Una cerimonia significativa ha avuto luogo a Bolzano, al Comando delle Truppe Alpine dell’Esercito, per ricordare Giannantonio Manci. Figura centrale della resistenza italiana nel Trentino, Manci si distinse come partigiano, imprenditore e antifascista, ricevendo la medaglia d’oro al valor militare. La sua storia rimane legata a scelte drammatiche e a un impegno profondo contro il nazifascismo.
Chi era giannantonio manci e il suo ruolo nel trentino
Giannantonio Manci rappresenta un personaggio chiave nella resistenza al nazifascismo, soprattutto nella zona delle province di Trento, Bolzano e Belluno, nota come Alpenvorland. Originario di questa area, Manci visse un’esperienza formativa a Fiume con il fratello Sigismondo che segnò il suo percorso politico. Si definiva da sempre un repubblicano convinto e denunciava apertamente il fascismo come un fenomeno opposto ai valori risorgimentali italiani.
Con altri combattenti, fondò l’associazione “Italia Libera“, prendendo ispirazione in particolare da Cesare Battisti, figura storica trentina e simbolo di lotta. Nel corso degli anni ’40, sostenne e coordinò operazioni rischiose per aiutare oppositori politici e famiglie perseguitate a fuggire clandestinamente dalla dittatura.
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Un presidente per il trentino
L’impegno di Manci non si limitava alla semplice opposizione; infatti, nel settembre 1943, venne eletto Presidente del Comitato di Liberazione Nazionale del Trentino, diventando così il punto di riferimento dei partigiani locali nella lotta contro le forze nazifasciste.
L’arresto e il sacrificio che ha salvato la resistenza alpina
Il 28 giugno 1944, a seguito di una delazione, Giannantonio Manci venne arrestato dalle autorità nazifasciste. La spia Fiore Lutterotti aveva tradito la rete clandestina di resistenza nella quale Manci operava. Presso la sede della Gestapo a Bolzano, al terzo piano del palazzo alto comando, il leader partigiano fu sottoposto a interrogatori durissimi.
Questa terribile prova non arrestò la sua determinazione. Dopo giorni di torture e di prove fisiche e psicologiche estreme, Manci preferì porre fine alla propria vita gettandosi dal terzo piano dell’edificio il 6 luglio 1944. Scelse questo gesto estremo piuttosto che rischiare di rivelare i nomi e le attività dei compagni di lotta. La sua morte evitò lo smantellamento della diffusissima rete di resistenza nel territorio dell’Alpenvorland, evitando così un colpo devastante al movimento partigiano.
Il peso della decisione
“La fermezza di Giannantonio Manci ha salvato molte vite e ha mantenuto viva la speranza nei momenti più bui,” ricorda un documento archivistico.
Il significato della cerimonia a bolzano e il ricordo di un eroe
La cerimonia nel capoluogo altoatesino si è svolta nella sede del Comando delle Truppe Alpine, un luogo simbolico che collega la memoria militare alla storia della Resistenza. La nota ufficiale del Comando ha voluto sottolineare il valore di Giannantonio Manci come esempio di coraggio e dedizione.
Ricordare Manci oggi significa riportare alla luce le complesse dinamiche della Resistenza nel nord Italia e nel territorio del Trentino Alto Adige, dove la lotta antifascista si intrecciò con particolari condizioni geografiche e politiche. Il suo sacrificio mette in rilievo la determinazione di chi si oppose al regime in condizioni difficili.
Nel 2025, il legame con la memoria storica resta fondamentale per comprendere le radici delle libertà di oggi. La cerimonia a Bolzano richiama l’attenzione sui valori antifascisti e sul prezzo umano pagato da chi, come Manci, ha combattuto cercando di difendere la democrazia, fino all’estremo sacrificio.