Un episodio sconvolgente è emerso da Lecce, dove una donna di 69 anni ha vissuto un calvario in ospedale, segnato da ore di sofferenza e dalle gravi conseguenze di un ictus. La sua storia ha fatto il giro dei media, sollevando interrogativi sulla qualità dei servizi sanitari e sulla tempestività degli interventi.
Un malessere trascurato
L’inizio del calvario
La vicenda della signora originaria di Cavallino si è aperta il 16 febbraio di quest’anno, quando a causa di intensi dolori alla testa, ha richiesto l’intervento del 118. I sanitari, dopo averla visitata, hanno deciso di rientrare in ospedale senza fornire il supporto necessario per alleviare il suo malessere. Malgrado le apparenti rassicurazioni, i dolori persistevano e la donna, disperata, ha scelto di recarsi al Vito Fazzi di Lecce solo due giorni dopo.
Qui, nonostante una nuova visita, i medici hanno deciso di dimetterla, lasciando invariato il suo stato di sofferenza. Quando è tornata a casa, i dolori si sono aggravati, costringendo le figlie a riportarla al pronto soccorso. Purtroppo, questa volta la situazione si è rivelata critica.
Ore di attesa in accettazione
Dopo il suo arrivo al Vito Fazzi, la signora è stata segnalata per la registrazione al pronto soccorso, dove è rimasta per ben 6 ore e 22 minuti in attesa di ricevere assistenza. La sua condizione continuava a peggiorare: ha iniziato a vomitare e, poco dopo, è stata colpita da un ictus. Solo allora, gli operatori sanitari si sono attivati, portandola d’urgenza in sala operatoria, ma il danno era già stato fatto. La donna è entrata in coma, un risultato tragico di una catena di eventi che nessuno avrebbe potuto prevedere.
Una battaglia contro il tempo
Le attuali condizioni cliniche
Dopo quasi due mesi di ricovero, la donna si trova tuttora nel reparto di Terapia Intensiva di una clinica privata nelle vicinanze di Lecce. I medici hanno descritto il suo stato come “gravemente alterato della coscienza”, accompagnato da tetraplegia. La triste realtà è che non riconosce più i suoi familiari e ha grandi difficoltà nel mangiare autonomamente e nel compiere anche le più semplici azioni quotidiane, come alzarsi dal letto.
La sua condizione attuale evidenzia quanto possa essere devastante la combinazione tra una diagnosi tardiva e un’interazione insufficiente con il personale medico. Questo caso non solo mette a nudo i limiti della sanità locale, ma pone anche l’accento sulla necessità di un miglioramento nelle procedure di emergenza.
Indagini e responsabilità
In seguito a quanto accaduto, i familiari della donna hanno preso la decisione di denunciare l’accaduto alle autorità competenti. L’inchiesta avviata dalla polizia si è concentrata sul comportamento del personale sanitario coinvolto nella vicenda. Quattro medici del pronto soccorso dell’ospedale Vito Fazzi e altri quattro membri del personale hanno visto il proprio nome comparire nel fascicolo dell’inchiesta. Gli esiti delle indagini potrebbero avere ripercussioni significative sulla gestione della struttura sanitaria e sul servizio 118.
Questa drammatica storia ha sollevato un velo su una questione molto più ampia: l’efficienza e l’umanità dei servizi sanitari nell’affrontare emergenze, un tema di rilevanza nazionale che merita un’attenzione immediata e durevole.