Un nuovo capitolo oscuro si aggiunge alla cronaca nera di Bitonto, in provincia di Bari, con l’arresto di un 37enne accusato di avere ucciso un complice post-rapina. Le indagini hanno rivelato un intricato legame tra crimine e paura di collaborazione con le autorità nella violenta realtà del clan locale.
I fatti del 3 febbraio 2017
La serata del 3 febbraio 2017 segna una data cruciale per la giustizia italiana, quando il corpo di Evdin Sadiku, 33 anni, è stato rinvenuto nelle campagne di Binetto. Le indagini hanno individuato il 37enne, C.F., come presunto esecutore di un omicidio volontario premeditato. La violenza dei fatti è emersa chiaramente, con l’accusa che delineava come il sospettato, ritenuto il capo del clan Cipriano, avesse sparato almeno 12 colpi di pistola contro Sadiku, colpendo la vittima in diverse parti del corpo, tra cui il collo e la testa.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la vittima e il suo aggressore si sarebbero resi protagonisti di una rapina a mano armata. Tuttavia, in un drammatico capovolgimento, quando i due si sono recati in una zona isolata, il 37enne avrebbe improvvisamente aperto il fuoco sul complice, rendendo impossibile ogni tentativo di fuga o di salvezza da parte di Sadiku.
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Motivi e dinamiche dell’omicidio
Il movente che ha spinto C.F. a commettere un gesto così estremo sarebbe legato alla paura che Sadiku potesse decidere di collaborare con la giustizia. Questa apprensione è alimentata dalla consapevolezza che, in un contesto mafioso come quello di Bitonto, ogni potenziale informatore rappresenta una minaccia per la sicurezza del clan. La premeditazione dell’omicidio è evidenziata dal fatto che l’esecutore ha attentamente orchestrato il momento e il luogo dell’omicidio, indicando un chiaro intento di eliminare un rischio percepito che potrebbe compromettere l’integrità del sodalizio criminale.
Colpendo Sadiku, C.F. avrebbe dunque voluto mantenere il controllo e la silenziosità che caratterizzano le operazioni mafiose, dimostrando la cruda realtà alla quale sono sottoposti coloro che decidono di intraprendere la vita del crimine. La brutalità del gesto e la modalità con cui è stata attuata destano incredulità e preoccupazione per l’evoluzione della criminalità nella zona.
Un contesto di omicidi e indagini più ampie
L’omicidio di Sadiku non è un episodio isolato, ma si colloca all’interno di una serie di eventi tragici che affliggono la zona di Bitonto. L’inchiesta connesse al caso ha svelato un contesto investigativo più ampio, che ha incluso articoli di cronaca riguardo all’omicidio avvenuto nel dicembre 2017 dell’anziana Anna Rosa Tarantino, vittima di un errore nei bersagli del clan, un caso che ha scosso l’opinione pubblica.
In aggiunta, l’operazione denominata Porta Robustina, condotta nel luglio 2022, ha portato all’arresto di ben 25 individui legati allo stesso clan. Ciò dimostra come le forze dell’ordine stiano intensificando gli sforzi per smantellare le organizzazioni mafiose operanti nel territorio, spesso caratterizzate da una violenza inaudita e da un clima di terrore.
Questa sequenza di eventi dolorosi ha reso necessaria una riflessione più profonda sull’infiltrazione del crimine organizzato nella vita quotidiana delle comunità locali e sul fragile equilibrio tra giustizia e intimidazione. Le autorità possono quindi contare su un’attenzione rinnovata per contrastare la criminalità, ma la strada è lunga e complessa, richiedendo un impegno costante per restituire sicurezza e legalità nel territorio.