La cassazione conferma il triplo ergastolo per l’omicidio di laura ziliani a temù

La cassazione conferma il triplo ergastolo per l’omicidio di laura ziliani a temù

Il caso di Laura Ziliani si chiude con la condanna a ergastolo di Paola e Silvia Zani e Mirto Milani per l’omicidio premeditato avvenuto a Temù nel 2021, motivato da questioni patrimoniali.
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Il caso di Laura Ziliani, ex vigilessa di Temù, si chiude con la condanna definitiva a ergastolo per le figlie Paola e Silvia Zani e il fidanzato Mirto Milani, responsabili dell'omicidio premeditato avvenuto nel 2021 per motivi patrimoniali. - Gaeta.it

Il caso di Laura Ziliani si chiude dopo anni di indagini e processi. La donna, ex vigilessa di Temù in vallecamonica, sparì nell’estate del 2021, scatenando un’eco mediatica alta. Il delitto, consumato il giorno della festa della mamma, è stato deciso da sua figlia maggiorenne, Paola Zani, insieme alla sorella Silvia e al fidanzato di Paola, Mirto Milani. L’8 maggio 2021 Laura fu uccisa nella sua casa di montagna e il 2025 ha visto la conferma della condanna definitiva a ergastolo per i tre imputati.

Il contesto della scomparsa e il primo approccio alle indagini

Nella primavera del 2021 la scomparsa di Laura Ziliani mise in allarme l’intera comunità di Temù, piccolo centro in provincia di Brescia. Le due figlie, Paola e Silvia Zani, e Mirto Milani si presentarono subito in tv per cercare appoggio pubblico e piangere la scomparsa della madre. Nel frattempo, Milani si confidava con un amico sostenendo una pista di fuga all’estero della donna, ormai “sparita”, tentando così di deviare l’attenzione degli inquirenti. Questi ultimi, tuttavia, scavando a fondo nei rapporti familiari e nella situazione patrimoniale della vittima, si trovarono di fronte a una realtà molto più cupa e stretta attorno a un piano preciso.

Il gruppo – così denominato dagli investigatori “trio criminale” – si era liberato dei telefoni cellulari proprio per evitare tracce digitali compromettenti. La scomparsa si rivelò un omicidio premeditato e agghiacciante, consumato a Temù, nel giorno dedicato alle mamme, prima con la somministrazione di benzodiazepine che immobilizzarono Laura, poi con un soffocamento manuale. Il corpo fu nascosto sotto terra lungo il fiume Oglio, vicino al luogo che era sotto la sua proprietà.

Modalità del delitto e movente economico

L’omicidio di Laura Ziliani rappresenta un episodio di violenza calcolata e fredda. Secondo l’ordinanza di custodia cautelare del 2021, la donna fu prima sedata con benzodiazepine mentre si trovava nel suo letto. Lo stordimento non le lasciò scampo: le sorelle Zani e il fidanzato usarono le mani per soffocarla, un gesto diretto, privo di strumenti, che segnò una morte lenta e durata qualche minuto. Il crimine si colloca nel giorno di festa dedicato alle mamme, aggiungendo un peso emotivo forte.

L’intento era chiaro già dalle indagini iniziali. Laura era rimasta vedova da tempo e possedeva vari immobili su cui si concentra lo scontro familiare. L’eliminazione mirava a spartire il patrimonio immobiliare in modo illecito. La pressione economica e la brama di possesso spingevano il trio a pianificare un delitto così crudele, dimostrando la violenza interna nei rapporti tra figli e madre.

Le reazioni della difesa e il rigetto della tesi dell’incapacità mentale

I legali di Paola e Silvia Zani proposero una strategia difensiva basata sull’incapacità di intendere e volere, sostenendo una dinamica collettiva che avrebbe influenzato il comportamento di ciascuno. La teoria, già bocciata nei gradi precedenti del processo, è stata respinta anche in cassazione. Il rigetto di questa linea difensiva fa riferimento a precedenti giurisprudenziali anche di assoluta gravità, per esempio processi contro criminali nazisti.

Il legale di famiglia, Piergiorgio Vittorini, ha rievocato la corte in cassazione e le reazioni dei giudici: sia il consigliere relatore sia il procuratore generale, entrambe donne, hanno mostrato un forte turbamento per le modalità dell’omicidio e la freddezza del trio, che non mostrò pentimento nel mettere fine alla vita di Laura Ziliani. Il particolarissimo contesto culturale e giudiziario sottolinea come non ci sia stata la minima attenuante morale o psicologica accordata ai condannati.

Il ruolo dell’ex compagno di cella di mirto milani nelle indagini

Un contributo decisivo alle indagini è arrivato da una fonte insolita: l’ex compagno di cella di Mirto Milani nel carcere di Canton Mombello. Questa persona, detenuta per reati fiscali, ha acquisito la fiducia di Milani, che inizialmente negava ogni coinvolgimento. Nel tempo si è fatto raccontare la versione dei fatti, in particolare la notte del 8 maggio 2021. Con un memoriale scritto a mano, ha consegnato in procura dettagli fondamentali che hanno schiacciato la difesa.

Le confessioni dei tre accusati arrivarono immediatamente dopo le conclusioni dell’inchiesta, che si basava proprio sulle parole di Milani fornite tramite questo testimone speciale. L’ex carcerato ha definito il suo gesto come un dovere etico da cittadino, confermando di non aver avuto dubbi. Non conosceva personalmente Laura Ziliani, ma nel corso degli anni ha sviluppato un pensiero rivolto alla vittima. Questa svolta interna al carcere ha rappresentato la chiave per chiudere il cerchio e garantire giustizia.

Anche se passati quattro anni esatti dal delitto e dalla sparizione, la sentenza definitiva della cassazione nel 2025 ha messo la parola fine a uno dei casi più oscuri e dolorosi della vallecamonica bresciana. Lo Stato ha confermato la responsabilità e la condanna a ergastolo per il trio responsabile dell’omicidio di una donna che cercava solo di vivere in pace nella sua comunità di montagna.

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