L’amministrazione Trump ha deciso di eliminare un ingente stock di contraccettivi finanziati dagli Stati Uniti e conservati in un magazzino belga. Il valore complessivo della fornitura supera i 9,7 milioni di dollari . Tra i materiali distrutti figurano dispositivi intrauterini, contraccettivi iniettabili, impianti e confezioni di pillole, tutti acquistati sotto contratti USAID gestiti nella precedente amministrazione Biden. Il Dipartimento di Stato ha motivato la mossa facendo riferimento alla cosiddetta politica di Città del Messico, che vincola i fondi federali americani a non sostenere organizzazioni coinvolte in servizi legati all’aborto, nonostante i contraccettivi in questione non provochino aborti.
La decisione e la politica di città del messico dietro la distruzione dei contraccettivi
Il Dipartimento di Stato ha indicato come motivo della distruzione il rispetto della politica di Città del Messico, una regola adottata dalle amministrazioni repubblicane che vieta l’uso di fondi federali per attività che includano servizi abortivi o l’appoggio a organizzazioni che li praticano. L’operazione riguarda materiali già acquistati da USAID in passato, ma ora ritenuti incompatibili con questa linea politica.
Il deposito si trova in Belgio e contiene più di 50.000 dispositivi intrauterini, quasi 2 milioni di dosi di contraccettivi iniettabili, circa 900.000 impianti sottocutanei e oltre 2 milioni di confezioni di pillole anticoncezionali. Questi forniture sono state comprate in epoca Biden per supportare programmi di pianificazione familiare in diversi Paesi, specialmente quelli in via di sviluppo. La scelta di distruggere queste scorte ha generato immediati contrasti, interpellando il valore della salute pubblica e dei diritti riproduttivi a livello internazionale.
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Il costo della distruzione si aggira attorno a 167.000 dollari , ma il governo Trump sostiene che questo consentirà un risparmio di circa 34 milioni di dollari legato alla cancellazione di ordini futuri di materiali simili.
Reazioni contrastanti: il ruolo delle senatrici e la denuncia delle ongs
Due senatrici, Jeanne Shaheen e Lisa Murkowski , hanno inviato un messaggio fermo al segretario di stato Marco Rubio per chiedere la revoca immediata della decisione. Considerano i contraccettivi come un elemento centrale dell’assistenza umanitaria, in grado di ridurre gravidanze non programmate e aborti rischiosi, migliorare la condizione sanitaria delle donne e abbassare la mortalità materna e infantile nei paesi più esposti. Nel loro appello hanno sollecitato di trasferire i beni a organizzazioni capaci di garantirne la distribuzione a livello globale.
Anche rilevanti organizzazioni internazionali come UNFPA , International Planned Parenthood Federation e MSI Reproductive Choices avevano manifestato la disponibilità a prendere in carico o ridistribuire i materiali. Questi tentativi però non hanno ottenuto risposte ufficiali dal governo Usa. Micah Grzywnowicz, direttore regionale di IPPF, ha definito la scelta “una mancanza totale di empatia”, sottolineando l’assurdità di distruggere scorte vitali in un contesto dove la domanda di contraccettivi è elevata. Sarah Shaw, di MSI Reproductive Choices, ha aggiunto che la decisione ha danneggiato la catena globale di approvvigionamento dei contraccettivi, in quanto gli Stati Uniti rappresentano il maggiore donatore mondiale in quella materia.
Impatto globale e cifre chiave sulla distribuzione dei contraccettivi
Secondo uno studio del Guttmacher Institute, la fornitura eliminata dal magazzino belga avrebbe potuto offrire protezione contraccettiva ad oltre 650.000 donne per un anno. Se distribuita su un periodo da tre a dieci anni, avrebbe garantito accesso a circa 950.000 donne. Questi dati evidenziano il peso concreto dei contraccettivi sul controllo delle nascite e sulla salute riproduttiva femminile.
La distruzione comporta non solo una perdita finanziaria, ma anche un impatto diretto sui programmi internazionali che dipendono dai finanziamenti statunitensi. Quei contraccettivi avrebbero raggiunto molti paesi con difficoltà nelle reti sanitarie, contribuendo a evitare gravidanze indesiderate e problemi legati alla maternità. Il rifiuto di trasferire o donare il materiale ha lasciato vuoti difficili da colmare in certe aree del mondo, facendo discutere le organizzazioni sulla coerenza e sul senso delle politiche americane in materia di salute globale.
Il costo finale per la distruzione supera i 160.000 dollari, ma l’amministrazione sostiene questa spesa come necessaria per bloccare forniture future e contenere la spesa federale in campo sanitario internazionale. Le critiche sul terreno politico e umanitario restano forti e testimoniano il dibattito acceso sull’uso dei fondi pubblici per la pianificazione familiare e i servizi collegati.