Le recenti valutazioni di Ecosistema Urbano 2024 hanno tracciato un quadro allarmante per le città capoluogo di provincia della Calabria. Il rapporto, curato da Legambiente in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore, mette in evidenza un generale peggioramento delle performance ambientali in tutte e cinque le province calabresi. La situazione è tanto più critica se si considera che negli ultimi anni la tendenza era stata più positiva. Cosenza, con il suo 13esimo posto a livello nazionale, è l’unica città a mantenere una posizione relativamente alta, mentre Catanzaro, Vibo Valentia, Crotone e Reggio Calabria si trovano nelle ultime posizioni, evidenziando gravi problematiche legate a risorse naturali e gestione ambientale.
Catanzaro, la città con il calo più drastico
La città di Catanzaro emerge come il caso più critico nella nuova classifica, segnando un calo attorno alle 30 posizioni rispetto all’anno precedente. I fattori che hanno contribuito a questa regressione sono molteplici, tra cui l’elevato consumo idrico. Con ben 280 litri pro capite al giorno, Catanzaro si colloca nel gruppo delle città con i consumi più elevati del Paese, aggravati da perdite di rete che vedono disperdere circa la metà dell’acqua immessa. Questa inefficienza nella gestione delle risorse è un segnale preoccupante, specialmente in un momento storico in cui la sostenibilità dovrebbe essere una priorità.
Oltre alla questione idrica, Catanzaro presenta anche un significativo consumo di suolo, che non è in linea con le reali necessità abitative della popolazione. Questa escursione nello sviluppo urbano ha portato a carenze nel sistema di mobilità sostenibile, rendendo difficile un approccio integrato alla gestione delle risorse ambientali. La situazione di Catanzaro rappresenta un campanello d’allarme non solo per la città stessa, ma anche per la regione intera, che sembra non essere in grado di affrontare le sfide legate alla sostenibilità.
Leggi anche:
La discesa delle altre città calabresi
Le prestazioni di Cosenza, Vibo Valentia, Crotone e Reggio Calabria non sono da meno, con un arretramento di sei posizioni per le prime tre città e quattro per Crotone. Queste città si trovano in una situazione di emergenza relativa alla gestione delle risorse idriche, ciclo dei rifiuti, mobilità sostenibile e consumo di suolo. La preoccupazione è accentuata dal fatto che esse stentano a proporre soluzioni innovative che possano realmente migliorare la qualità della vita degli abitanti.
La presidente di Legambiente Calabria, Anna Parretta, ha sottolineato che “la mancanza di dati da parte dell’Arpa regionale per il monitoraggio della qualità dell’aria” costituisce un elemento di penalizzazione per le città calabresi. Questa carenza di informazioni rende difficile pianificare strategie efficaci per migliorare la salute pubblica e gestire le risorse in modo sostenibile. La situazione appare critica anche sotto il profilo della transitabilità e della sicurezza, con un’infrastruttura che non riesce a rispondere alle esigenze moderne.
Un futuro incerto per la Calabria
I dati presentati nel rapporto evidenziano che ben quattro delle cinque città capoluogo di provincia calabrese si trovano nella parte bassa della graduatoria nazionale. La valutazione complessiva è negativa, riguardando non solo la gestione dell’acqua, ma anche la qualità dell’aria, il ciclo dei rifiuti e l’efficienza energetica. La Calabria si trova, quindi, a un bivio cruciale: affrontare con determinazione la transizione ecologica o rischiare di scivolare ulteriormente nel degrado ambientale.
Il quadro delineato dal rapporto richiede un intervento urgente e strategico da parte delle istituzioni locali, che deve tradursi in politiche più incisive per garantire un futuro sostenibile alla regione. Gli attori coinvolti, dalla pubblica amministrazione ai cittadini, devono collaborare per affrontare queste sfide, altrimenti il rischio di una svolta negativa sarà inevitabile.