Il calo della popolazione in età lavorativa in Italia sta segnando un percorso negativo molto più rapido della media Ocse. Tra il 2024 e il 2060 si prevede una diminuzione drastica degli occupati tra i 20 e i 64 anni, con forti ricadute sull’economia nazionale. Le proiezioni indicano perdite significative in termini di pil pro capite, se non si adottano politiche mirate a mobilitare risorse e a mantenere attivi lavoratori giovani e anziani.
L’impatto demografico sulla forza lavoro e il pil
Secondo il report employment outlook dell’Ocse presentato al Cnel, Italia sarà il paese più colpito dalla crisi demografica nei prossimi decenni. La popolazione in età lavorativa diminuirà di circa 12 milioni di persone, pari al 34% del totale, un ritmo più di quattro volte superiore rispetto alla media dei paesi Ocse, stimata all’8%. Questo declino influenzerà direttamente la quantità di occupati rispetto alla popolazione totale, riducendola di oltre cinque punti percentuali.
Le conseguenze sul pil pro capite sono pesanti: se la produttività del lavoro continuerà a crescere allo stesso ritmo modesto registrato tra il 2006 e il 2019, cioè intorno allo 0,31% annuo, il prodotto interno lordo per abitante sarà in calo costante, perdendo il 22% nel 2060 a un tasso annuo dello 0,5%. Questo suggerisce che senza interventi significativi la crescita economica potrà solo contrarsi, con effetti negativi sul tenore di vita complessivo e sulle capacità di investimento del paese.
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Strategie per aumentare il tasso di occupazione e ridurre il divario di genere
Il documento dell’Ocse individua diverse azioni per attenuare gli effetti della decrescita demografica sull’economia italiana. Una priorità è quella di valorizzare risorse attualmente poco impiegate, con un focus particolare sul divario di genere nell’occupazione che supera i 17 punti percentuali. La partecipazione femminile al mercato del lavoro resta infatti bassa, soprattutto per la quota di donne inattive.
Solo il 20% delle studentesse universitarie sceglie corsi stem, contro il 40% dei ragazzi, un segno di un gap culturale e formativo che influisce sulla futura presenza femminile nei settori scientifici e tecnologici. Per colmare questa differenza, il Cnel e altri enti lavorano a programmi da più di due anni, orientati a migliorare le opportunità di carriera per le donne e a sviluppare politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia.
L’Ocse sottolinea che ridurre il divario di genere nell’occupazione, soprattutto tra i giovani, potrebbe aumentare la crescita annua del pil pro capite di oltre 0,35 punti percentuali entro il 2060, il guadagno più elevato tra i paesi dell’UE. Anche l’immigrazione regolare viene indicata come leva utile per integrare la forza lavoro e ridurre la pressione sul sistema pensionistico.
L’estensione della vita lavorativa per gli over 55
Per fronteggiare l’inverno demografico, è cruciale estendere la permanenza dei senior nel mercato del lavoro. Negli ultimi vent’anni, Italia ha registrato un aumento consistente nei tassi di occupazione tra gli over 55: tra i 55 e i 59 anni il tasso è cresciuto di quasi 32 punti percentuali, più del doppio rispetto al dato medio Ocse, che si attesta a circa 14 punti. Tra i 60 e i 64 anni l’incremento italiano è stato di oltre 25 punti contro i 20 dell’Ocse.
Nonostante questi progressi, la partecipazione lavorativa degli italiani tra i 60 e i 64 anni è ancora inferiore a quella media dei paesi Ocse. Nel 2024, il tasso di occupazione in questa fascia d’età era al 47%, mentre la media Ocse si attestava al 56%. Circa metà dei paesi Ocse registra valori superiori al 60%. Andrea Bassanini, senior economist dell’Ocse, ha evidenziato la necessità di politiche specifiche per aumentare ulteriormente la presenza lavorativa in questa fascia, per contenere le ripercussioni sul sistema previdenziale e sull’economia.
Oltre agli over 55, la partecipazione dei giovani resta un fattore fondamentale. Nel 2024 l’Istat ha rilevato più di 1,3 milioni di giovani Neet , con un’incidenza più che doppia nel mezzogiorno rispetto al nord. Per attrarli e trattenere talenti serve un mix di incentivi, politiche salariali per migliorare i redditi reali e un collegamento più stretto tra formazione tecnica, scientifica e le esigenze concrete delle imprese.
La produttività come fattore chiave per invertire la tendenza
Un altro elemento determinante per la crescita economica futura è la produttività del lavoro. Se l’economia italiana riuscisse a crescere almeno a metà del tasso osservato nei paesi Ocse durante gli anni novanta, intorno all’1% annuo, il pil pro capite potrebbe aumentare dell’1,34% l’anno. Questi numeri testimoniano quanto la produttività abbia un peso decisivo per sostenere il reddito medio e compensare la contrazione demografica.
Tuttavia, l’obiettivo appare difficile da raggiungere. Negli ultimi decenni l’Italia ha mostrato performance modeste, con incrementi annuali contenuti e un rallentamento generale nelle capacità di innovazione e modernizzazione del sistema produttivo. Le sfide sono molteplici e includono investimenti insufficienti in tecnologia, formazione e infrastrutture, elementi necessari per migliorare la competitività delle imprese e la qualità del lavoro.
Il contenuto delle analisi e le proposte dell’Ocse confermano un quadro critico, ma indicano anche alcune strade praticabili, a patto che si adottino scelte coerenti e concertate per risollevare l’occupazione, valorizzare il capitale umano e rilanciare produttività e crescita.