incontri con funzionari europei. Circa il 67% di questi incontri ha trattato direttamente questioni relative al Green Deal, un elemento chiave della strategia europea per affrontare il cambiamento climatico.
Raphaël Kergueno, senior policy officer di Transparency International, ha sottolineato che la richiesta di maggior investimenti nell’idrogeno e nei sistemi per la cattura e lo stoccaggio del carbonio è stata frequentemente ripetuta durante questi incontri. Queste tecnologie, pur essendo soggette a dibattito e scrutinio, sono ora considerate prioritarie dalla Commissione Europea. Il budget complessivo dedicato da queste grandi aziende all’attività di lobbying è impressionante e si attesta a 64 milioni di euro, posizionando questi attori tra i più potenti a Bruxelles.
Questo coinvolgimento ha portato a interrogativi sulla compatibilità tra gli interessi commerciali degli operatori del settore e gli obiettivi climatici dell’UE. La trasparenza e l’accesso ai processi decisionali restano questioni aperte, cruciale per garantire che le politiche pubbliche non siano indirizzate a beneficio esclusivo dei grandi gruppi.
La cop28 e il potere dei lobbisti
La presenza massiccia dei rappresentanti delle industrie fossili è stata rilevata anche durante la COP28, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutasi a Dubai, dove si è registrato il numero più elevato di lobbisti di questo settore nella storia delle negoziazioni climatiche. Kergueno ha evidenziato che nonostante le aspirazioni per un “phaseout” dei combustibili fossili, le decisioni non hanno portato a risultati concreti in tal senso. Questo scenario fa sorgere dubbi sull’efficacia delle politiche climatiche globali, che sembrano aver subito un rallentamento a causa dell’intensa attività di lobbying delle aziende coinvolte.
La COP28 ha visto un notevole impegno da parte dei rappresentanti dell’industria, i quali hanno partecipato a discussioni cruciali, contribuendo a plasmare le prospettive politiche e le strategie globali. La rilevanza di questa presenza è allarmante, soprattutto in un contesto in cui si cerca di promuovere misure concrete per contrastare le conseguenze devastanti del cambiamento climatico.
La lotta contro l’influenza delle lobby
Un rapporto redatto da Fossil Free Politics, un’iniziativa supportata da diverse organizzazioni ambientaliste, ha ulteriormente documentato come l’industria dei combustibili fossili abbia avuto accesso privilegiato ai decision makers europei. Durante il mandato di Ursula von der Leyen, sono stati registrati quasi 900 incontri tra i membri della Commissione e i lobbisti del settore. Questa interazione ha sollevato preoccupazioni sul potere e sull’influenza che le lobby esercitano nei confronti di politiche climatiche che richiederebbero un intervento urgente.
Kim Claes, attivista di Fossil Free Politics, ha evidenziato che l’industria ha non solo ritardato, ma talvolta bloccato, l’implementazione di misure necessarie per combattere il cambiamento climatico. Inoltre, l’invasione russa dell’Ucraina ha aperto ulteriori porte al settore, consentendo ai gruppi di lobby di entrare nel dibattito sulla risposta dell’Europa alla crisi energetica. Questa situazione ha portato a un rinnovato accesso per le compagnie dei combustibili fossili nella definizione delle politiche e delle strategie di approvvigionamento energetico.
L’UE sembra riconoscere l’importanza di monitorare le attività di lobbying, in particolare in un contesto in cui la trasparenza diventa un aspetto cruciale delle politiche pubbliche. La Commissione Europea, in risposta alle critiche, ha annunciato l’intenzione di rafforzare il suo sistema di trasparenza, sottoponendo tutti i dirigenti a registrarsi nel database delle organizzazioni che cercano di influenzare le decisioni politiche europee. Questo passo è visto come positivo per limitare l’influenza delle lobby sul processo decisionale e per ripristinare la fiducia del pubblico nelle istituzioni europee.
Ultimo aggiornamento il 25 Settembre 2024 da Sara Gatti