Il recente intervento giudiziario a Napoli ha fatto emergere il controllo esercitato dal clan Mazzarella su diverse attività illecite, tra cui la gestione degli alloggi popolari. L’operazione, che ha portato a 25 misure cautelari, svela un sistema di intimidazioni e estorsioni volto a sfruttare gli immobili pubblici. Le intercettazioni dei primi mesi del 2023 confermano la natura violenta e illegale dei metodi utilizzati per mantenere il dominio su queste abitazioni.
Il clan mazzarella e la famiglia buonerba nella gestione dei “bassi” popolari
Il clan Mazzarella, in particolare attraverso la famiglia Buonerba, ha imposto un controllo serrato sugli immobili popolari di Napoli, trasformandoli in fonti di ricavo illecito. Le indagini partite dalla Squadra Mobile hanno registrato conversazioni minacciose in cui si negoziavano somme per mantenere la detenzione o la gestione di locali terranei, noti come “bassi”. Un episodio del 10 ottobre 2023 dimostra chiaramente questo sistema. Eduardo Buonerba, uno dei protagonisti, discuteva di ricevere 5.000 euro per restituire un basso occupato e controllato illegittimamente.
In quel dialogo si percepisce la ferocia del ricatto: “ti sparo in faccia se no te ne vai dalla casa”, diceva Buonerba. Queste parole non sono isolate. Le intercettazioni raccontano di un sistema consolidato dove la violenza e la paura diventano strumenti per imporre il dominio sugli alloggi. Spesso l’occupazione è avvenuta tramite intimidazioni che hanno escluso ogni possibile via legale o amministrativa.
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La paura degli occupanti e il ruolo delle carte d’assegnazione
Nel clima di terrore alimentato dal clan, la possibilità che gli occupanti dei “bassi” si rivolgessero alle autorità veniva sistematicamente neutralizzata. Un’intercettazione del 9 ottobre 2023 vede Eduardo Buonerba e suo figlio Vincenzo discutere della presenza o meno delle “carte”, cioè i documenti che attribuiscono il diritto al possesso degli immobili. “Se loro non hanno le carte in mano non possono andare da nessuna parte”, dicevano.
Con questa convinzione, il clan Mazzarella impediva agli abitanti di reclamare i propri diritti. Il ricatto su queste case si traduce in un guadagno facile e illecito, confermato dal pagamento di 5.000 euro per ciascun recupero di “basso”. Così il gruppo criminale ha trasformato spazi destinati a famiglie in un vero e proprio mercato parallelo con metodi violenti e illegali.
Elenco dei 57 indagati e lo stato delle misure cautelari
L’ordinanza cautelare, firmata dal gip Gianluigi Visco, coinvolge 57 indagati collegati al clan Mazzarella e in particolare alla famiglia Buonerba. Tra queste persone ci sono diversi destinatari di misure restrittive, come arresti domiciliari, divieti di dimora e detenzione in carcere. Alcuni nomi spiccano per il loro ruolo nella gestione del traffico di droga, estorsioni e appunto controllo degli alloggi popolari.
Eduardo Buonerba, uno dei principali indagati, si trova in carcere, così come altri membri attivi come Pasquale Buonerba e Vincenzo Carnevale. Alcuni indagati godono invece di misure meno rigide, come i divieti di dimora che limitano gli spostamenti in città. Questa vasta rete di persone mostra come il dominio criminale fosse ben radicato in diverse zone di Napoli e comuni limitrofi come Cercola e Torre del Greco.
Le autorità hanno reso noto l’elenco completo per garantire trasparenza e permettere di conoscere i nomi coinvolti nei reati contestati: oltre al nucleo Buonerba, figurano altre decine di individui riconducibili al clan. Queste misure rappresentano una risposta all’infiltrazione della criminalità nei quartieri popolari, dove spesso il controllo sociale si confonde con la gestione violenta degli spazi abitativi.
Impatto della presenza del clan mazzarella nei quartieri popolari di napoli
La presenza del clan ha modificato profondamente la vita dei quartieri popolari napoletani. Il controllo sulle case, un tempo viste come strumento di sostegno alle famiglie bisognose, è stato stravolto in un meccanismo di dominio criminale. Le minacce e le estorsioni hanno creato un clima di paura che ha paralizzato le persone e limitato l’accesso ai servizi sociali.
Gli abitanti, spaventati e spesso impossibilitati a rivendicare legalmente i propri diritti, hanno dovuto subire la pressione costante del clan. Non a caso le intercettazioni riportano tentativi di impedire alle persone di rivolgersi alle forze dell’ordine, usando come argomento proprio la mancanza dei documenti che formalizzano il diritto alla casa.
Questo sistema criminale ha reso impossibile la normale gestione degli alloggi pubblici, peggiorando le condizioni di vita e alimentando la marginalità sociale. La lotta contro questi fenomeni, come dimostra l’ultima operazione, è fondamentale per restituire ai cittadini uno spazio vivibile e libero dalla paura.
Dettagli sui nomi coinvolti e la distribuzione territoriale delle misure
I 57 indagati collegati al clan Mazzarella provengono prevalentemente da Napoli, ma nell’elenco figurano anche persone residenti nei comuni limitrofi come Cercola, Massa di Somma e Torre del Greco. La varietà geografica testimonia l’ampiezza dell’influenza esercitata dal gruppo criminale su più territori.
Tra gli indagati con misure esecutive figurano anche persone di diversa età, nate dagli anni ’50 fino ai primi anni 2000. Questa eterogeneità dimostra un coinvolgimento trasversale, probabilmente legato a compiti e ruoli diversi nel clan. Molti sono detenuti in carcere, altri sottoposti a divieto di dimora o arresti domiciliari.
Le autorità hanno avuto modo di precisare il ruolo di ogni indagato, dal capo famiglia a soggetti che effettuavano azioni specifiche come esecuzione di estorsioni o intimidazioni. I provvedimenti restrittivi puntano a spezzare la catena di comando e interrompere il sistema di controllo violento sugli alloggi popolari e le altre attività criminali.