Il voto dei cardinali si concentra su profili curiali e pastori in lizza per il papato

Il voto dei cardinali si concentra su profili curiali e pastori in lizza per il papato

Il conclave in Vaticano vede confrontarsi cardinali di Curia e pastori da diverse regioni, con favoriti come Pietro Parolin e Pablo Virgilio David, mentre si cerca un papa pastore per guidare la riforma della Chiesa.
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Il conclave vaticano si avvicina tra tensioni e candidati favoriti, con un equilibrio tra curiali, pastori e outsider, mentre i cardinali cercano un papa pastore capace di guidare la riforma di Francesco. - Gaeta.it

Negli ultimi giorni la tensione in Vaticano è cresciuta con l’avvicinarsi del conclave, dove il popolo cattolico attende di conoscere il prossimo pontefice. Le riunioni a Santa Marta si sono susseguite serrate, dando modo ai cardinali di confrontarsi su nomi e strategie. Tra i grandi favoriti emergono figure legate alla Curia e altre più legate al governo pastorale della Chiesa, con alcune sorprese provenienti da varie aree del mondo.

La cena a santa marta e le prime convergenze sui candidati più forti

La serata di ieri a Santa Marta è stata breve ma intensa. Nonostante il poco tempo, i cardinali hanno potuto scambiarsi opinioni sull’esito del voto preliminare. Si sono delineati così alcuni nomi che sembrano aver raccolto consensi più solidi. Tra questi spiccano due “curiali”: il cardinale Pietro Parolin, già segretario di Stato, e l’americano Robert Francis Prevost. Entrambi vantano una lunga esperienza nelle stanze del potere vaticano e rappresentano opzioni di continuità nell’ambito della Curia Romana.

Pastori e papabili da diverse regioni

Accanto a loro ci sono porporati con ruoli nel governo di papa Francesco, e cardinali diocesani detti “pastori”, ovvero quelli impegnati direttamente nelle diocesi, spesso più vicini alla vita quotidiana della Chiesa locale. Tra i papabili pastori ci sono italiani come Matteo Zuppi e Pierbattista Pizzaballa, così come il francese Jean Marc Aveline e l’ungherese Peter Erdo.

Non è passato inosservato un nome emerso negli ultimi incontri: il cardinale filippino Pablo Virgilio David, 66 anni, vescovo di Kalookan. David è poliglotta, sta completando il suo secondo mandato come presidente della conferenza episcopale filippina ed è vice-presidente di quella asiatica. La sua candidatura viene vista da alcuni come una possibile “carta asiatica”, simbolo di una Chiesa più orientata verso oriente, tema caro a papa Francesco. Questa ipotesi però non ha raccolto unanimità tra i cardinali.

Le indicazioni dei cardinali: un papa pastore pronto a guidare la riforma

Nel corso delle congregazioni generali i cardinali hanno tracciato un profilo mentale del prossimo pontefice. Hanno sottolineato con forza la necessità che sia un “pastore”, cioè una guida che sappia prendersi cura della comunità. Al tempo stesso hanno auspicato che possa continuare e portare avanti il lavoro di riforma avviato da Francesco.

Questa doppia richiesta amplia il campo delle possibili scelte, lasciando spazio a candidati diversi per stile e provenienza. Il concilio resta quindi aperto e la rosa dei papabili potrebbe rimanere abbastanza ampia. In effetti, sulla base delle votazioni in corso, si prevede che per la pausa di giovedì non si arrivi a una decisione definitiva. La procedura potrebbe così proseguire fino al pomeriggio del 9 maggio, quando dovrebbe arrivare l’elezione.

Confronto con le elezioni precedenti

La speranza di un conclave rapido, chiuso in due giorni com’è accaduto nelle ultime due elezioni, sembra ormai lontana. Nel 2005 e nel 2013 le condizioni erano diverse: in quegli anni c’erano già papabili con maggioranze consolidate. Nel 2005 Joseph Ratzinger aveva raccolto ampio consenso prima del conclave e rappresentava una scelta praticamente unanime. Le alternative erano poche e, per esempio, il cardinale Carlo Maria Martini aveva rifiutato ogni candidatura. Nel 2013 invece i nomi più forti erano quelli di Angelo Scola e di Marc Ouellet, ma già Jorge Mario Bergoglio era in crescita e nel secondo pomeriggio venne eletto.

I progressisti al centro della partita mentre cresce il ruolo degli outsider

Se al termine della giornata non si arriverà a un nome vincente, si ipotizza che la scelta possa cadere su candidati outsider come Pablo Virgilio David. Questi potrebbero raccogliere il consenso del cosiddetto campo progressista, che rappresenta la maggioranza dei cardinali. Questo gruppo è favorevole a proseguire la linea disegnata da Francesco e appare solido negli equilibri interni.

Al contrario, i conservatori non dispongono di numeri sufficienti per bloccare la scelta, a meno di una coalizione straordinaria capace di mettere insieme almeno 50 voti. Il quorum per l’elezione richiede infatti almeno due terzi dei presenti, circa 89 voti.

In questo contesto il conclave si presenta più aperto e meno prevedibile. L’ampia presenza di cardinali provenienti da diverse realtà locali, spesso con poca dimestichezza con le pratiche della Curia, rende il confronto ancora più complesso. L’esperienza in Curia si è affievolita soprattutto nelle generazioni più anziane, che non partecipano più al voto. Così i nuovi porporati delineano un quadro diverso da quello degli ultimi decenni.

La partita per il papato resta dunque incerta. Il conclave a Roma mantiene la sua tradizione di svolgersi in segreto e senza pressione esterna, un laboratorio chiuso dove si scontrano voci, opinioni ed equilibri da tutto il mondo cattolico. Le prossime ore saranno decisive per capire se l’accordo si troverà rapidamente o se le votazioni si prolungheranno per il futuro della Chiesa e del suo ruolo in un mondo sempre più complesso.

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