La salute mentale è un argomento che ha guadagnato crescente attenzione negli ultimi anni, specialmente in relazione ai fattori sociali che influenzano il nostro benessere. Secondo recenti studi, la plasticità del cervello e le sue reti neurali giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo della vulnerabilità e della resilienza individuale. La dott.ssa Gemma Calamandrei, direttrice del Centro di riferimento per le scienze comportamentali e la salute mentale dell’Istituto superiore di sanità , ha esplorato come questi elementi siano strettamente interconnessi, sottolineando l’importanza di un approccio integrato alla salute mentale.
L’approccio one health e la salute mentale
Un cambio di paradigma nel modo in cui concepiamo la salute è rappresentato dal modello One Health, che interconnette salute umana, animale e ambientale. Questo approccio ha stimolato una riflessione profonda sulla salute, evidenziando che non è possibile separare la psiche dalle variazioni biologiche che accadono nel nostro cervello. La dott.ssa Calamandrei ha affermato che la plasticità cerebrale, ovvero la capacità del nostro cervello di adattarsi e riorganizzarsi, è cruciale nei primi anni di vita. I primi anni sono fondamentali per lo sviluppo delle basi biologiche che possono portare alla vulnerabilità o alla resilienza.
La psiche è influenzata da fattori esterni e interni, e il modo in cui affrontiamo le difficoltà è spesso plasmato dalle esperienze vissute nei primi anni. Diversi approcci, come quelli della neurologia, psichiatria e psicologia clinica, devono convogliare verso una comprensione più ampia delle esperienze di vita. Questo è fondamentale per affrontare in modo integrato le problematiche legate alla salute mentale, comprendendo quanti più elementi possibili che influenzano il nostro stato psicologico e fisiologico.
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Epigenetica e determinanti sociali
La dott.ssa Calamandrei ha posto l’accento sulle determinanti sociali come fattori che influiscono sulla salute mentale. La povertà, le difficoltà scolastiche, la mancanza di relazioni sociali e la solitudine emergono come fattori di rischio significativi. Grazie all’epigenetica, ora sappiamo che le esperienze sociali e ambientali possono modificare il nostro patrimonio genetico, influenzando così il funzionamento del sistema nervoso centrale.
Queste determinanti non sono solo statistiche, ma si intrecciano con il vissuto dei singoli, influenzando le reti neurali e il modo in cui affrontiamo le avversità. Ad esempio, le persone che crescono in contesti di svantaggio possono sviluppare risposte biologiche disfunzionali, ma attraverso il supporto sociale e interventi mirati è possibile promuovere delle variazioni positive. È necessario sviluppare modelli che permettano di comprendere come le esperienze sociali si riflettano nel nostro cervello, avendo sempre in mente l’importanza della prevenzione e del trattamento.
Innovazioni e trattamenti integrati nella salute mentale
Nell’era della digitalizzazione, l’intelligenza artificiale si presenta come una risorsa preziosa per la ricerca in ambito sanitario. Analizzando grandi quantità di dati, possiamo accumulare conoscenze che possono contribuire a migliorare la ricerca di base, epidemiologica e clinica. La dott.ssa Calamandrei ha sottolineato come la ricerca clinica stia progressivamente aprendo nuove strade, proponendo metodologie innovative per affrontare le malattie mentali.
Non molti anni fa, uno studio pubblicato su Nature rivelava che l’assunzione di ansiolitici durante sedute di psicoterapia attivava le stesse aree del cervello. Questo evidenzia il potere delle parole, dell’empatia e del dialogo nel modificare lo stato di una rete neurale. Si tratta quindi di esplorare trattamenti integrati che uniscano approcci biologici a quelli psicosociali, mirando a migliorare il benessere globale della persona.
Con l’aumento della conoscenza rispetto ai meccanismi biologici e alle influenze ambientali, diventa cruciale sviluppare strategie terapeutiche che comprendano sia il trattamento farmacologico sia l’intervento psicosociale. Questo non solo permette di affrontare i sintomi, ma contribuisce anche a costruire una rete di supporto che promuove la resilienza nei pazienti.