Negli ultimi dieci anni, in italia si è registrato un aumento del livello medio d’istruzione dei lavoratori. Eppure, questo miglioramento non ha incontrato, di pari passo, una crescita simile nella domanda di lavoro richiesta dalle imprese. Il risultato è un numero crescente di lavoratori che svolge attività non coerenti con la propria preparazione o percorso di studi. Questo fenomeno, conosciuto come mismatch tra formazione e occupazione, ha ripercussioni evidenti soprattutto sul piano retributivo, con compensi limitati per gli anni di studio extra rispetto a quelli richiesti dal lavoro svolto. Il quadro emerge chiaramente dal rapporto di Area Studi Legacoop e Prometeia basato sui dati OCSE PIAAC del 2022.
L’aumento dell’istruzione media dei lavoratori italiani negli ultimi dieci anni
Secondo la Survey of Adult Skills condotta dall’OCSE, nel 2022 il lavoratore italiano medio ha completato 12,6 anni di istruzione, un aumento significativo rispetto agli 11,3 anni rilevati nel 2011. Questo incremento è stato in gran parte determinato dai lavoratori tra i 35 e 44 anni, che hanno colmato il divario con la fascia più giovane per quanto riguarda il livello di scolarità. Non si tratta però solo di un dato numerico: il progresso coinvolge la qualità e la permanenza nel sistema formativo del Paese.
Crescita e disequilibrio nel mercato del lavoro
La crescita dell’istruzione testimonia una tendenza verso percorsi formativi più lunghi e qualificanti. Da un lato questo può rappresentare un elemento positivo per la competitività generale del mercato del lavoro. Dall’altro porta a un disequilibrio se la domanda di lavoro non si orienta verso ruoli adeguati a questi titoli di studio. Il dato è centrale per capire la natura del fenomeno di sovraqualificazione che si è diffuso con maggiore intensità tra giovani e donne, due categorie che mostrano un allineamento ancora parzialmente mancante tra ciò che hanno studiato e ciò che fanno quotidianamente.
Leggi anche:
Mismatch tra formazione e lavoro: i numeri della sovraqualifica e delle mansioni non corrispondenti
Il rapporto Legacoop-Prometeia mette a fuoco un evidente aumento dei casi di sovraqualificazione: dal 7,8% dei lavoratori sovraqualificati nel 2011 si è arrivati al 12,7% nel 2022. La percentuale di lavoratori con qualifiche inferiori a quelle richieste dal loro lavoro, invece, è diminuita passando dall’11,3% all’8,1%. Per ogni individuo è stata confrontata la durata degli anni di istruzione richiesta rispetto a quella effettivamente conseguita.
Sovraqualificazione, giovani e settori più colpiti
Questa divergenza ha fatto salire la media dei “anni di istruzione in eccesso” a circa 0,8 nel 2022. La dinamica è più marcata soprattutto tra i giovani, che spesso occupano ruoli non allineati al percorso di studi effettuato. Si conferma così un fenomeno strutturale, dove il sistema produttivo italiano fatica a incrociare la domanda con l’offerta di lavoro qualificato, alimentando sacche di lavoratori impiegati in mansioni sottoutilizzate.
Tra i settori con maggior presenza di sovraqualificati spiccano agricoltura, estrazione mineraria, manifattura, commercio, trasporti, servizi di alloggio e ristorazione. Nel primo trimestre del 2023, queste aree presentavano un tasso di posti vacanti pari al 2,3%, superiore a quello del complesso degli altri settori e delle costruzioni, che si attestava rispettivamente all’1,9 e all’1,7%. La presenza di posti ancora disponibili indica una domanda diversa rispetto alle competenze offerte dai lavoratori.
Le ripercussioni del mismatch sulle retribuzioni dei lavoratori
Anche sul piano salariale il divario tra qualifiche e jobs si fa sentire. Nel settore industriale , il valore economico di ogni anno di studio in eccesso rispetto al livello richiesto si attesta al 67% rispetto a un anno di istruzione allineato. Questo significa che l’educazione extra viene riconosciuta, ma con un rendimento minore rispetto all’istruzione strettamente necessaria per il lavoro svolto.
Allo stesso modo, mancare di anni di istruzione richiesti dal ruolo porta a perdite salariali rilevanti, con rendimenti negativi intorno al 50%. Questi dati indicano che la disafferenza tra percorso formativo e lavoro non è solo questione di ruoli non adatti ma ha conseguenze economiche tangibili per i lavoratori.
L’inadeguatezza tra domanda e offerta fa emergere la questione di una riorganizzazione del mercato italiano, dove migliorare l’incontro tra competenze e richieste rappresenta un passaggio cruciale. Il sommarsi di lavoro sottoqualificato e sovraqualificato segnala nodi ancora da sciogliere in termini di sviluppo professionale e opportunità remunerative, specie in un contesto che vede la formazione crescere ma il sistema produttivo non sempre accompagnare questo progresso.