La recente annunciazione di Bianca Balti riguardo la sua diagnosi di tumore alle ovaie al terzo stadio ha suscitato grande attenzione, non solo per la notorietà della top model, ma anche per la fondamentale questione della prevenzione. Secondo Grazia Artioli, oncologo medico presso il servizio di oncologia ginecologica dell’ospedale Ca’ Foncello di Treviso, le parole di Balti possono fungere da spinta per molte donne che affrontano la stessa battaglia. Un aspetto cruciale evidenziato da Artioli è la carenza di comunicazione familiare, che può compromettere le opportunità di diagnosi precoce e gestione dei tumori ereditari.
L’importanza della comunicazione e della prevenzione
Durante un incontro intitolato “Tumore ovarico in Veneto: cambiamo rotta”, organizzato da ACTO ETS, Artioli ha condiviso la propria esperienza con pazienti provenienti da contesti familiari difficili. Molti di loro non sono in grado di riferire la loro storia di tumore alle ovaie a causa di relazioni deteriorate con i familiari. La mancanza di dialogo in queste famiglie rende difficile raccogliere informazioni vitali per la prevenzione. Secondo l’oncologo, una comunicazione aperta è essenziale per migliorare il tasso di diagnosi precoce e ridurre i rischi associati ai tumori ereditari.
Il servizio di oncologia ginecologica del Ca’ Foncello ha implementato un programma di screening per donne e uomini che portano mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2. Questi geni, noti anche come “geni Jolie”, in onore dell’attrice Angelina Jolie che ha scelto di sottoporsi a interventi chirurgici per prevenire il cancro, rappresentano un’importante area di attenzione per la salute. Questo tipo di screening potrebbe rivelarsi utile nel migliorare la salute delle rete familiare di chi è affetto da tale predisposizione genetica, evidenziando così l’importanza dell’informazione e della consapevolezza.
Percorsi di cura personalizzati e sorveglianza
Artioli ha anche sottolineato come, una volta riscontrata una mutazione genetica, il paziente viene indirizzato verso una consulenza genetica. Questa fase iniziale è cruciale, poiché permette di personalizzare un piano terapeutico. Il genetista, in coordinazione con un team interdisciplinare, indirizzerà il paziente verso oncologi, ginecologi e senologi. Vengono quindi offerte diverse opzioni di trattamento, tra cui interventi chirurgici profilattici che mirano a rimuovere organi sani per ridurre il rischio di malattia.
Per le donne, ciò può comportare l’asportazione delle mammelle, delle tube o delle ovaie. Al contrario, per gli uomini non esiste la possibilità di chirurgia preventiva, ma possono essere coinvolti in un protocollo di sorveglianza. Questo protocollo include controlli regolari mediante ecografie transvaginali e il dosaggio di marcatori tumorali, eseguiti ogni sei mesi, nonché mammografie e risonanze magnetiche al seno.
I risultati del programma di screening e le nuove terapie
Dal 2023, il programma di screening ha accolto circa 40 soggetti, che testimoniano un crescente interesse e consapevolezza riguardo la salute oncologica. Artioli ha osservato che alcuni pazienti iniziano il percorso di sorveglianza, ma in seguito valutano l’idea di sottoporsi a un intervento chirurgico preventivo. I risultati iniziali del programma sono promettenti e ci si aspetta che il numero di partecipanti continuerà a crescere negli anni futuri.
In merito alle terapie per il tumore ovarico in fase avanzata, il progresso della ricerca ha introdotto innovazioni significative. L’uso di PARP-inibitori, per esempio, ha aperto nuove possibilità come trattamento di mantenimento e sta dimostrando di essere uno strumento efficace nel contrastare la malattia. Queste nuove terapie stanno migliorando significativamente le prospettive per le pazienti affette da tumore ovarico, offrendo speranza e una maggiore qualità della vita. La comunità medica continua a raccogliere risultati incoraggianti e a progredire nella ricerca per affrontare questa insidiosa malattia.
Ultimo aggiornamento il 28 Settembre 2024 da Armando Proietti