Al nord si lavora 27 giorni in più all'anno rispetto al sud italia: i dati del 2023

Al nord si lavora 27 giorni in più all’anno rispetto al sud italia: i dati del 2023

L’analisi dell’ufficio studi della Cgia di Mestre evidenzia nel 2023 un divario netto tra Nord e Sud Italia in giorni lavorati, retribuzioni e produttività, con Lecco e Milano ai vertici e Trapani e Vibo Valentia in fondo.
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L'analisi della CGIA di Mestre evidenzia nel 2023 un netto divario tra nord e sud Italia in termini di giorni lavorati, retribuzioni e produttività, dovuto a condizioni economiche e contrattuali più stabili al nord e a maggiore precarietà e economia sommersa al sud. - Gaeta.it

L’analisi dell’ufficio studi della cgia di mestre ha evidenziato una differenza significativa nell’attività lavorativa tra nord e sud italia nel 2023. Secondo i dati raccolti, chi lavora nelle regioni settentrionali timbra il cartellino per oltre un mese più rispetto ai colleghi del mezzogiorno. Questo divario riflette caratteristiche radicate nelle dinamiche economiche e nel mercato del lavoro di ciascuna area.

Le motivazioni dietro la differenza nei giorni lavorati tra nord e sud

L’aspetto principale che spiega il gap nei giorni lavorati riguarda la vasta diffusione dell’economia sommersa nelle regioni del sud. Questa pratica consiste nello svolgimento di attività lavorative non regolari e, perciò, non conteggiate nelle statistiche ufficiali. In queste zone, molti lavoratori sono impiegati in modo parziale o stagionale senza una regolarizzazione completa del loro rapporto di lavoro. Nel settore dei servizi e in quello agricolo, la presenza di contratti a tempo determinato o part time involontario è rilevante. Questa condizione riduce la media dei giorni effettivamente lavorati, creando un quadro statistico con numeri inferiori rispetto al nord.

Precarietà e tipologie contrattuali nel mezzogiorno

La precarietà del lavoro nel mezzogiorno influisce anche sul tipo di occupazione e sulla quantità di giorni effettivi di presenza. Molti lavoratori affrontano contratti a breve termine o occupazioni stagionali, soprattutto nel turismo e nella raccolta agricola. Questi fattori portano a una riduzione netta delle giornate lavorate, che non si riscontra in modo così marcato nelle regioni settentrionali, dove il lavoro regolare domina maggiormente il mercato.

I territori con più giorni lavorati e quelli con meno presenze nel 2023

Nel corso del 2023, la provincia dove si è registrato il maggior numero di giorni lavorativi medi è stata Lecco, con quasi 265 giorni all’anno. Anche altre province del nord, come Biella e Vicenza, hanno tassi elevati, superando abbondantemente i 260 giorni. Questi dati indicano una frequente presenza nei luoghi di lavoro, frutto di condizioni economiche più stabili e un sistema produttivo meno influenzato da precarietà.

Sul fronte opposto, province come Foggia e Trapani segnano una presenza media di circa 213 giorni, mentre Nuoro e Vibo Valentia scendono sotto i 205 giorni, con quest’ultima che arriva addirittura a 193 giorni. Questi numeri riflettono in parte le condizioni di lavoro meno consolidate di quelle aree, dove l’occupazione è spesso discontinua e permeata da forme irregolari. La media italiana si attesta su 246,1 giorni lavorativi, quindi la forbice tra nord e sud è molto netta.

Attività economiche e stabilità del lavoro

La concentrazione dei giorni lavorati è correlata anche al tipo di attività economica prevalente. Nel nord, la produzione industriale e i servizi si sviluppano su base stabile, mentre nel sud si alternano contratti temporanei soprattutto legati a stagioni agricole o turistiche.

Retribuzioni e produttività: un divario netto tra nord e sud

Le differenze non riguardano solo il numero di giorni lavorati, ma si estendono al compenso riconosciuto e alla produttività. Nel 2023, la retribuzione media giornaliera lorda era di circa 104 euro al nord, contro i 77 euro registrati nelle regioni meridionali. Il divario si attesta quindi intorno al 35%, un elemento che conferma come le condizioni di lavoro siano più remunerate nelle aree settentrionali.

Salari medi annuali e settori trainanti

La produttività media segue un andamento simile, con un valore superiore del 34% nell’Italia settentrionale rispetto al mezzogiorno. Questi dati evidenziano un contesto lavorativo dove la quantità di ore e giorni di lavoro si traduce in una maggiore produzione di valore e in stipendi più alti.

Milano si distingue come città con i salari medi più elevati, con una media annua che supera i 34 mila euro. Seguono Monza-Brianza e Parma che si mantengono sopra i 27 mila euro, segnalando la presenza di industrie ad alto valore aggiunto, come la meccanica di precisione, l’automotive e il biomedicale. Questi comparti garantiscono maggiore stabilità economica e salari più alti.

Al contrario, province come Trapani, Cosenza, Nuoro e Vibo Valentia registrano i salari medi più bassi, con valori che non raggiungono i 15 mila euro annui. Questo mercato del lavoro offre compensi inferiori, rispecchiando le condizioni di lavoro meno strutturate e un’economia meno sviluppata.

Il confronto tra nord e sud mostra un’Italia spaccata anche dal punto di vista economico, con necessità specifiche diverse tra le due aree. La disparità nei giorni lavorati, nelle retribuzioni e nella produttività parla di una realtà complessa, in cui lo sviluppo industriale e la regolarità del lavoro giocano un ruolo decisivo.

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