L’attenzione internazionale si concentra nuovamente sul carcere di Evin, un luogo noto per la sua triste fama legata a detenzioni arbitrarie e maltrattamenti. Qui si trova attualmente la giornalista italiana Cecilia Sala, simbolo delle violazioni dei diritti umani che caratterizzano questa struttura. Costruito nel 1972, Evin ha attraversato decenni di sofferenza e repressione, rappresentando un capitolo oscuro nella storia dell’Iran.
La storia del carcere di Evin
Sin dalla sua apertura, il carcere di Evin è stato al centro di eventi drammatici. Inizialmente gestito dalla Savak, la polizia segreta sotto il regime dello Shah Mohammad Reza Pahlavi, era destinato a ospitare oppositori politici e dissidenti. Con la rivoluzione islamica del 1979, Evin diventò teatro di nuove repressioni. I filo-monarchici e i dissidenti venivano rinchiusi in celle anguste, dove le condizioni di vita erano già precarie.
Uno dei periodi più bui di questo penitenziario si registrò nell’estate del 1988. Dopo la fine della guerra con l’Iraq, infatti, migliaia di detenuti furono giustiziati in massa. I processi, rapidi e impropri, non facevano altro che alimentare la paura tra i prigionieri e le loro famiglie. Anche le manifestazioni antigovernative del 2009 portarono a un aumento del numero dei detenuti politici: molti furono arrestati dopo le contestazioni in seguito alla controversa rielezione di Mahmoud Ahmadinejad.
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Con il passare degli anni, il carcere di Evin è diventato un simbolo della repressione in Iran. Politici, attivisti e cittadini con doppia nazionalità, come il regista Jafar Panahi e l’attivista per i diritti umani Nasrin Sotoudeh, hanno subito l’ingiustizia di questa struttura. Questi eventi hanno attirato l’attenzione di organizzazioni internazionali, che continuano a denunciare le atrocità perpetrate all’interno delle sue mura.
La sezione 209: il cuore della repressione
Nel penitenziario di Evin, la sezione 209 è nota per essere il luogo più temuto dai detenuti. Gestita dal ministero dell’Interno, questa ala è spesso descritta come un “inferno terrestre”. I prigionieri raccontano di esperienze traumatizzanti, costretti a subire torture fisiche e psicologiche. La luce rimane accesa ininterrottamente, creando un’atmosfera opprimente in cui il sonno diventa un lusso difficile da raggiungere.
Le descrizioni delle torture sono agghiaccianti. I detenuti sono bendati e portati in seminterrati umidi, dove le celle sono sovraffollate e prive di qualsiasi comodità. Ogni giorno fuori dalla cella è un giorno di paura e maltrattamenti. Le organizzazioni per i diritti umani, come Amnesty International, hanno raccolto numerosi casi di violenze subite da prigionieri in questa sezione.
La vita a Evin è una lotta costante per la dignità. Con la testimonianza di ex detenuti, il mondo esterno ha avuto l’opportunità di conoscere i dettagli inquietanti della vita quotidiana in carcere. Gli abusi sistematici e le violazioni dei diritti fondamentali hanno attirato l’attenzione della comunità internazionale, rendendo Evin un simbolo delle ingiustizie persistenti in Iran.
Detenuti celebri e la questione dei diritti umani
Negli ultimi anni, Evin ha visto la detenzione di figure pubbliche e di attivisti noti a livello mondiale. Non solo politically dissidents, ma anche cittadini di nazioni straniere sono stati incarcerati. La storica attivista britannico-iraniana Nazanin Zaghari-Ratcliffe ha trascorso in questo carcere un lungo periodo della sua vita. Altri importanti personaggi, come la vincitrice del premio Nobel per la pace Narges Mohammadi, hanno subito le dure condizioni di vita del penitenziario.
L’attenzione su Evin è cresciuta anche dopo il caso di Alessia Piperno, arrestata nel settembre 2022 mentre si trovava a Teheran. Il suo rilascio, avvenuto dopo circa sette settimane, ha essenzialmente riportato alla luce le condizioni precarie che caratterizzano il carcere. Durante il periodo di detenzione, un incendio scoppiato in carcere ha ulteriormente aggravato la situazione già precaria, provocando la morte di diversi detenuti.
Questi eventi hanno alimentato un sentimento di indignazione globale, con molte nazioni che hanno chiesto la liberazione di prigionieri politici e il miglioramento delle condizioni nei penitenziari. La situazione a Evin, con i continui rapporti documentati da osservatori internazionali, rappresenta un chiaro segnale della necessità di riforme e di una maggiore tutela dei diritti umani in Iran.