La vicenda del ristoratore e pizzaiolo Salvatore Aldobrandi, 75 anni, ha riacceso l’attenzione dei media sul tema del femminicidio. Originario di San Sosti e ora residente a Sanremo, Aldobrandi è accusato di omicidio volontario nei confronti della giovane Sargonia Dankha, scomparsa nel novembre del 1995 in Svezia. La richiesta di condanna al carcere a vita da parte dei pubblici ministeri Maria Paola Marrali e Matteo Gobbi è stata avanzata oggi davanti alla Corte di Assise di Imperia.
Il caso di Sargonia Dankha: una sparizione misteriosa
Sargonia Dankha, 21 anni, di origini irachene e naturalizzata svedese, è svanita nel nulla il 13 novembre 1995 a Linköping. La sua scomparsa non è stata mai dimenticata, attirando l’attenzione non solo della stampa, ma anche di istituzioni e gruppi di attivisti per i diritti delle donne. La mancanza di un corpo ha complicato le indagini, costringendo le autorità svedesi a catalogare inizialmente il caso come scomparsa volontaria. Tuttavia, l’assenza di prove concrete a supporto di questa teoria ha sollevato più di un dubbio.
Nel corso della sua esposizione, il pubblico ministero Marrali ha sottolineato che la questione non si limita a un semplice caso di sparizione, ma si configura come un femminicidio. Aldobrandi avrebbe agito spinto da motivi di possesso e gelosia, incapace di accettare la volontà di Sargonia di interrompere una relazione che si era rivelata subito violenta. La denuncia del femminicidio, un tema purtroppo sempre attuale, rappresenta una tappa fondamentale per la giustizia e per la memoria della vittima.
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L’udienza di oggi: dettagli e argomentazioni
L’udienza che si è svolta oggi ha visto un confronto serrato tra l’accusa e la difesa, durato circa tre ore, durante le quali sono stati esaminati gli elementi a carico di Aldobrandi. Il pubblico ministero ha presentato un quadro chiaro degli eventi, evidenziando il precedente caso di Roberta Ragusa per sostenere l’accusa. La Corte Suprema italiana ha riconosciuto, in quel caso, la possibilità di condannare un imputato anche senza ritrovare il corpo della vittima, se sussistono indizi sufficienti a provare un omicidio.
Marrali ha messo in evidenza l’assurdità della situazione in cui un omicidio può rimanere impunito semplicemente a causa dell’assenza del cadavere. Ha affermato che, nel caso di Sargonia, esistono prove che dimostrano una precedente relazione problematica tra i due. La procura continua a ostentare determinazione nel cercare giustizia, nonostante le difficoltà nell’accertare la verità.
L’arresto di Aldobrandi e le prove a carico
Salvatore Aldobrandi è stato arrestato il 17 giugno 2023 a Sanremo, dove risiedeva. Le indagini hanno fornito alcuni indizi inquietanti, tra cui tracce di sangue attribuite a Sargonia, rinvenute su un’auto che Aldobrandi utilizzava negli anni in cui la giovane è scomparsa. Sebbene il ristoratore abbia sempre dichiarato la propria innocenza, le prove sembrano puntare nella direzione opposta.
La strategia dell’accusa si basa su dettagli specifici e circostanziali che, a detta degli inquirenti, renderebbero inevitabile una condanna per omicidio. La trasformazione di un caso di scomparsa in un processo per femminicidio fa sì che la società civile venga nuovamente chiamata a riflettere su questi tragici eventi e sull’importanza di garantire giustizia alle vittime.
Il verdetto finale sarà emesso dalla Corte di Assise di Imperia, con la sentenza che è attesa per domenica. La speranza di giustizia per Sargonia e per tutte le donne vittime di violenza continua a essere al centro del dibattito pubblico, sollevando domande cruciali sul rispetto dei diritti e sulla sicurezza delle donne nella società.