Il dibattito sul salario minimo in Italia torna spesso al centro delle discussioni politiche e sindacali. Un recente approfondimento della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro mette in luce come la contrattazione collettiva svolga un ruolo fondamentale nel garantire retribuzioni competitive e protezioni economiche. Questo studio confronta la struttura della retribuzione italiana con quella di altri cinque Paesi europei, evidenziando differenze importanti nell’approccio alla tutela dei lavoratori.
Il ruolo della contrattazione collettiva nella retribuzione italiana
Secondo la Fondazione Studi, il sistema che regola i salari in Italia si fonda su una rete articolata di contratti collettivi nazionali del lavoro solidi e diffusi. Questi contratti coprono un ampio numero di lavoratori, assicurando un livello di tutela in termini economici che in alcuni casi supera quello garantito dall’introduzione di un salario minimo legale. La contrattazione colombina non si limita a fissare minimi orari ma definisce tutta la struttura della retribuzione, includendo elementi come le indennità, le mensilità aggiuntive e il trattamento di fine rapporto . Questi istituti, parte integrante della normazione contrattuale, danno ai lavoratori un quadro più completo rispetto a molti paesi europei, dove invece la normativa sul salario minimo è più rigida ma non prevede simili benefici.
Un modello con copertura estesa
Il punto di forza del modello italiano sta nella copertura estesa della contrattazione: i sei principali CCNL in uso sono applicati a milioni di dipendenti e offrono una protezione che va oltre il semplice salario mensile. Il sistema si basa su un equilibrio istituzionale costruito nel tempo, che assicura protezioni economiche su più livelli. A titolo di esempio, in Francia, Germania, Romania, Spagna e Svezia non è prevista per legge né la tredicesima, né la quattordicesima mensilità o il trattamento di fine rapporto. Questo significa che un confronto basato solo sui minimi salariali orari rischia di essere parziale, mancando di cogliere il valore complessivo della retribuzione percepita dai lavoratori italiani.
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Perché il confronto con altri paesi europei è importante
Il rapporto della Fondazione Studi include un confronto con cinque Stati europei scelti per rappresentare aree diverse dell’Unione: paesi mediterranei, centro-europei e quelli del nord. Questo consente di avere un quadro più ampio sulle diverse modalità con cui le retribuzioni vengono determinate. In questi paesi, i contratti collettivi hanno un peso e una diffusione variabile, e la loro efficacia nella tutela dei salari dipende dalla forza delle istituzioni sindacali e dalla legislazione vigente.
L’impatto della contrattazione collettiva sulla stabilità salariale
L’analisi mette in evidenza come negli ambienti dove la contrattazione collettiva ha un ruolo centrale, la stabilità dei salari e la loro equità risultano più garantite. Nei mercati del lavoro dove manca una struttura forte o dove si affida quasi totalmente al salario minimo per legge la garanzia economica per i lavoratori rischia di essere più debole o meno articolata. Nel caso italiano, invece, proprio grazie all’impianto contrattuale, il reddito complessivo del lavoratore spesso si colloca a un livello pari o superiore a quello minimo stabilito da norme o decreti in altri Stati.
La valutazione dei consulenti del lavoro sui disegni di legge italiani
La posizione dei consulenti del lavoro rispetto all’introduzione di un salario minimo in Italia è contenuta in un documento presentato in commissione lavoro al Senato a maggio 2025. In esso si sottolineano le caratteristiche peculiari del modello italiano, riconosciuto per la sua copertura estesa e il livello di tutela economica che offre. Viene evidenziato che le proposte legislative in discussione, come i disegni di legge numeri 956, 957 e 1237, dovrebbero tenere conto della realtà già consolidata che porta a una retribuzione minima di fatto garantita dalla contrattazione collettiva.
I consulenti spiegano che “integrare un salario minimo legale senza considerare gli altri istituti esistenti potrebbe non aggiungere un valore reale alla protezione economica dei lavoratori.” La normativa italiana prevede già meccanismi di tutela che negli altri Paesi non sempre si trovano e che, a loro volta, determinano un livello di reddito più stabile e articolato. Questo documento rappresenta un contributo tecnico per orientare il parlamento sulla necessità di evitare sovrapposizioni o contraddizioni tra le nuove norme e l’impianto contrattuale che regola il mondo del lavoro.
Caratteristiche distintive della retribuzione italiana rispetto agli altri paesi
Uno dei tratti fondamentali del sistema italiano riguarda la presenza di mensilità aggiuntive e del trattamento di fine rapporto. Questi istituti, normati generalmente dai contratti collettivi e in parte dalla legge, attribuiscono un valore economico che spanisce la mera paga oraria. Ad esempio, in Francia o in Germania, la tredicesima e la quattordicesima mensilità quasi non esistono a livello contrattuale o legale. Lo stesso vale per il trattamento di fine rapporto, che in Italia rappresenta un diritto economico riconosciuto al termine del rapporto di lavoro.
Il valore economico degli istituti aggiuntivi
Questi elementi grazie ad accordi di settore sono diffusi tra i lavoratori e formano una parte sostanziale della retribuzione totale annua. Per questo motivo, quantificare il reddito solo in base al salario minimo legale rischia di non riflettere la realtà effettiva. In termini pratici, un lavoratore italiano spesso riceve un pacchetto retributivo più completo e strutturato. Questo sistema incentiva la stabilità occupazionale e protegge meglio il reddito familiare rispetto ad altre realtà europee, dove l’unica tutela è quasi sempre il salario minimo per legge.
Le differenze non riguardano solo l’aspetto economico ma incidono anche sull’organizzazione del lavoro e sull’equilibrio tra parti sociali. La contrattazione italiana si caratterizza per un ruolo decisionale forte dei sindacati e per la capacità di adattare gli accordi alle specificità di diversi comparti produttivi. A differenza di altri sistemi europei, la retribuzione è quindi il risultato di un negoziato esteso, in cui si confrontano organizzazioni datoriali e sindacali su molti aspetti del rapporto lavorativo.
Il quadro competitivo dei salari in Italia deve quindi essere interpretato tenendo conto di questo modello multilivello dove i minimi per legge sono solo uno dei tanti indicatori. Gli istituti aggiuntivi e la presenza capillare dei contratti collettivi completano il disegno, dando vita a un sistema unico nel contesto europeo.