Nella periferia romana dell’Eur torna l’incubo delle baby gang, gruppi di ragazzini che agiscono con violenza e intimidazioni. L’ultimo episodio risale al 10 maggio quando un dodicenne è stato aggredito e rapinato vicino al centro commerciale Euroma2. La vicenda ha scosso il quartiere, dove genitori e residenti segnalano un aumento di baby criminalità che sfugge al controllo. La mamma del ragazzino ha denunciato quanto accaduto e chiesto collaborazione tra famiglie per contrastare la diffusione di queste bande.
Il contesto delle baby gang nei quartieri romani
Negli ultimi anni le baby gang sono diventate un problema evidente nelle zone periferiche di Roma, incluso l’Eur. Ragazzi anche di quindici o sedici anni si organizzano in gruppi che agiscono con aggressioni, rapine e minacce. La loro attività spesso è scandita dalla ricerca di profitti rapidi e dalla volontà di imporre il proprio controllo tra coetanei. Non di rado queste bande sfidano norme sociali e familiari, sfuggendo a ogni tipo di controllo diretto o indiretto.
Atti di violenza e impatto sulla comunità
La violenza di queste gang si manifesta con atti che sembrano spesso gratuiti, come le percosse subite da tre quindicenni a Talenti, derubati e umiliati con metodi crudeli. Il trauma coinvolge non solo le vittime, ma l’intera comunità che si trova a fare i conti con una realtà dove la sicurezza personale diventa un miraggio, specialmente per i più giovani. Al centro di tutto ci sono famiglie preoccupate, che cercano di proteggere i figli da influenze negative e ambienti pericolosi, ma che spesso si ritrovano impotenti davanti alla forza del gruppo.
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L’aggressione del 12enne vicino a euroma2
Il 10 maggio un ragazzino di 12 anni, chiamato Paolo per tutelarne l’identità, è stato vittima di un’aggressione nei pressi di Euroma2. Il giovane è stato avvicinato da un gruppo di suoi coetanei, presumibilmente parte di una baby gang attiva nel quartiere. Senza alcun motivo apparente, Paolo ha ricevuto un pugno all’occhio accompagnato da una richiesta aggressiva: consegnare le scarpe. L’episodio si è svolto davanti ad altri ragazzi, confermando il carattere intimidatorio della banda.
Subito dopo l’accaduto, la madre del dodicenne si è recata dai carabinieri per sporgere denuncia e ha accompagnato il figlio in ospedale per le cure mediche. Tuttavia, la sua azione non si è limitata a queste misure istituzionali. Ha deciso di usare anche i social network, pubblicando la storia dell’aggressione su gruppi locali per sensibilizzare altri genitori. Vuole unire le famiglie per cercare di arginare l’espansione delle baby gang e difendere i ragazzi da ulteriori episodi di violenza.
L’appello della mamma di paolo
La mamma di Paolo ha voluto coinvolgere direttamente gli altri genitori con un messaggio che va oltre la semplice denuncia. Ha sottolineato come i tentativi di tener lontano il figlio da certi gruppi e luoghi frequentati da baby gang non abbiano avuto successo. Il richiamo al gruppo, al senso di appartenenza dei ragazzi, vince spesso sull’autorità dei genitori.
L’appello dei genitori per una risposta comune
Per evitare che i figli vadano in zone a rischio, la sua proposta è quella di concordare una strategia collettiva, un patto tra famiglie per vigilare insieme sulle attività dei ragazzi. L’obiettivo è che nessuno lasci i propri figli andare da soli in luoghi come centri commerciali o parchi frequentati dai gruppi violenti. La mancanza di alternative tra il vietare uscite o rischiare litigi e accuse di limitare la libertà evidenzia una difficoltà comune tra i genitori nella gestione delle nuove generazioni in ambienti a rischio.
Le reazioni della comunità e le sfide future
Nel quartiere Eur la paura per le baby gang si fa sentire ogni giorno. I residenti raccontano di petardi lanciati contro anziani, cani e madri con bambini piccoli, segnali di una escalation di comportamenti fuori controllo. Le autorità locali si trovano davanti alla sfida di monitorare queste situazioni complesse senza poter contare su strumenti adeguati per intervenire precocemente.
Necessità di interventi e collaborazione
La presenza di bande di minorenni che operano con una certa organizzazione mette a dura prova le forze dell’ordine. C’è la necessità di un dialogo più stretto con le famiglie per prevenire questi fenomeni e diffondere consapevolezza sui rischi. In assenza di interventi efficaci, il rischio è che la violenza gratuita diventi parte della quotidianità per molti quartieri romani.
Gli episodi di maggio, come quello subito da Paolo, rappresentano un campanello d’allarme per tutta Roma. La lotta contro le baby gang deve coinvolgere istituzioni, famiglie e comunità in uno sforzo continuativo per proteggere le nuove generazioni.