I recenti sviluppi in Germania e Ungheria riguardanti il fenomeno dell’immigrazione irregolare hanno sollevato preoccupazioni significative sulla stabilità e sulla funzionalità dello Spazio Schengen. Con un numero crescente di richiedenti asilo e una risposta politica che sembra sempre più orientata a misure drastiche, l’idea che l’area Schengen possa mantenere la sua storicità come simbolo di libertà di movimento è messa a dura prova.
La crisi dello spazio Schengen
I segnali d’allerta
Lo Spazio Schengen, che permette a oltre 400 milioni di europei di viaggiare liberamente senza controlli di frontiera, è attualmente in uno stato di emergenza. Questo sistema, che prima della crisi migratoria del 2015 era considerato uno dei maggiori successi dell’integrazione europea, ha subito forti pressioni a causa di eventi esterni come il flusso massiccio di migranti e la pandemia di Covid-19. Nel 2023, le richieste di asilo nell’Unione Europea hanno toccato il record di 1,12 milioni, un numero che non si registrava dal 2016. Questo aumento ha avuto un impatto devastante sui centri di accoglienza, molti dei quali stanno affrontando un sovraccarico senza precedenti.
L’emergenza è stata drammatizzata da eventi tragici come l’attacco terroristico avvenuto a Solingen, in Germania, dove un cittadino siriano già noto alle autorità è riuscito a perpetrarlo nonostante un ordine di espulsione. Tale episodio ha riacceso le polemiche sul controllo dell’immigrazione e sulla sicurezza. Il Ministro dell’Interno tedesco, Nancy Faeser, ha affermato che il governo sta lavorando per ridurre l’immigrazione irregolare, promettendo misure ben oltre quelle attualmente in vigore.
Le ripercussioni politiche
Le reazioni politiche non si sono fatte attendere. Il primo ministro polacco Donald Tusk ha dichiarato che le decisioni tedesche sono “inaccettabili“, mentre l’Austria ha chiarito di non voler accettare migranti respinti dalla Germania. In questo clima di incertezza, la Commissione Europea ha tentato di mantenere un approccio diplomatico, ammettendo la possibilità per i Paesi membri di reintrodurre controlli alle frontiere interne per contrastare gravi minacce. Tuttavia, tale strategia potrebbe non essere sufficiente a gestire la crescente tensione.
Il punto di vista ungherese
Ritorsioni e strategie
La situazione tra Germania e Ungheria si complica ulteriormente con la minaccia da parte dell’Ungheria di trasportare migranti irregolari in Belgio come risposta a una multa di 200 milioni di euro inflitta dalla Corte di giustizia europea. Allo stesso tempo, l’Ungheria ha deciso di estendere la sua carta nazionale a cittadini russi e bielorussi, una mossa controversa che accresce l’insicurezza all’interno dell’Unione.
L’atteggiamento ungherese riflette una crescente pressione sui confini esterni dell’Unione Europea, accusati di non essere sufficientemente tutelati. Questo sentimento è condiviso anche da altri Stati, tra cui Austria e Slovenia, i quali continuano a sostenere che la gestione dell’immigrazione irregolare è fallita a causa di un’inefficienza da parte delle istituzioni europee.
I controlli alle frontiere: un clima di insicurezza
Dal 2006, gli Stati membri dell’Unione Europea hanno richiesto 441 volte il ripristino dei controlli alle frontiere interne, di cui la grande maggioranza è stata fatta dopo il 2015. Attualmente, almeno otto Paesi dello Spazio Schengen, tra cui la Germania, applicano tali controlli, il che segna una chiara deviazione dalla filosofia di Schengen. La Commissione Europea ha invitato i Paesi a eliminare gradualmente questi controlli, ma le risposte sono state meno che incoraggianti. Ostinati alla difesa della loro sovranità, gli Stati membri appaiono riluttanti ad ascoltare le raccomandazioni di Bruxelles.
Riforme e prospettive future
Riforme del Codice delle frontiere
Recentemente, è stata approvata una riforma del Codice delle frontiere Schengen, che consente di estendere il limite legale per i controlli da sei mesi a due anni, con possibilità di proroga. Tuttavia, mentre i Paesi europei sono incoraggiati a considerare “misure alternative” prima di attuare controlli alle frontiere, il caso della Germania dimostra che queste ipotetiche misure non godono di grande favore.
L’idea che Schengen possa continuare a esistere senza restrizioni significative è vista come una speranza illusoria, secondo esperti come Alberto-Horst Neidhardt dell’European Policy Centre. La realtà è che la storia di Schengen è strettamente legata a quella del sistema di asilo dell’UE, quindi la modalità di risposta alle crisi migratorie è fondamentale per il suo futuro. Nonostante le sfide, Schengen non è “in punto di morte“, ma il malessere e l’incertezza si affermano come condizioni prevalenti da tenere in considerazione.