Slow Food chiede norme uguali per pesticidi su prodotti importati e coltivazioni comunitarie

Slow Food chiede norme uguali per pesticidi su prodotti importati e coltivazioni comunitarie

Slow Food chiede all’Unione europea di applicare le stesse regole sui pesticidi ai cereali importati da paesi come Ucraina, Brasile e Stati Uniti per proteggere ambiente e consumatori.
Slow Food Chiede Norme Uguali Slow Food Chiede Norme Uguali
Slow Food chiede all’Unione Europea di applicare le stesse norme sui pesticidi anche ai cereali importati da paesi extra Ue, per evitare rischi ambientali e garantire un mercato più sicuro e trasparente. - Gaeta.it

L’attenzione sui pesticidi utilizzati nelle coltivazioni cerealicole vibra ormai da anni, ma ora Slow Food spinge perché l’Unione europea applichi le stesse regole contro queste sostanze tossiche anche ai prodotti importati da paesi extra europei. Il nuovo dossier dell’associazione si concentra su mais e grano, evidenziando una disparità nei controlli e nelle normative tra ciò che viene coltivato in casa e ciò che arriva da fuori. Ogni anno l’Ue importa milioni di tonnellate di cereali da luoghi come Ucraina, Brasile, Stati Uniti e altri, spesso prodotti con metodi che permettono l’uso di pesticidi vietati in Europa. Il problema non è solo la presenza di residui minimi nei raccolti, ma il danno ambientale che queste pratiche possono generare.

L’import di cereali nell’ue e i rischi delle norme divergenti

L’Unione europea importa ogni anno grosse quantità di cereali, come mais e grano, da paesi esterni ai suoi confini. Slow Food ha messo in luce che queste importazioni arrivano da aree dove le coltivazioni si basano su tecniche intensive, con uso massiccio di pesticidi, erbicidi e diserbanti. Questi trattamenti, spesso vietati nell’area comunitaria, seguono modelli di agricoltura convenzionale su larga scala, con monocolture estese che fanno ampio ricorso a sostanze chimiche.

Numeri del 2024 sulle importazioni

Nel 2024, i numeri registrati indicano circa 15 milioni di tonnellate di mais importate, soprattutto da Ucraina e Brasile, ma anche da Argentina e Stati Uniti. Per il grano tenero, in anni senza particolari problemi di raccolto, le importazioni si aggirano intorno a 8 milioni di tonnellate, provenienti da Stati Uniti, Canada, Australia, Ucraina e Russia. Quanto al grano duro, l’Ue ha ricevuto poco più di 1,7 milioni di tonnellate di prodotto importato nel 2024. Questo flusso continuo e consistente solleva preoccupazioni sulle sostanze vietate impiegate al di fuori del territorio europeo, ma applicate su colture poi introiettate nel mercato comunitario.

Pesticidi vietati e doppio standard nell’alimentazione europea

Il dossier di Slow Food denuncia un paradosso: molte delle sostanze chimiche bandite nei paesi europei vengono invece esportate verso l’esterno, dove vengono utilizzate liberamente nelle colture cerealicole. Questi prodotti agricoli, contenenti residui di pesticidi non ammessi in Europa, tornano poi a costituire parte della dieta europea tramite le importazioni. Così si mantiene un doppio standard, che il dossier definisce “clausole specchio”: regolamenti rigorosi in Europa e il permesso implicito a pratiche più permissive oltreconfine.

L’problema riguarda in particolare l’uso dei diserbanti, fondamentali per le produzioni cerealicole di massa. Questi prodotti vengono applicati in fase di pre-emergenza, cioè poco prima o insieme alla semina, fattore che riduce notevolmente la possibilità di trovare residui nel raccolto finale. Però, come fa notare Slow Food, la presenza o meno di residui non basta a rassicurare. Gli effetti dannosi sull’ambiente si manifestano soprattutto negli habitat agro-ecosistemici, che subiscono l’impatto di trattamenti chimici intensivi.

Effetti ambientali delle coltivazioni cerealicole intensive

L’uso diffuso di pesticidi nelle produzioni cerealicole extra Ue ha conseguenze profonde sulle risorse naturali. Il dossier allegato all’appello di Slow Food mette a fuoco come questi trattamenti si traducano in inquinamento delle acque, perdita di biodiversità e deterioramento della qualità del suolo. Nei paesi dove non vigono i limiti comunitari, le sostanze chimiche permangono negli ecosistemi molto più a lungo, danneggiando piante e animali.

Anche se le tracce chimiche nei cereali importati rispettano i limiti massimi di residui fissati dall’Ue, questo non elimina i rischi ambientali associati alla produzione. Le monocolture su grandi superfici aumentano la vulnerabilità degli agro-ecosistemi rendendo questi territori più suscettibili all’erosione e all’impoverimento. Gli erbicidi usati in pre-emergenza non spariscono nell’immediato: si infiltrano nel terreno e finiscono spesso in sistemi idrici circostanti, dove alterano flora e fauna acquatica.

Impatto ambientale duraturo

“L’effetto sulle aree rurali extra europee è spesso sottovalutato, ma l’ecosistema soffre conseguenze a lungo termine”, sottolinea il dossier.

Le richieste di slow food e lo scenario politico comunitario

Slow Food insiste perché le norme sui pesticidi vengano estese a tutti i cereali che arrivano in Europa, senza eccezioni per origine geografica o processi produttivi. Questo implicherebbe l’applicazione delle stesse restrizioni, divieti e controlli in vigore per le coltivazioni europee anche su merci importate. L’associazione punta il dito contro la disparità normativa, ritenuta non solo ingiusta ma anche pericolosa per l’ambiente e la salute dei consumatori.

Il dossier arriva nel mezzo di un dibattito più ampio a Bruxelles e nelle principali capitali europee, dove si valutano nuovi regolamenti per la sicurezza alimentare e ambientale. Non a caso cresce la pressione per una politica agricola comune più rigida, che metta un freno alle importazioni che non rispettano gli standard comunitari. L’appello di Slow Food rappresenta un passo in questa direzione, cercando di amplificare il confronto sulle conseguenze delle pratiche agricole esterne e sul valore di un mercato alimentare davvero sicuro e trasparente.

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