Le informazioni recenti riportate da un alto funzionario israeliano al New York Times indicano che l’Iran mantiene nascoste ingenti quantità di uranio arricchito di quasi qualità militare. Nonostante gli attacchi compiuti a maggio e giugno 2024 da Stati Uniti e Israele contro strutture nucleari iraniane, alcune scorte restano intatte e accessibili agli specialisti iraniani. Questa scoperta riaccende i timori sul possibile sviluppo di armamenti nucleari in Medio Oriente.
Le operazioni militari contro le strutture nucleari iraniane
A metà giugno 2024, le forze armate statunitensi e israeliane hanno condotto una serie di attacchi mirati contro siti chiave del programma nucleare iraniano. Gli Stati Uniti hanno impiegato bombe da oltre 13 mila chili per colpire due centrali di arricchimento e hanno lanciato missili Tomahawk da sottomarini contro un terzo impianto utilizzato per la conversione del combustibile. Queste azioni avevano l’obiettivo di rallentare la produzione di uranio di grado militare necessario a una possibile bomba atomica.
Uranio arricchito sfugge ai raid
Nonostante gli attacchi, le autorità israeliane riferiscono che alcune scorte sotterranee di uranio arricchito al 60% di purezza sono sfuggite ai raid. Questo livello di arricchimento si avvicina molto a quello necessario per armamenti nucleari, rendendo la presenza di questi materiali un tema delicato nel dossier mediorientale.
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Le valutazioni israeliane sulla minaccia nucleare iraniana
Secondo il funzionario israeliano che ha parlato sotto anonimato al New York Times, Israele era già al lavoro a fine 2024 per preparare un eventuale attacco contro l’Iran. La decisione è stata stimolata dall’osservazione di una corsa nascosta all’arma nucleare, in un progetto segreto definito preoccupante dai servizi di intelligence.
L’intelligence israeliana avrebbe inoltre rilevato un’accelerazione dell’attività di armi nucleari poco dopo l’uccisione del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, avvenuta nell’autunno dello scorso anno. Questo episodio ha spinto il primo ministro Benjamin Netanyahu a rafforzare i piani di intervento, anche senza il coinvolgimento degli Stati Uniti.
Differenze tra valutazioni israeliane e americane
Nei giorni che hanno preceduto gli attacchi a giugno, gli organi di informazione degli Stati Uniti non avevano trovato evidenze del fatto che l’Iran stesse effettivamente militarizzando l’uranio quasi arricchito a sua disposizione. Questa discrepanza tra il giudizio israeliano e quello americano spiega in parte le dinamiche di cooperazione e le tempistiche degli attacchi congiunti.
Le prove trovate da Israele sono state comunque condivise con Washington, che ha partecipato attivamente alle operazioni militari scelte dall’amministrazione Trump. Il contributo americano si è concentrato sulle strike con missili di precisione da sottomarini e sul potenziamento delle azioni aeree e di bombardamento.
La situazione attuale del programma nucleare iraniano
Quello che resta certo è che per l’Iran possedere già uranio arricchito al 60% rappresenta un elemento chiave. È proprio questo materiale quasi “pronto” per uso militare che può essere rapidamente convertito in testate nucleari, qualora gli ingegneri nucleari iraniani riescano ad accedere liberamente agli impianti e alle riserve sotterranee.
Gran parte delle attività necessarie a raggiungere un livello di uranio ad alta purezza sono però ancora in fase iniziale. Il processo è complesso e richiede tempo, ma la disponibilità di uranio arricchito a livelli elevati riduce sensibilmente questo lasso.
Le tensioni in Medio Oriente restano alte con queste notizie, e la comunità internazionale segue con attenzione l’evoluzione del dossier nucleare iraniano, attenta a evitare che il paese possa completare una bomba atomica. Gli sviluppi degli ultimi mesi dimostrano però quanto la situazione sia instabile e difficile da monitorare con precisione.