Il tribunale di Ivrea ha segnato una tappa importante nel processo “Echidna” che coinvolge la società Sitalfa S.p.A. e una rete di presunti affiliati alla ‘ndrangheta nel nord-ovest d’Italia. Questa vicenda, che intreccia appalti pubblici e mafia, trascina sul banco degli imputati imprenditori, politici e figure di spicco legate al territorio piemontese, a partire dal Comune di Brandizzo. Al centro ci sono lavori sull’autostrada Torino-Bardonecchia, presunte corruzioni e un sistema organizzato che punta a condizionare la gestione delle opere pubbliche.
Sitalfa esclusa dal processo? il tribunale di ivrea dice no
Il 1° luglio il tribunale di Ivrea ha dato un segnale chiaro: Sitalfa S.p.A. resta responsabile civile nel processo Echidna. La società, coinvolta per il ruolo nella manutenzione dell’autostrada A32 Torino-Bardonecchia, aveva chiesto l’esclusione dal procedimento. Il collegio presieduto dalla giudice stefania cugge ha rigettato l’istanza, basandosi su una lettura attenta delle accuse. Secondo il tribunale, non è stato provato che l’imprenditore principale imputato, roberto fantini, abbia agito esclusivamente in proprio e separatamente da Sitalfa.
Un colpo per la difesa di sitalfa
Questa decisione rappresenta un colpo per la difesa dell’azienda, guidata dall’avvocato giovanni lageard, e un punto a favore per il Comune di Brandizzo, che ha deciso di costituirsi parte civile con la sindaca pro tempore monica durante. L’amministrazione lamenta un danno rilevante, quantificato in almeno 40 mila euro, dovuto alla compromissione della sicurezza pubblica e della coesione sociale provocata dall’organizzazione criminale denunciata nel processo.
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L’istanza respinta porta insomma la società a rispondere direttamente delle conseguenze delle attività illecite contestate, mantenendo viva la partita nel dibattito giudiziario.
Gli appalti pubblici nel mirino della ‘ndrangheta a brandizzo e dintorni
Il contesto di questo processo affonda le radici nella cosiddetta indagine “pascha“, avviata nel 2014 e proseguita da “echidna“, con l’obiettivo di scardinare una presunta locale di ‘ndrangheta attiva nel nord-ovest. La direzione distrettuale antimafia di torino, coadiuvata dai carabinieri del ros e dalla compagnia di leini, ha indagato su un sistema che avrebbe coinvolto potentissime famiglie calabresi, in particolare i nirta e i pelle, radicati nel comune di brandizzo.
L’accusa sostiene che i fratelli giuseppe, domenico claudio e michael pasqua abbiano costruito un’architettura criminale con il controllo di appalti e subappalti dedicati al movimento terra e trasporti, in particolare nei lavori sull’autostrada Torino-Bardonecchia. Il collegamento con la società Sitalfa passa proprio dall’ex amministratore delegato roberto fantini, accusato di favorire strutture imprenditoriali legate alla cosca in cambio di vantaggi personali e mantenimento del proprio ruolo.
Secondo la procura, questa rete avrebbe infettato il tessuto economico e sociale con strumenti come intimidazioni, favori e sovraffatturazioni, preparando terreno fertile per attività criminali all’interno degli apparati pubblici.
Mappa dei principali imputati coinvolti e le accuse contestate
Il processo coinvolge nove imputati giudicati con rito ordinario davanti al tribunale di ivrea. Tra questi figurano i pasqua e altri soggetti sospettati di aver preso parte all’associazione mafiosa o di aver commesso una serie di reati: estorsione aggravata dal metodo mafioso, rapina, ricettazione, traffico di armi, falsificazione di carte e altro.
Ecco i principali imputati con i rispettivi difensori:
- giuseppe pasqua , rappresentato da cosimo palumbo e antonio femia
- domenico claudio pasqua , difeso da cosimo palumbo e alessio tartaglini
- antonio mascolo , con l’avv. antonio mencobello
- leonardo caligiuri , seguito da elena virano
- roberto fantini , con roberto capra e maurizio riverditi
- michael pasqua , difeso da natalia caramellino e gian claudio bruzzone
- gian carlo bellavia , rappresentato da roberto macchia
- danilo scardino , seguito da antonio foti
- filippo rotolo , difeso da alfonso frugis e claudio strata
L’elenco delle accuse è ampio e gravoso. Gli imputati rischiano di dover rispondere anche di concorso morale e materiale in diversi reati, e di una sistematica operazione criminale che ha condizionato la vita pubblica e imprenditoriale locale.
Prossimi passi del processo
La prossima udienza è fissata per il 10 luglio, e prevede il conferimento dell’incarico a un collegio peritale per trascrivere oltre 1.400 intercettazioni telefoniche e ambientali estratte dalle indagini. Il calendario delle udienze si estende fino ad aprile 2026, con un centinaio di testimoni da ascoltare.
Controversie sulla validità delle intercettazioni e conferma dell’istruttoria
I legali di roberto fantini hanno cercato di bloccare l’uso delle intercettazioni più datate, rimarcando che il loro assistito sarebbe stato iscritto nel registro degli indagati solo nel 2021, mentre molti atti risalgono al 2014. I difensori, tra cui l’avvocato roberto capra, sostengono che usare prove raccolte precedentemente alla formale iscrizione viola le garanzie difensive.
Nonostante l’eccezione, la presidente stefania cugge ha rigettato la richiesta, sottolineando che non spetta al giudice sindacare sulle tempistiche dell’iscrizione tra gli indagati. Le intercettazioni restano quindi utilizzabili nel processo.
Il pubblico ministero valerio longi ha confermato la volontà di acquisire integralmente tutti i 1.445 dialoghi captati, tra cui molte conversazioni in dialetto calabrese, utili per delineare il contesto e i ruoli nella presunta associazione mafiosa.
Salvatore gallo, ex dirigente sitaf: vicende di corruzione e peculato
Fuori dal rito ordinario, si celebra sotto rito abbreviato la posizione di salvatore gallo, 84 anni, ex amministratore di sitaf e uomo vicino al Partito Democratico piemontese. Non è imputato per mafia, ma deve rispondere di peculato e corruzione elettorale.
Gli inquirenti sostengono che gallo avrebbe sottratto risorse aziendali, come tessere viacard e carburante, per uso personale, e avrebbe offerto interventi chirurgici e favori in cambio di voti alle amministrative del 2021. Intercettazioni lo mostrano esercitare pressioni molto concrete, minacciando decurtazioni di consensi personali.
Per lui la procura ha chiesto quasi tre anni di reclusione scontati dal rito. Sitaf e Sitalfa hanno rinunciato a costituirsi parte civile dopo un risarcimento.
Michael pasqua, dal pugilato alla presunta attività mafiosa
Tra gli imputati, spicca la figura di luca michael pasqua, 40 anni, con un passato da pugile dilettante e professionista. Arrestato il 4 aprile 2024, ha risposto pubblicamente su Facebook: «la mafia fa schifo! non vedo l’ora di parlare con il pubblico ministero per chiarire questa faccenda».
Pasqua ha mosso i primi passi nella boxe grazie a pino mercuri e ha combattuto anche in prestigiose palestre di new york. La disciplina sportiva gli ha fornito un’identità e una carriera che raccontava come strumento per aiutare i giovani difficili del suo territorio. Nel processo, però, gli viene contestato un ruolo operativo nella locale ‘ndrangheta di brandizzo, in particolare nella gestione logistica.
I pasqua e la presunta locale di brandizzo nella rete della ‘ndrangheta calabrese
Una delle chiavi dell’inchiesta è l’analisi dei rapporti tra la famiglia pasqua e i clan calabresi. Il capostipite giuseppe pasqua, originario di mammola, sarebbe il leader della locale di brandizzo. Con lui agiscono il figlio domenico claudio e il nipote michael. La prosecuzione degli affari è affidata anche a giuseppe taverniti.
Gli atti del gip luca fidelio spiegano che già dal 1994 sarebbe iniziata l’affiliazione alla ‘ndrangheta calabrese della famiglia. Nelle intercettazioni emerge una “dote” conferita nel santuario della madonna di polsi, noto luogo di rito mafioso.
Questo gruppo gestisce appalti pubblici, movimento terra, trasporti, e impone la propria autorità su imprese e amministrazioni del territorio. Le società di famiglia avrebbero ottenuto lavori truccando gare e intimidendo concorrenti, anche con sovraffatturazioni fatte per restituire soldi a fantini e agli altri complici.
Giuseppe pasqua coordina la protezione di imprenditori e pianifica attentati incendiari, oltre a influenzare politiche locali, compresa l’accoglienza dei migranti. L’organizzazione si sistema come interlocutore irrinunciabile per il controllo di risorse e potere.
I ruoli di domenico e michael pasqua nell’organizzazione
Domenico claudio pasqua è la figura operativa cruciale, interlocutore diretto con i clan calabresi di nirta, mammoliti e altri. Interviene in missioni intimidatorie, in azioni di sostegno e gestione delle truffe interne, anche violente. Le intercettazioni lo vedono protagonista di piani per creare una nuova struttura ‘ndranghetista a brandizzo, con il supporto di alleati torrazzesi.
Il cugino michael pasqua appare come braccio esecutivo, incaricato di risolvere conflitti, accompagnare estorsioni e mantenere la forza del cognome attraverso la sua presenza fisica e intimidatoria. Gestisce situazioni difficili come estorsioni ai bar e dispute su attività commerciali.
Una ‘ndrangheta visibile e radicata tra brandizzo e l’autostrada
Diversamente da infiltrazioni più subdole, la locale dei pasqua agisce in modo aperto, senza nascondere il peso e la forza della famiglia. Il linguaggio usato nelle intercettazioni parla chiaro: riferimenti espliciti alle cosche calabresi, a simboli e riti di affiliazione, e anche a metodi per imporre il proprio controllo.
Il controllo degli appalti viene mantenuto con minacce, spartizione dei lavori e collaborazione con manager compiacenti. Imprese controllate resistono anche dopo interdittive antimafia. Nel 2021 hanno lavorato con il comune di verolengo per servizi di noleggio mezzi, segno della tenacia nel mantenere il controllo economico.
L’area di brandizzo e il corridoio dell’autostrada A32 diventano così il fulcro di un sistema che intreccia illegalità, potere e interessi, in un delicato pezzo del nord-ovest.
Storia e continuità delle inchieste pascha ed echidna
Il processo echidna deriva dall’originaria indagine pascha, aperta nel 2014 sotto la guida del pm antonio smeriglio, poi prematuramente scomparso nel 2018. Il materiale raccolto sotto quella inchiesta è passato nelle mani del pm valerio longi, che ha rilanciato il lavoro investigativo.
Grazie a questa continuità, oggi si arriva ad un dibattimento che promette di portare alla luce dinamiche criminali rimaste a lungo nascoste. Le carte, le intercettazioni e le testimonianze descrivono un sistema che ha impattato la gestione pubblica e privata per oltre un decennio.
La lunga attività giudiziaria segna un punto di svolta nella lotta contro la ‘ndrangheta nel Piemonte, rivelando intrecci oscuri che coinvolgono imprese e figure pubbliche, oltre a famiglie criminali radicate nella tradizione calabrese.
Un processo complesso, che andrà avanti tra udienze, testimonianze e perizie, mettendo sotto la lente la capacità di un’organizzazione criminale di penetrare nel tessuto produttivo e istituzionale della regione. Le autostrade, da semplici vie di comunicazione, si trasformano così in simboli della battaglia tra legalità e illegalità.