Il messaggio “li abbattiamo come vitelli” nel carcere di santa maria capua vetere era scritto da agente di san vittore

Il messaggio “li abbattiamo come vitelli” nel carcere di santa maria capua vetere era scritto da agente di san vittore

Nel maxi-processo per le violenze del 6 aprile 2020 al carcere di Santa Maria Capua Vetere emerge che il messaggio “li abbattiamo come vitelli” fu scritto da un agente del carcere di San Vittore a Milano, non presente ai fatti.
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Nel maxi-processo sulle violenze del 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, è emerso che la frase minacciosa “li abbattiamo come vitelli” non fu scritta da agenti presenti ai pestaggi, ma da un poliziotto di un altro carcere, complicando l’interpretazione delle chat come prova di premeditazione. - Gaeta.it

Una frase choc comparsa in una chat pochi giorni prima delle violenze avvenute nel carcere di santa maria capua vetere è stata chiarita durante il maxi-processo in corso. Il messaggio “li abbattiamo come vitelli”, ritenuto simbolo dell’intenzione aggressiva degli agenti penitenziari il 6 aprile 2020, non è stato scritto da chi partecipò ai pestaggi in caserma, ma da un poliziotto in servizio al carcere di san vittore a milano. L’emergere di questo dettaglio modifica alcuni aspetti sulle dinamiche delle comunicazioni tra gli agenti coinvolti e spalanca nuove domande sulle responsabilità all’interno delle chat di gruppo.

Contesto dell’inchiesta e maxi-processo a santa maria capua vetere

Il maxi-processo davanti all’aula bunker del carcere di santa maria capua vetere vede alla sbarra 105 imputati, tra agenti penitenziari, funzionari del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e medici dell’asl di caserta. I fatti oggetto del processo riguardano la perquisizione straordinaria avvenuta il 6 aprile 2020, quando gli agenti fecero irruzione in diverse sezioni della casa circondariale provocando violenze e pestaggi contro i detenuti. La procura ha raccolto prove e testimonianze per ricostruire il susseguirsi degli eventi e le responsabilità individuali.

Le indagini sono state condotte dall’arma dei carabinieri su delega degli inquirenti di caserta, guidati dai pm alessandro milita, alessandra pinto e daniela pannone. Tra i materiali acquisiti vi sono anche le chat di gruppo degli agenti penitenziari, in cui sono emerse frasi che la procura ha valutato come segnali di premeditazione e volontà di punire con violenza i detenuti. In questo contesto è emerso il messaggio più controverso della chat, scritto prima che iniziasse l’irruzione.

L’origine del messaggio “li abbattiamo come vitelli” e le verifiche processuali

Il messaggio incriminato risale alla sera del 5 aprile 2020: “li abbattiamo come vitelli”. Questo testo era contenuto in una chat con 38 partecipanti. Durante l’ultima udienza sono emersi dettagli essenziali, grazie al teste felice izzo, ufficiale di polizia giudiziaria, che ha portato alla luce chi ha scritto realmente quella frase. Non è stata una voce interna al carcere di santa maria capua vetere ma quella di un agente penitenziario in servizio a milano, nel carcere di san vittore. Questi però non ha partecipato alla perquisizione e ai pestaggi del giorno successivo.

Le domande rivolte dal collegio difensivo di leonardi, agente imputato destinato a santa maria capua vetere, hanno chiarito che lo screenshot con la frase shock era presente su un cellulare sequestrato a leonardi, ma era stato scritto da un collega di san vittore. Tale precisazione ha indebolito l’ipotesi di una condivisione diretta di messaggi violenti tra gli agenti in servizio a santa maria capua vetere, modificando l’interpretazione data alla chat.

Il peso delle chat come prova della volontà di aggressione

Nonostante il messaggio non fosse stato scritto da un agente presente nella perquisizione, la procura continua a utilizzare il contenuto delle chat per dimostrare che tra gli agenti vi era una tensione crescente e la volontà di agire in modo violento nei confronti dei detenuti. La frase risulta comunque rappresentativa di un clima tra gli operatori penitenziari in quella fase delicata.

Il fatto che il messaggio fosse in una chat con molti partecipanti che includevano agenti in servizio a santa maria capua vetere fa ritenere che fosse stato letto o condiviso da più persone. Ciò lascia aperti dubbi sulla natura delle comunicazioni e sui ruoli che diverse figure professionali hanno avuto nella preparazione o nella tolleranza di certi comportamenti.

Questa dinamica pone nuovi interrogativi su come si siano formate le “alleanze” nelle chat e quanto effettivamente esse abbiano influito sui fatti di sangue del 6 aprile 2020. Il processo continuerà a scandagliare questi punti, ascoltando altre testimonianze e valutando nuovi elementi.

Ruolo chiave del pm e delle indagini su chat e messaggi

I pubblici ministeri milita, pinto e pannone hanno basato parte della loro accusa proprio sull’esame dettagliato delle chat scambiate tra gli agenti. Grazie all’esame tecnico e alle dichiarazioni degli inquirenti, è stato possibile ricostruire il flusso comunicativo in quei giorni, circoscrivendo con precisione chi ha scritto cosa e quando.

Il lavoro dell’ufficiale di polizia giudiziaria felice izzo si è rivelato imprescindibile per mettere ordine in questo materiale complesso e capire la reale origine del messaggio contro i detenuti. Le questioni sollevate dai legali in udienza hanno fatto emergere contraddizioni e dettagli utili al processo, indicando come anche una frase apparentemente minacciosa possa avere autori esterni a quei fatti.

L’intervento degli avvocati de stavola, razzino e barbato ha puntato proprio su questo elemento, tentando di distinguere tra responsabilità e mera presenza nella chat, con evidenti riflessi sul destino degli imputati come leonardi. Questo punto rimane cruciale anche per il percorso giudiziario in atto.

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