La recente scoperta della morte di due orsi giovani nell’invaso artificiale di colle rotondo a Scanno, in provincia dell’Aquila, ha riportato alla luce la fragilità della popolazione di orso bruno marsicano. Il dato, emerso il 7 maggio 2025, spinge a riflettere sulle condizioni di una specie endemica che vive in un’area ristretta dell’Appennino centrale e che sembra attraversare un momento complicato per la sua sopravvivenza, influenzata da fattori legati sia all’ambiente che alle attività umane.
Riflessioni sull’aumento delle morti e la precarietà della popolazione di orso marsicano
Corradino Guacci, presidente della Società italiana per la storia della fauna con sede a Baranello, ha evidenziato come le morti di orsi marsicani stiano crescendo in modo preoccupante. Solo nell’ultimo anno, i decessi accertati sono saliti a cinque, in netto aumento rispetto alla media annuale finora stimata pari a 2,5. Questo tasso già era considerato troppo elevato per una specie così vulnerabile, soprattutto perché circa metà dei cuccioli non raggiunge il primo anno di vita.
Questi numeri confermano la difficoltà di mantenere stabile una popolazione che da tempo lotta per sopravvivere. La pressione esercitata dalle attività umane, come la presenza degli insediamenti e l’impatto sull’habitat naturale, mette a rischio la permanenza di questi orsi. Guacci sottolinea che, dati i risultati, si impone una revisione severa delle politiche di gestione messe finora in atto per salvaguardare la specie. È chiaro che senza un intervento concreto e mirato, il rischio di estinzione locale si fa sempre più concreto.
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La dispersione dei nuovi nati oltre il parco nazionale
Un elemento particolarmente allarmante riguarda la localizzazione dei nuovi nati e i decessi più recenti, avvenuti al di fuori dei confini del parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise . Questo indica un possibile fenomeno di dispersione della popolazione anziché un’espansione controllata all’interno del proprio habitat tradizionale.
Guacci manifesta la speranza che i dati del monitoraggio genetico in corso possano smentire questa ipotesi di frammentazione. Tuttavia, la tendenza osservata sembra suggerire una perdita di coesione territoriale di un nucleo già molto ristretto. Un rischio evidente per la continuità della specie, che soffre anche per l’assenza di aree protette sufficientemente vaste o connesse tra loro per garantire una diffusione stabile degli orsi.
La questione della distribuzione geografica viene vista come un segnale di allarme che spinge a riprendere in considerazione strumenti come la creazione di una banca genetica. Questa proposta, avanzata nel 2013 proprio da Guacci e dalla sua società scientifica, potrebbe conservare materiale genetico prezioso, utile per interventi futuri prima che la popolazione si riduca ulteriormente.
Critiche e proposte sulle strategie di conservazione attuali
Il dibattito sul futuro dell’orso marsicano passa anche attraverso un confronto critico con le scelte degli enti preposti alla tutela ambientale. Guacci invita l’Ispra a riconsiderare la sua posizione contraria a un programma di conservazione ex-situ, cioè fuori dal territorio naturale, giudicato poco scientifico fino ad oggi.
In particolare, la proposta di interventi come la traslocazione di esemplari da popolazioni geograficamente vicine, ipotizzata in caso di peggioramento della condizione della popolazione appenninica, viene giudicata rischiosa. L’esperienza del progetto Life Ursus nel Trentino dimostra come queste operazioni siano difficili da realizzare e presentino pericoli per l’integrità genetica della sottospecie marsicana.
Mantenere un’opinione rigida contro queste strategie limita la possibilità di esplorare vie alternative per salvaguardare la specie. Guacci sottolinea che è necessario ripensare le norme per consentire una maggiore libertà d’azione su misure che potrebbero rallentare o fermare il declino. L’idea di una banca genetica resterebbe comunque una strada percorribile e forse necessaria, prima che la riduzione della popolazione renda difficile qualsiasi tentativo di recupero.
L’attuale situazione dell’orso bruno marsicano rimane delicata e i dati recenti sul suo stato di salute evidenziano un bisogno urgente di interventi più incisivi e meno vincolati da rigidità burocratiche. L’attenzione resta alta sulle scelte istituzionali e scientifiche che riguardano la gestione di questa specie simbolo dell’Appennino centrale.