Accordo sui dazi USA-UE, l’Unione italiana vini denuncia perdite per 317 milioni in un anno

Accordo sui dazi USA-UE, l’Unione italiana vini denuncia perdite per 317 milioni in un anno

La Commissione europea e gli Stati Uniti introducono tariffe al 15% sul vino italiano dal 2025, causando perdite economiche stimate in 317 milioni di euro e rischi per produttori, export e competitività.
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L’introduzione di tariffe del 15% sulle esportazioni di vino italiano negli Stati Uniti dal 2025 rischia di causare gravi perdite economiche, mettendo a dura prova produttori e filiera e riducendo la competitività del settore nel mercato statunitense. - Gaeta.it

L’intesa tra la Commissione europea e l’amministrazione degli Stati Uniti ha introdotto tariffe al 15% sulle esportazioni di vino italiano dal primo agosto 2025. Questo intervento ha scatenato preoccupazioni importanti nel settore vinicolo italiano, che rischia di subire danni economici rilevanti nei prossimi mesi. Il presidente di Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi, ha quantificato la perdita prevista intorno ai 317 milioni di euro nell’anno a venire. Le conseguenze si riflettono su tutta la filiera, con impatti diretti su produttori, distributori e consumatori.

Le conseguenze economiche delle tariffe sui vini italiani verso gli stati uniti

L’accordo ha introdotto dazi al 15% sulle bottiglie di vino italiane esportate verso il mercato statunitense. Frescobaldi ha spiegato che, oltre al dazio, un fattore critico è la svalutazione del dollaro che contribuisce ad alzare ulteriormente il prezzo finale del prodotto. La bottiglia che fino a poco tempo fa usciva dalla cantina a 5 euro veniva venduta negli Stati Uniti a circa 11,5 dollari. Oggi, sommando dazio e cambio sfavorevole, il prezzo scatta fino a 15 dollari. Questo aumento comporta un rialzo del costo finale superiore al 50% rispetto alla situazione precedente.

Impatto sui ristoranti e competitività del vino italiano

Nei ristoranti la situazione peggiora ulteriormente: con un ricarico normale, lo stesso vino potrebbe raggiungere addirittura i 60 dollari a bottiglia al tavolo, limitando fortemente la competitività del prodotto italiano rispetto alle offerte di altri paesi. La perdita di terreno sul mercato rischia di tradursi in una riduzione sostanziale della domanda e di conseguenza un calo per le aziende nostrane in un settore che prima della tariffa aveva conosciuto una crescita solida.

L’impatto sull’export italiano rispetto ai principali competitor europei

Unione italiana vini sottolinea come l’Italia sia particolarmente esposta all’impatto dei dazi rispetto a paesi come Francia e Spagna. Il mercato statunitense rappresenta il 24% del valore totale dell’export italiano di vino, contro il 20% per la Francia e l’11% per la Spagna. Inoltre, il modello italiano punta su vini a rapporto qualità/prezzo accessibile: l’80% dei prodotti esportati si colloca in fasce di prezzo popolare, con un costo franco cantina intorno a 4,2 euro al litro.

Questa tipologia di prodotto è più sensibile a incrementi di prezzo come quelli causati dalle tariffe e quindi più soggetta a subire cali di vendite. Solo il 2% del vino esportato rientra nella categoria superpremium, meno vulnerabile alle oscillazioni tariffarie, ma insufficiente a compensare le perdite complessive. Per questo, il danno economico per l’Italia appare più grave rispetto agli altri grandi esportatori europei.

Aree maggiormente esposte e rischi per il 2026

L’osservatorio di Unione italiana vini ha analizzato il rischio di calo produttivo e di fatturato per l’anno in corso e i prossimi, evidenziando un’area critica che riguarda circa il 76% delle bottiglie destinate agli Stati Uniti. Sono circa 366 milioni le bottiglie che si trovano “in zona rossa” per l’impatto delle nuove tariffe.

Regioni e tipologie di vino con i picchi più alti di rischio includono il Moscato d’Asti , Pinot Grigio , Chianti Classico e i rossi toscani e piemontesi con valori tra il 31% e il 35%. Prosecco e Lambrusco registrano rispettivamente il 27% di esposizione. Queste cifre corrispondono a 364 milioni di bottiglie, valutate oltre 1,3 miliardi di euro, pari al 70% dell’export italiano verso gli Stati Uniti.

Proiezioni economiche senza interventi

L’osservatorio avverte che senza riduzioni di margine o interventi correttivi lungo la filiera, il valore dell’export potrebbe tornare ai livelli del 2019, annullando anni di crescita. La filiera deve quindi far fronte a una contrazione del reddito che potrebbe ridurre la capacità competitiva del vino italiano in uno dei mercati più strategici.

La posizione di unione italiana vini sulle misure da adottare

Unione italiana vini ha chiesto al governo italiano e all’UE di valutare misure adeguate per contenere le ripercussioni negative del nuovo regime tariffario. Il segretario generale Paolo Castelletti ha precisato che sebbene il dazio del 15% sia inferiore alle ipotesi iniziali, resta molto elevato rispetto alla situazione pregressa in cui i dazi erano quasi nulli.

Castelletti ha ricordato come la presenza significativa dell’Italia negli Stati Uniti, che è il mercato di sbocco più importante, aumenta la vulnerabilità del nostro settore. L’organizzazione attende il testo finale dell’accordo per una valutazione più completa e un confronto sulle azioni da mettere in campo nei prossimi mesi.

L’introduzione delle tariffe ha cambiato radicalmente il mercato del vino italiano negli Stati Uniti, e le aziende potranno valutare le strategie di risposta necessarie quando saranno noti tutti i dettagli dell’accordo. L’attenzione resta alta su come proseguirà l’andamento delle esportazioni e su possibili interventi di sostegno.

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