La rimozione del piano terapeutico per le gliflozine semplifica cure e riduce le liste d’attesa

La rimozione del piano terapeutico per le gliflozine semplifica cure e riduce le liste d’attesa

La modifica normativa in Italia permette ai medici di base di prescrivere gliflozine per la malattia renale cronica, facilitando l’accesso alle cure, riducendo i tempi e migliorando la gestione clinica e sanitaria.
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La nuova normativa italiana consente ai medici di base di prescrivere direttamente le gliflozine per la malattia renale cronica, semplificando l’accesso alle cure, riducendo i carichi burocratici per i nefrologi e favorendo interventi precoci per migliorare la qualità di vita dei pazienti e la sostenibilità del sistema sanitario. - Gaeta.it

La recente modifica normativa sull’accesso alle gliflozine, farmaci chiave nel trattamento della malattia renale cronica, ha eliminato l’obbligo del piano terapeutico prescritto dallo specialista. Questo cambiamento, ufficializzato dall’Agenzia italiana del farmaco , consente ai medici di base di prescrivere direttamente questi farmaci, favorendo un accesso più rapido alle cure. La malattia renale cronica interessa una fetta significativa della popolazione, soprattutto persone sopra i 55 anni con comorbidità come diabete e ipertensione, e ha un impatto rilevante sulla spesa sanitaria nazionale. Nel testo approfondiremo le implicazioni di questa nuova norma, l’importanza delle gliflozine e le strategie di screening che si stanno sviluppando in Italia.

Semplificazione prescrittiva e impatto sul lavoro dei nefrologi

Prima della modifica normativa, i nefrologi erano tenuti a compilare piani terapeutici ogni 6-12 mesi per ciascun paziente che richiedeva la prescrizione di gliflozine. Questo comportava un carico amministrativo che sottraeva tempo prezioso sia alla visita medica che alla gestione di nuovi pazienti. Luca De Nicola, presidente della Società italiana di nefrologia, spiega che la rimozione di questo obbligo burocratico consente agli specialisti di dedicarsi in modo più profondo all’assistenza clinica. Questo tempo liberato permette di migliorare la qualità delle visite oppure di aumentare il numero di pazienti visitati, contribuendo di fatto a ridurre le lunghe liste d’attesa che caratterizzano la nefrologia.

Benefici per il paziente e il sistema sanitario

Per il paziente significa un accesso semplificato alle terapie. La prescrizione diretta da parte del medico di medicina generale evita passaggi intermedi che talvolta rallentavano l’avvio di trattamenti efficaci. In questo modo, si cerca un bilanciamento tra efficacia clinica e sostenibilità del sistema sanitario, soprattutto in un ambito come quello delle malattie renali croniche, dove un intervento precoce è cruciale per modificare il decorso della patologia.

Le gliflozine e il loro ruolo nella malattia renale cronica

Le gliflozine sono disponibili da circa quindici anni ma in Italia erano poco prescritte a causa delle barriere amministrative. Questi farmaci riducono la progressione della malattia renale cronica fino al 40%, ritardando l’inizio della dialisi anche di venti anni quando somministrati nelle fasi iniziali. De Nicola sottolinea che il vantaggio principale si ottiene avviando la terapia presto, quando la funzionalità renale è ancora intorno al 60%, ma anche iniziare in fasi più avanzate offre comunque benefici importanti, posticipando la necessità di ricorrere alla dialisi e migliorando la qualità di vita del paziente.

La malattia renale cronica interessa molte persone, spesso senza che esse ne siano consapevoli. La capacità di interrompere o rallentare il suo avanzamento con farmaci come le gliflozine rappresenta un punto di svolta nella gestione clinica. Questi trattamenti hanno un costo contenuto, circa 0,80 euro al giorno, e non rientrano nel budget tipico dei farmaci a alto costo che richiedono controlli severi. Per questo la loro distribuzione in fascia A e l’accesso facilitato diventano una questione di salute pubblica.

Dati sul costo e diffusione della malattia

La malattia renale cronica è riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della sanità come un’emergenza sanitaria globale, con una crescita costante dei casi in particolare nella popolazione anziana e in chi presenta fattori di rischio quali ipertensione, diabete e obesità. In Italia, si calcola che la malattia possa diventare in futuro una delle principali cause di morte. Questa patologia cronica porta a complicazioni severe e il trattamento in fase terminale con la dialisi genera spese elevate: ogni paziente in dialisi costa circa 50mila euro all’anno, per un totale di 2,5 miliardi di euro spesi dallo Stato per circa 45mila persone.

Il peso economico è significativo considerando che la popolazione in dialisi rappresenta solo lo 0,08% del totale, ma assorbe il 2,5% delle risorse del Fondo sanitario nazionale. Questo dato sottolinea l’urgenza di interventi precoci in grado di ridurre il numero di pazienti che arrivano alla dialisi, una priorità per la sostenibilità del sistema sanitario pubblico.

Nuove strategie di screening per la diagnosi precoce

In Italia si sta lavorando per introdurre una legge che obblighi a uno screening per la malattia renale cronica nei soggetti a rischio, iniziativa alla quale partecipano anche esponenti politici come Giorgio Mulè, Anna Rita Patriarca e Ugo Cappellacci. Lo screening mira a sottoporre a semplici esami, come creatininemia ed esame delle urine, persone tra 55 e 75 anni con fattori di rischio predefiniti. Questi test hanno un costo basso e permettono di identificare precocemente soggetti con danno renale che altrimenti rimarrebbero non diagnosticati.

Solo una minoranza di pazienti conosce la propria condizione renale quando la malattia è in uno stadio già avanzato. La scoperta precoce favorisce un invio tempestivo dallo specialista e l’avvio precoce di trattamenti come le gliflozine. L’Italia potrebbe così diventare il primo paese al mondo a integrare uno screening obbligatorio multidisciplinare per questa patologia. La riduzione del ricorso alla dialisi, conseguente a una diagnosi e cura tempestive, si tradurrà in meno ricoveri e complicanze cardiovascolari legate alla insufficienza renale.

Superare l’inattività clinica per accelerare le prescrizioni

Il termine “inertia terapeutica” descrive il ritardo nel prescrivere trattamenti efficaci a causa di ostacoli burocratici o problemi organizzativi. Nel caso delle gliflozine, si traduceva nel rimandare la prescrizione alla prossima visita per la necessità di compilare numerosi moduli. Lo sforzo di semplificare la prescrizione col nuovo decreto permette ai vari medici, tra cui di base, diabetologi e nefrologi, di avviare tempestivamente la terapia alla prima occasione.

Questo comportamento riduce il rischio di soprassalti sulla funzionalità renale e aumenta la possibilità di evitare il ricorso alla dialisi. Oltre alle gliflozine, altri farmaci come il finerenone e il semaglutide mostrano potenzialità di arrestare la progressione della malattia. Questi progressi spostano il paradigma da una patologia “cronica e progressiva” a una condizione cronica che può entrare in remissione se trattata correttamente.

Gli sviluppi attuali mostrano come l’attenzione a semplificare le procedure e migliorare la tempestività delle cure possa modificare l’andamento di una malattia fino a poco tempo fa considerata inesorabile. Il mondo della nefrologia italiana è impegnato in questa sfida, con l’obiettivo di migliorare la vita di migliaia di persone e contenere i costi per il sistema sanitario.

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