Elie sultan tra rabbia e determinazione dopo l'aggressione antisemita a lainate

Elie sultan tra rabbia e determinazione dopo l’aggressione antisemita a lainate

Elie Sultan, turista francese di religione ebraica, aggredito a Lainate, denuncia l’aumento dell’antisemitismo in Italia ed Europa e chiede giustizia, solidarietà istituzionale e difesa della comunità ebraica.
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Elie Sultan, turista ebreo aggredito a Lainate, denuncia l’aumento dell’antisemitismo in Italia ed Europa, chiedendo giustizia, solidarietà istituzionale e il diritto di mostrare con orgoglio la propria identità. - Gaeta.it

L’aggressione subita da Elie Sultan, turista francese di religione ebraica, nell’area di sosta di Lainate , ha sollevato nuove preoccupazioni sul crescente antisemitismo in Italia e in Europa. Sultan racconta la sua esperienza e la sua scelta di tornare in Italia, portando con sé un messaggio chiaro volto a difendere la comunità ebraica dalla violenza e dall’odio.

La violenza subita e il trauma nella famiglia sultan

Domenica scorsa, Elie Sultan è stato aggredito mentre si trovava con il figlio di sei anni in un Autogrill di Lainate. L’attacco ha lasciato un segno profondo non solo nel corpo ma anche nella mente della famiglia. Sultan spiega come, oltre al danno fisico, il trauma psicologico sarà particolarmente pesante per suo figlio, per cui è già organizzata una assistenza psicologica. Questo fatto apre un capitolo importante sulla tutela delle vittime di aggressioni fondate sull’odio razziale, soprattutto quando coinvolgono minori.

Inchiesta e clima d’odio

La procura di Milano ha aperto un’inchiesta, ma si lavora ancora contro ignoti. Nel frattempo, Sultan mantiene un atteggiamento combattivo, denunciando non solo l’aggressione fisica ma anche l’onda di odio che è seguita sui social. Tra i commenti offensivi raccolti, Sultan evidenzia il rischio di un clima di odio che si sta diffondendo in Italia e in tutta Europa. Il fatto che la sua identità sia facilmente riconoscibile non lo spaventa: “Proteggo i miei figli ma non mi nascondo”, dice, segnalando una volontà di non farsi intimidire.

La battaglia per giustizia e la difesa della comunità ebraica

Il racconto di Sultan va oltre l’episodio singolo, toccando un problema più ampio. Il 52enne francese si pone come un rappresentante della comunità ebraica che ogni giorno deve affrontare minacce e attacchi. Vuole che la sua esperienza diventi un esempio per chiedere giustizia vera e misure efficaci contro l’antisemitismo.

Impegno legale e pene rigorose

Il suo impegno sarà in primo luogo legale: vuole che chi lo ha aggredito non se la cavi con un semplice interrogatorio o un breve arresto. Sultan evidenzia la necessità di pene più rigorose e di un segnale forte da parte dello Stato. Ritiene che senza una presa di posizione chiara, l’odio antisemita continuerà a crescere, alimentato da una certa impunità.

Inoltre, Sultan sottolinea il valore della sua testimonianza per sensibilizzare l’opinione pubblica su un fenomeno che riguarda non solo Italia ma tutta Europa. L’intento è denunciare il pericolo di una deriva sociale in cui gli ebrei rischiano di essere presi di mira continuamente.

Una richiesta di solidarietà più forte da parte delle istituzioni

Dalla Francia, dove la famiglia è tornata dopo l’aggressione, Sultan esprime anche delusione verso le autorità. Racconta di aver ricevuto messaggi di sostegno da parte di alcuni cittadini italiani, ma di non avere ancora visto un segno di solidarietà ufficiale, né dal governo italiano né da quello francese.

La mancanza di una risposta netta da parte dei vertici politici rischia di favorire un clima di tolleranza verso atti simili. Sultan crede invece che una condanna esplicita, vigorosa e pubblica potrebbe avere un effetto deterrente, impedendo che chi si sente autorizzato a compiere aggressioni antiebraiche prosegua indisturbato.

Ruolo della stampa nella sensibilizzazione

Su questo punto punta molto anche nel dialogo con i giornalisti. Invita la stampa a dare visibilità a questi fatti senza alimentare stereotipi negativi e a contribuire così a ridurre l’odio antisemita nel Paese. Si rappresenta come una voce di richiamo affinché l’informazione non si limiti a raccontare gli episodi, ma giochi un ruolo attivo nella protezione della comunità ebraica.

Progetti di ritorno in italia e la scelta di portare la kippah con orgoglio

Nonostante l’aggressione, Elie Sultan ha deciso di tornare in Italia. Ha un legame familiare forte con Milano, dove vive sua figlia maggiore, e ha ricevuto un invito dalla comunità ebraica di Roma per un incontro dedicato alla sua famiglia. Questo invito vuole ribadire che non tutti gli italiani sono portatori di odio o violenza.

Sultan afferma di voler mostrare a suo figlio un’immagine diversa rispetto al trauma vissuto. Non vuole che quell’episodio diventi l’unico ricordo del paese, ma che la sua esperienza contribuisca a costruire un messaggio di speranza e di resistenza contro l’antisemitismo.

Simbolo di identità e resistenza

Riguardo alla kippah, il simbolo che ha attirato l’attenzione degli aggressori, Sultan conferma di indossarla con orgoglio e non ha alcuna intenzione di nasconderla. Si definisce “un guerriero” che non ha tolto il segno della sua appartenenza religiosa e afferma di voler continuare a portarla fino alla morte, riaffermando così la propria identità e determinazione a difendere la propria comunità.

Il racconto di Elie Sultan resta una testimonianza diretta su una realtà complessa, che si manifesta con atteggiamenti violenti e odiose discriminazioni ma che può trovare risposta nella capacità di denuncia e solidarietà concreta. Il caso di Lainate si inserisce in un contesto più ampio, che richiede attenzione da parte della società e delle istituzioni.

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