Nel cuore del Salento, tra estati assolate e ricordi indelebili, si cela una narrazione che commuove e fa riflettere. La storia di Carmela Montinaro, madre di Antonio, caposcorta di Giovanni Falcone, emerge grazie all’ispirazione di un tema scolastico di una studentessa. Con l’interpretazione intensa di Ottavia Piccolo e la regia delicata di Carmen Giardina, nasce “Un figlio“, un cortometraggio che ci conduce in un viaggio di memoria e impegno civile, pronto a debuttare il 7 marzo nei festival e nelle sale.
Il ricordo di Carmela Montinaro
Carmela Montinaro non è solo una madre che ha vissuto il dolore della perdita, ma una donna che ha trasformato quel dolore in una testimonianza di dignità. Durante un’intervista, la nipote Elisabetta Zecca racconta: “Mia nonna non mi parlava mai della morte di zio Antonio, ma sempre della sua vita.” Queste parole denunciano un desiderio di celebrazione di un passato che non deve essere dimenticato. La famiglia di Elisabetta ha seguito da vicino la realizzazione del film, che ha incorporato anche elementi di commedia pugliese, come la tradizionale dolcezza dei pasticciotti, portati sul set.
Il film è un affresco di vita che sfida il pubblico a non dimenticare la storia di chi si è sacrificato. Carmela, stanca di vedere il nome di suo figlio prevalere unico in un elenco di poliziotti, rivendica il diritto di ogni vittima di essere ricordato come individuo. A ricordarlo è Nando Della Chiesa, presidente onorario di Libera, il quale racconta di un incontro con lei che ha segnato un punto di svolta. Da quel momento, Libera si impegna affinché ogni vittima della mafia venga ricordata con un nome e non solo come un numero.
Un corto che fa la differenza
“Un figlio” non è solo una storia personale, ma un pezzo di memoria collettiva che invita gli spettatori a riflettere. Ottavia Piccolo, interpretando Carmela, riesce a incarnare il dolore e la resilienza di una madre che ha perso tutto, ma non la sua dignità. L’attrice, entusiasta del progetto, sottolinea l’importanza di rappresentare la verità dei fatti e delle emozioni legate alle vittime della mafia. La sua performance, sebbene breve, è carica di significato e riesce a trasmettere un messaggio potente di empatia e solidarietà a chi ha vissuto esperienze simili.
All’evento di presentazione del film presso Palazzo Marino, la regista Carmen Giardina ha sottolineato quanto sia stato fondamentale coinvolgere la famiglia Montinaro nel progetto. Le riprese, immerse in una realtà che ricorda e onora il passato, hanno unito attori e protagonisti reali in un’esperienza condivisa. Questo connubio ha trasformato il dolore privato in una narrazione che appartiene a tutti, presentando la storia di Carmela come un monito e un esempio di lotta contro l’oblio.
Memoria collettiva e impegno contro la mafia
La narrazione di Carmela Montinaro si inserisce in un contesto più ampio, quello delle vittime innocenti della mafia. La prima giornata della memoria, tenutasi a Roma nel 1996, ha visto la lettura di circa 300 nomi. Oggi, quel numero è cresciuto esponenzialmente per raggiungere i 1101 nomi, con la lista che sarà letta a Trapani il prossimo 21 marzo. Queste storie, spesso dimenticate, tornano a vivere grazie all’impegno delle famiglie e delle associazioni come Libera, che si battono per preservare la memoria e l’identità di ogni singola vittima.
Il cortometraggio “Un figlio” si fa portavoce di questo impegno, aggiungendo un tassello alla memoria collettiva italiana. Sebbene la durata sia di soli 9 minuti, il corto riesce a condensare un messaggio profondo e universale, invitando ciascuno a riflettere sulla realtà delle vittime della mafia. Carmela Montinaro, con la sua storia, diventa simbolo di una lotta ben più grande, quella di tutti coloro che hanno perso i propri cari e che continuano a chiedere giustizia e riconoscimento.